Usa contro la Cina, attacco di Biden, Fauci e Blinken

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L'America di Joe Biden aumenta il pressing nei confronti della Cina, in apparente, perfetta continuità con l’amministrazione Trump. Il presidente ha firmato l’ordine esecutivo per la “black list” per 59 aziende cinesi, alle quali sarà vietato fare affari e intrattenere qualsiasi rapporto con aziende americane. Il commebntio di Marco Lupis su Huffington Post.

Biden, Usa, e Xi (Cina) ai ferri corti

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Coronavirus e Mr. Trump, quel che non funziona

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Sembra davvero che questi di Trump siano gli anni in cui la scienza sia diventata un'opinione, che la si possa manipolare come se fosse un'idea politica. D'altronde si sa, quando una bugia è detta e ripetuta, poi alla fine la gente ci crede, la mette meno in dubbio e dopo un po' diventa realtà. Illudere persone spaventate, disperate e poco propense a fare ricerche un po' più approfondite un gioco da ragazzi. Quelli che temono il virus, un brutto tumore, una vita passata ad accudire un figlio autistico farebbero di tutto pur di cacciare via la causa del terrore, e sono estremamente vulnerabili alle sciocchezze dette in conferenza stampa da uno come Trump o alle false informazioni degli sciamani che assicurano di avere la soluzione. Il commento di Marina Viola su Lettera 43.

Le debolezze di Trump

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Stati Uniti, Trump scalpita ma decidono i governatori. E Fauci torna nel mirino

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Decido io quando riaprire l’America, dice Donald Trump. In realtà le misure di “lock-down” (chiusura) o “shelter in place” (reclusione domestica) sono state prese dai governatori degli Stati Usa e saranno loro a deciderne la levata. Ma l’uscita del presidente conferma da che parte sta lui: nel partito di chi vuole un ritorno all’attività in tempi rapidi, perché teme che i danni della depressione economica possano superare quelli dell’epidemia.

Anche le voci (smentite, per adesso) sul siluramento del massimo esperto sanitario della Casa Bianca, Anthony Fauci, sono state collegate ai dissensi con Trump su un rapido allentamento delle restrizioni. Ma il presidente ce l’ha con Fauci soprattutto perché il medico ha ammesso che una risposta più rapida da parte del governo federale avrebbe potuto ridurre il bilancio delle vittime.

«I media bugiardi – ha twittato ieri Trump – sostengono che sta ai governatori riaprire gli Stati. Non è vero, è una decisione del presidente. Detto questo, lavoriamo insieme ai governatori, e presto prenderemo una decisione con loro». La realtà è che il governo federale ha pochi poteri in questo campo, per lo più limitati al commercio e al trasporto; tutto il resto lo decidono i governatori.

Lo stesso Trump finora aveva preferito sottolineare le responsabilità dei singoli Stati, per scaricare su di loro le colpe dei ritardi. Quel che conta, è il crescendo di pressioni da più parti per rivedere le restrizioni. Il bilancio dei disoccupati è già salito probabilmente oltre i 20 milioni, e presto questa “seconda pandemia” comincerà a mietere vittime. Inoltre i dati degli ultimi giorni, da New York alla California, sembrano indicare uno stallo nel numero di nuovi contagi e di decessi, anziché la crescita esponenziale che si temeva. Nel dibattito sulla riapertura è intervenuto il candidato democratico alla presidenza, Joe Biden, che ha presentato il suo piano per accelerare una normalizzazione. Questi gli aspetti salienti: acquisire rapidamente la capacità di fare test in massa per selezionare i già immunizzati e permettergli di tornare al lavoro; in consultazione con il settore privato, mettere a punto il “nuovo modo di operare”, tutte le innovazioni nell’organizzazione aziendale che consentiranno di aumentare la sicurezza sanitaria nei luoghi di lavoro; investire nella sicurezza del personale che non ha smesso di lavorare, come fattorini delle consegne, commessi, addetti ai magazzini del commercio online. Sulla falsariga delle proposte di Biden l’equivalente americano della Confindustria, la US Business Roundtable, ha istituito una task force per progettare una graduale riapertura. Gli imprenditori indicano tre requisiti. Primo: un aumento massiccio dei test diagnostici che cominci a liberare dalle restrizioni fasce della popolazione. Questo dipende dal sistema sanitario. Il secondo prerequisito invece chiama in causa le aziende. Si tratta di sicurezza nei luoghi di lavoro: regole sull’ingresso dei clienti; sulla pulizia e disinfezione di fabbriche, uffici ed esercizi commerciali; disponibilità di m aschere, guanti, disinfettanti per i dipendenti; misuratori di febbre agli ingressi di edifici ed esercizi pubblici; regole sulle distanze da tenere. Il terzo requisito chiama in causa le autorità locali: assicurare il trasporto pubblico in sicurezza; riaprire le scuole minimizzando i rischi.

Federico Rampini - la Repubblica - 14 aprile 2020

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