Rutte libero

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Gentile primo ministro olandese, cerchi di capire il nostro sgomento da innamorati delusi. Per noi cresciuti durante gli anni Settanta, l’olanda è il calcio totale, Cruijff e Krol, la mancanza di calcolo che porta alla sconfitta ma anche alla bellezza, l’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, l’anticonformismo, l’antiproibizionismo. Insomma, la libertà. Ora invece l’olanda è diventata lei, signor Rutte. Lei con la mascella da Terminator e l’empatia di un rasoio Philips, con tutto il rispetto per i rasoi. Lei che da ragazzo sognava di diventare un grande pianista, ma da adulto spoetizzato batte sempre sui soliti tasti: non fare debiti, a costo di fare la fame. Non cederò alla tentazione di trasformare gli olandesi in un luogo comune, dipingendovi come una severa congrega di egoisti. Gradirei però che lo stesso trattamento anti-cliché fosse riservato a noi euro-terroni: non siamo pigri (lavoriamo più di tutti, anche se in condizioni peggiori) e meno che mai cicale (coltiviamo una propensione al risparmio da formichine). Ogni tanto facciamo i furbi, come del resto voi, che ci richiamate al rispetto di sane regole di convivenza e poi siete i primi a infrangerle, offrendo sconti sulle tasse alle aziende altrui, che così finiscono per non pagarle più nel loro Paese. Non credo che Erasmo avrebbe approvato. E neanche Cruijff. Un’Europa dove ognuno si fa il Fisco che gli pare e poi fa la predica ai tartassati non è calcio totale. È follia, ma di un genere che non merita elogi.

Massimo Gramellini – Corriere della Sera – 9 aprile 2020

 

 

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L'altro bollettino

Mentre accenna ad abbassarsi la curva dei caduti, sale in modo devastante quella dei disoccupati. Lo sguardo di noi reclusi trasloca febbrile dall’una all’altra, ma indugia sempre più spesso sulla seconda: la prossima partita dell’umanità non si giocherà negli ospedali, ma nei capannoni. Su dieci persone al mondo che lavorano — dicono i numeri diramati ieri — otto sono chiuse in casa. E di queste otto, una non troverà più il suo posto, quando uscirà. Delle rimanenti sette, cinque dovrebbero poter riprendere da dove si erano interrotte. Ma le altre due no. Le altre due, spesso impiegate in settori a bassa specializzazione, saranno costrette ad accettare condizioni e paghe ancora più mortificanti di quelle da cui provengono. Che fare? Lavori pubblici e reddito di sussistenza, proprio perché sono le prime ricette che vengono in mente a tutti, rappresentano inevitabilmente dei clichè: riflessi del passato che non è detto possano bastare. Servono capitali e cervelli freschi, in grado di pensare idee nuove e, in Italia, una parola nuova: sburocrazia, che significa meno rallentamenti, meno timbri e quindi meno mazzette potenziali. Da mesi, i potenti e i famosi ci ripetono che siamo tutti sulla stessa barca, forse nel timore di finire nella stessa bara. Ma la cascata dei buoni sentimenti sarà messa alla prova tra breve (brevissimo, si spera). Quando, per sentirsi parte di una comunità, non basterà più starsene chiusi in casa, ma bisognerà andare a riaprire il mondo.

Massimo Gramellini – Corriere della Sera – 8 aprile 2020

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Sindrome di Stoccolma

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Cari fratelli svedesi che, unici al mondo o quasi, vi ostinate a tenere tutto aperto. Sì, proprio voi che agli italiani di Svezia, autoreclusi in casa, avete replicato con degnazione: «Noi non siamo come voi, non ci accadrà nulla». Vi garantisco che il virus è un tipo banale. Non fa differenza tra biondi e bruni e si comporta ovunque in modo noioso e prevedibile. Esattamente come gli uomini. Da Macron a Trump, cominciano sempre schernendo le paure degli altri e dicendo che a loro invece non accadrà nulla. Poi… Calma, si tratta di un’influenza che colpisce i più anziani, l’importante è lavarsene – pardon– lavarsi le mani... Un metro di distanza l’uno dall’altro, grazie… Tre metri, meglio… Lavorare da casa, se si può, ma rimane tutto aperto, la vita non si ferma! …

Massimo Gramellini – Corriere della Sera – 27 marzo 2020

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