La fase due

Ci siamo, è arrivata la fase due. Funziona così in Italia: la fase uno è quella del non è colpa mia, stavolta eccezionalmente nobilitata da una fratellanza nazionale, Mameli e Battisti cantati alle finestre, applausi agli eroi e altre generosità da esposizione; la fase due è quella del beh però sarà pur colpa di qualcuno. Allo scopo si sono mobilitate le procure, a decine, a Milano e Bergamo, a Genova e Prato, a Catanzaro e Piacenza, in Piemonte e nel Sannio, per scoprire in nome del popolo italiano se è stato fatto interamente il possibile per contrastare l'epidemia. Naturalmente no, non è stato fatto interamente il possibile, specialmente se indagato con lo sguardo che i pm condividono coi giornalisti, per cui dopo si sapeva tutto prima: per dirla facile, c'è un casino mai visto e quindi si è fatto un gran casino. Ma si troverà una manciata di vittime sacrificali da impiumare oltre ogni irragionevole dubbio, di modo che il resto del Paese si lustri la coscienza, o si crogioli ancora un po' nel ruolo di martire del mondo farabutto. Intanto mi autodenuncio: all'alba del virus scrissi una rubrica sul ridicolo dell'allarmismo e quindi era una rubrica colposa. Chiamo però in correità perlomeno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari, i parlamentari, gli scienziati in tv, la Protezione civile, i primari, i medici, i presidenti di Regione, gli assessori, i prefetti, i questori, l'Arma dei carabinieri, Confindustria, i sindacati, gli utenti di Twitter e Facebook, i conducenti di autobus, i proprietari di cani, i podisti, i cinesi, Burioni e Trump. Aveva ragione Davigo: siamo tutti colpevoli ancora da scoprire.

Ci siamo, è arrivata la fase due. Funziona così in Italia: la fase uno è quella del non è colpa mia, stavolta eccezionalmente nobilitata da una fratellanza nazionale, Mameli e Battisti cantati alle finestre, applausi agli eroi e altre generosità da esposizione; la fase due è quella del beh però sarà pur colpa di qualcuno. Allo scopo si sono mobilitate le procure, a decine, a Milano e Bergamo, a Genova e Prato, a Catanzaro e Piacenza, in Piemonte e nel Sannio, per scoprire in nome del popolo italiano se è stato fatto interamente il possibile per contrastare l'epidemia. Naturalmente no, non è stato fatto interamente il possibile, specialmente se indagato con lo sguardo che i pm condividono coi giornalisti, per cui dopo si sapeva tutto prima: per dirla facile, c'è un casino mai visto e quindi si è fatto un gran casino. Ma si troverà una manciata di vittime sacrificali da impiumare oltre ogni irragionevole dubbio, di modo che il resto del Paese si lustri la coscienza, o si crogioli ancora un po' nel ruolo di martire del mondo farabutto. Intanto mi autodenuncio: all'alba del virus scrissi una rubrica sul ridicolo dell'allarmismo e quindi era una rubrica colposa. Chiamo però in correità perlomeno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari, i parlamentari, gli scienziati in tv, la Protezione civile, i primari, i medici, i presidenti di Regione, gli assessori, i prefetti, i questori, l'Arma dei carabinieri, Confindustria, i sindacati, gli utenti di Twitter e Facebook, i conducenti di autobus, i proprietari di cani, i podisti, i cinesi, Burioni e Trump. Aveva ragione Davigo: siamo tutti colpevoli ancora da scoprire.

Ci siamo, è arrivata la fase due. Funziona così in Italia: la fase uno è quella del non è colpa mia, stavolta eccezionalmente nobilitata da una fratellanza nazionale, Mameli e Battisti cantati alle finestre, applausi agli eroi e altre generosità da esposizione; la fase due è quella del beh però sarà pur colpa di qualcuno. Allo scopo si sono mobilitate le procure, a decine, a Milano e Bergamo, a Genova e Prato, a Catanzaro e Piacenza, in Piemonte e nel Sannio, per scoprire in nome del popolo italiano se è stato fatto interamente il possibile per contrastare l'epidemia. Naturalmente no, non è stato fatto interamente il possibile, specialmente se indagato con lo sguardo che i pm condividono coi giornalisti, per cui dopo si sapeva tutto prima: per dirla facile, c'è un casino mai visto e quindi si è fatto un gran casino. Ma si troverà una manciata di vittime sacrificali da impiumare oltre ogni irragionevole dubbio, di modo che il resto del Paese si lustri la coscienza, o si crogioli ancora un po' nel ruolo di martire del mondo farabutto. Intanto mi autodenuncio: all'alba del virus scrissi una rubrica sul ridicolo dell'allarmismo e quindi era una rubrica colposa. Chiamo però in correità perlomeno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari, i parlamentari, gli scienziati in tv, la Protezione civile, i primari, i medici, i presidenti di Regione, gli assessori, i prefetti, i questori, l'Arma dei carabinieri, Confindustria, i sindacati, gli utenti di Twitter e Facebook, i conducenti di autobus, i proprietari di cani, i podisti, i cinesi, Burioni e Trump. Aveva ragione Davigo: siamo tutti colpevoli ancora da scoprire.

Mattia Feltri – La Stampa – 11 aprile 2020

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