Il dio Denaro

In un'intervista al Corriere della Sera il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, ha proposto un paio di considerazioni di insigne rilievo. La prima era rivolta alla scienza, spronata a fornire certezze inconfutabili anziché ipotesi alternative, e per esempio se ci sia recidiva o no, altrimenti la politica non è in condizioni di decidere. Su questa frase si potrebbe scrivere un trattato di sociologia politica di sei o settemila pagine, ma azzardo un riassunto. A parte l'eccentrica concezione di una scienza dispensatrice di verità rivelate, si prova a suggerire a Boccia la seguente ardita congettura: la scienza non dice se c'è recidiva o no per una ragione insospettabile, non lo sa. E niente sa di questo virus, accidenti. Ne saprà ma per ora no, e se la politica deve aspettare la scienza per decidere, allora invece di un ministro basterebbe un algoritmo, col vantaggio che l'algoritmo non concede interviste. La seconda considerazione è ancora più emozionante. Secondo Boccia chi spinge per una riapertura delle attività è annebbiato dal dio denaro. Il dio denaro, un'espressione che non sentivo dalle assemblee studentesche della quarta ginnasio. Il problema è che, dopo le previsioni di ieri del Fondo monetario, secondo cui nel 2020 il Pil dell'Italia scenderà del 9.1 per cento, rischiamo di diventare un Paese di credenti non praticanti. Traduzione: popolato da gente così poco annebbiata dal dio denaro da morire di disoccupazione e di fame. E, parrebbe, è su questo verginale presupposto che si va a Bruxelles a ricondurre gli avidi del Nord sulla strada della virtù: liberatevi del dio denaro. E datelo a noi.

Mattia Feltri - La Stampa – 15 aprile 2020

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La povera bestia

Eravamo perduti dietro le meraviglie. I progetti di portare entro il decennio l'uomo su Marte, anche come estrema frontiera del turismo. L'intelligenza artificiale avrebbe guidato ogni auto facendo di noi soltanto dei passeggeri. Saremmo saliti su treni Hyperloop dalla velocità di mille e duecento chilometri orari. L'ingegneria genetica era pronta a sterilizzare le zanzare che provocano la malaria, e domani a modificare gli embrioni umani per preservarci dalle malattie letali. Fra le mille applicazioni del 5G, la più sbalorditiva consente le operazioni chirurgiche a distanza, grazie a visori di realtà virtuale che trasportano nelle sale operatorie medici da altri continenti. Pochi mesi fa un articolo di non ricordo quale rivista scientifica annunciava l'imminente approdo a un punto dello sviluppo tecnologico nel quale l'uomo è superato dalle macchine nella capacità di comprendere e prevedere. Non so di preciso che cosa significasse, ma era straordinariamente affascinante. Infatti nel mezzo dello stupore per un simile dominio sullo spazio e sul tempo, un animale macellato in un mercato di Wuhan, probabilmente un pipistrello, ha diffuso un virus che in capo a tre mesi ha paralizzato il pianeta. A proposito di capacità di comprendere e prevedere. E non ci sono risposte né rimedi, l'unico - abbandonati i viaggi interplanetari o fin dentro il genoma – viene dal profondo della storia: il lazzaretto e l'isolamento. Ci si può fare dell'ironia, almeno si vince la noia, o invocare retate di colpevoli, per impancarsi dalla parte del bene. Oppure provare un po' d'amore in più per la bestia che siamo, presuntuosa e indifesa.  Eravamo perduti dietro le meraviglie. I progetti di portare entro il decennio l'uomo su Marte, anche come estrema frontiera del turismo. L'intelligenza artificiale avrebbe guidato ogni auto facendo di noi soltanto dei passeggeri. Saremmo saliti su treni Hyperloop dalla velocità di mille e duecento chilometri orari. L'ingegneria genetica era pronta a sterilizzare le zanzare che provocano la malaria, e domani a modificare gli embrioni umani per preservarci dalle malattie letali. Fra le mille applicazioni del 5G, la più sbalorditiva consente le operazioni chirurgiche a distanza, grazie a visori di realtà virtuale che trasportano nelle sale operatorie medici da altri continenti. Pochi mesi fa un articolo di non ricordo quale rivista scientifica annunciava l'imminente approdo a un punto dello sviluppo tecnologico nel quale l'uomo è superato dalle macchine nella capacità di comprendere e prevedere. Non so di preciso che cosa significasse, ma era straordinariamente affascinante. Infatti nel mezzo dello stupore per un simile dominio sullo spazio e sul tempo, un animale macellato in un mercato di Wuhan, probabilmente un pipistrello, ha diffuso un virus che in capo a tre mesi ha paralizzato il pianeta. A proposito di capacità di comprendere e prevedere. E non ci sono risposte né rimedi, l'unico - abbandonati i viaggi interplanetari o fin dentro il genoma – viene dal profondo della storia: il lazzaretto e l'isolamento. Ci si può fare dell'ironia, almeno si vince la noia, o invocare retate di colpevoli, per impancarsi dalla parte del bene. Oppure provare un po' d'amore in più per la bestia che siamo, presuntuosa e indifesa.

Mattia Feltri – La Stampa – 14 aprile 2020

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La fase due

Ci siamo, è arrivata la fase due. Funziona così in Italia: la fase uno è quella del non è colpa mia, stavolta eccezionalmente nobilitata da una fratellanza nazionale, Mameli e Battisti cantati alle finestre, applausi agli eroi e altre generosità da esposizione; la fase due è quella del beh però sarà pur colpa di qualcuno. Allo scopo si sono mobilitate le procure, a decine, a Milano e Bergamo, a Genova e Prato, a Catanzaro e Piacenza, in Piemonte e nel Sannio, per scoprire in nome del popolo italiano se è stato fatto interamente il possibile per contrastare l'epidemia. Naturalmente no, non è stato fatto interamente il possibile, specialmente se indagato con lo sguardo che i pm condividono coi giornalisti, per cui dopo si sapeva tutto prima: per dirla facile, c'è un casino mai visto e quindi si è fatto un gran casino. Ma si troverà una manciata di vittime sacrificali da impiumare oltre ogni irragionevole dubbio, di modo che il resto del Paese si lustri la coscienza, o si crogioli ancora un po' nel ruolo di martire del mondo farabutto. Intanto mi autodenuncio: all'alba del virus scrissi una rubrica sul ridicolo dell'allarmismo e quindi era una rubrica colposa. Chiamo però in correità perlomeno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari, i parlamentari, gli scienziati in tv, la Protezione civile, i primari, i medici, i presidenti di Regione, gli assessori, i prefetti, i questori, l'Arma dei carabinieri, Confindustria, i sindacati, gli utenti di Twitter e Facebook, i conducenti di autobus, i proprietari di cani, i podisti, i cinesi, Burioni e Trump. Aveva ragione Davigo: siamo tutti colpevoli ancora da scoprire.

Ci siamo, è arrivata la fase due. Funziona così in Italia: la fase uno è quella del non è colpa mia, stavolta eccezionalmente nobilitata da una fratellanza nazionale, Mameli e Battisti cantati alle finestre, applausi agli eroi e altre generosità da esposizione; la fase due è quella del beh però sarà pur colpa di qualcuno. Allo scopo si sono mobilitate le procure, a decine, a Milano e Bergamo, a Genova e Prato, a Catanzaro e Piacenza, in Piemonte e nel Sannio, per scoprire in nome del popolo italiano se è stato fatto interamente il possibile per contrastare l'epidemia. Naturalmente no, non è stato fatto interamente il possibile, specialmente se indagato con lo sguardo che i pm condividono coi giornalisti, per cui dopo si sapeva tutto prima: per dirla facile, c'è un casino mai visto e quindi si è fatto un gran casino. Ma si troverà una manciata di vittime sacrificali da impiumare oltre ogni irragionevole dubbio, di modo che il resto del Paese si lustri la coscienza, o si crogioli ancora un po' nel ruolo di martire del mondo farabutto. Intanto mi autodenuncio: all'alba del virus scrissi una rubrica sul ridicolo dell'allarmismo e quindi era una rubrica colposa. Chiamo però in correità perlomeno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari, i parlamentari, gli scienziati in tv, la Protezione civile, i primari, i medici, i presidenti di Regione, gli assessori, i prefetti, i questori, l'Arma dei carabinieri, Confindustria, i sindacati, gli utenti di Twitter e Facebook, i conducenti di autobus, i proprietari di cani, i podisti, i cinesi, Burioni e Trump. Aveva ragione Davigo: siamo tutti colpevoli ancora da scoprire.

Ci siamo, è arrivata la fase due. Funziona così in Italia: la fase uno è quella del non è colpa mia, stavolta eccezionalmente nobilitata da una fratellanza nazionale, Mameli e Battisti cantati alle finestre, applausi agli eroi e altre generosità da esposizione; la fase due è quella del beh però sarà pur colpa di qualcuno. Allo scopo si sono mobilitate le procure, a decine, a Milano e Bergamo, a Genova e Prato, a Catanzaro e Piacenza, in Piemonte e nel Sannio, per scoprire in nome del popolo italiano se è stato fatto interamente il possibile per contrastare l'epidemia. Naturalmente no, non è stato fatto interamente il possibile, specialmente se indagato con lo sguardo che i pm condividono coi giornalisti, per cui dopo si sapeva tutto prima: per dirla facile, c'è un casino mai visto e quindi si è fatto un gran casino. Ma si troverà una manciata di vittime sacrificali da impiumare oltre ogni irragionevole dubbio, di modo che il resto del Paese si lustri la coscienza, o si crogioli ancora un po' nel ruolo di martire del mondo farabutto. Intanto mi autodenuncio: all'alba del virus scrissi una rubrica sul ridicolo dell'allarmismo e quindi era una rubrica colposa. Chiamo però in correità perlomeno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari, i parlamentari, gli scienziati in tv, la Protezione civile, i primari, i medici, i presidenti di Regione, gli assessori, i prefetti, i questori, l'Arma dei carabinieri, Confindustria, i sindacati, gli utenti di Twitter e Facebook, i conducenti di autobus, i proprietari di cani, i podisti, i cinesi, Burioni e Trump. Aveva ragione Davigo: siamo tutti colpevoli ancora da scoprire.

Mattia Feltri – La Stampa – 11 aprile 2020

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