Il Senato di Renzi. Matteo dà ragione a Beppe

Le prospettive sembravano diverse. Anche le parole del premier e del suo ministro Maria Elena Boschi. Si sono un po’ tutti rimpallati la responsabilità per  chi aveva proposto le massime guarentigie per i senatori un po’ riformati e si va a scoprire che è lo stesso governo (quindi Matteo Renzi…) che vuole l’immunità per i senatori della repubblica. Le promesse di un tempo lasciano il tempo che trovano. Sarebbe stato preferibile cancellare questa garanzia, questo privilegio anacronistico, anche per i deputati, invece… Non è ancora detto che la norma passerà tanto facilmente. Rappresenta un’oscenità costituzionale. Sì, perché la legge di riforma del bicameralismo perfetto è di rango costituzionale. E’ giusto diminuire il numero dei senatori. E’ sacrosanto stabilire poteri diversificati tra le due Camere. E’ assai dubbio che il consigli regionali mandino a Palazzo Madama i suoi migliori rappresentanti. In passato le regioni non hanno brillato per efficienza, utilizzo risparmi oso delle pubbliche risorse. Anzi, si può e si deve dire che nella quasi generalità dei casi hanno saccheggiato il Tesoro. Immaginare che personaggi del livello dei Franco Fiorito, Mario Abruzzese, la baby pensionata Claudia Lombardo  a 5 mila euro al mese, colpevoli di avere rubato soldi pubblici, siano designati come senatori dai rispettivi consigli regionali e che godono addirittura dell’immunità parlamentare fa venire i brividi. E’ strano che Renzi non se ne renda conto. E’ sbagliato non procedere all’elezione dei senatori. Gli italiani hanno diritto di scegliersi i propri rappresentanti. E’ saggia la proposta di Vannino Chiti sull’eleggibilità dei senatori. Il consegnarsi mani e piedi legati al pregiudicato Silvio Berlusconi, solo perché è il titolare del marchio Forza Italia, il cui consenso appare indispensabile per proseguire nel cammino riformistico instaurato all’atto della sua presa di possesso di Palazzo Chigi non va bene. E Renzi se ne renderà ben presto conto. Per ora sono parole. Tante. Forse anche troppe. L’ex sindaco di Firenze deve convenire su un principio sottolineato a più riprese da Giuseppe Civati: le riforme devono essere sicuramente condivise da tutti gruppi politici. Senza condivisione si può andare avanti, ma le discussioni in aula devono essere massimamente aperte ad ogni contributo. Non bisogna porre la fiducia, specie su questioni fondamentali come la legge elettorale. Mauro e Mineo non dovevano essere cacciati dalla commissione parlamentare affari costituzionali. C’è stato un incontro con i rappresentanti del M5S. Il fatto è positivo. Occorre sentire tutte le campane e non dimenticare mai che l’attuale parlamento è illegittimo perché eletto (si fa per dire, in quanto i deputati e senatori sono stati nominati su imprinting dei capi partito)  grazie ad  una legge elettorale, il porcellum, dichiarata incostituzionale. E qui non ci piove. Beppe Grillo lo ha ripetutamente sottolineato e nessuno lo ha potuto smentire. Nemmeno Giorgio Napolitano. Anzi, forse è illegittimo pure lui. Anche se nessuno (o pochi) parlamentari e commentatori lo ammettono. A questo punto, per evitare altri guai (per il paese), sarebbe preferibile andare a votare con una legge elettorale decente (il porcellum non lo era, ma l’italicum è simile al porcellum) che garantisca la governabilità per il prossimo quinquennio e tagliare così sul nascere ogni possibile polemica. Niente furbizie, caro Matteo. Sappiamo che il premier vuole restare a Palazzo Chigi ma deve fare le riforme di cui gli italiani hanno bisogno. E non deve ascoltare interessati consigliori. Finora Renzi ha speso tante belle parole, ma di fatti concreti non è che se ne siano visti tanti. Anche l’abolizione delle provincie, così come è stata varata, è un controsenso. Meglio sarebbe stato ridisegnare la struttura dello Stato. Per esempio non abolire le provincie e riorganizzare le regioni, creando le macroregioni, Nord, Centro, Sud, Isole. Ricentralizzare la spesa sanitaria, autentico buco nero delle nostre regioni. E stop. I risparmi sarebbero stati ben di più. In aula se ne vedranno delle belle. Senza probabilmente volerlo, Renzi sta dando ragione a Beppe Grillo.

Marco Ilapi

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