Cari parlamentari, con il bla bla bla non si risolvono i problemi

I leader dei diversi partiti, in Italia come in ogni altro Paese del mondo, lo capiscono un po’ tutti, quando fanno comunicazione, si rivolgono alla propria base elettorale e tengono ben poco conto degli interessi, dei bisogni e delle necessità del nostro Paese. Matteo Salvini proclama ai quattro venti che bisogna rottamare le vecchie cartelle esattoriali, ben sapendo che in Italia ci sono oltre 10 milioni di evasori fiscali. Ricordiamo che, a  più riprese, anche giornali pro-imprenditori come Il Sole 24 Ore, sono arrivati a sostenere che ogni anno al nostro fisco mancano all’appello oltre 100 miliardi di euro di mancato gettito. Ancora, negli anni di acuta crisi tanti imprenditori hanno preferito anzichè investire nella loro azienda acquistare prodotti finanziari che potevano assicurare maggiori profitti, mentre, è notorio, che la programmazione degli investimenti aziendali non sempre è foriera di risultati positivi.

Immigrazione fuori controllo.

L’Italia non riesce a confrontarsi con un problema epocale. L’Unione Europea non vuole o non sa affrontare la questione di milioni di persone, con provenienza in particolare africana e asiatica, che cercano di spostarsi in regioni più ricche, essendo le loro condizioni di vita (guerre a parte) attualmente assai infelici per reddito pro capite e per le situazioni sociali assolutamente allarmanti. Le popolazioni, quindi, non si spostano da un Paese all’altro per un capriccio, ma spesso per necessità`vitale. La soluzione ci sarebbe e di buon senso. Stiamo costruendo l’Unione Europea. Bene, gli Stati-nazione  cedano le loro competenze in materia di controllo dei flussi migratori. Così per la sanità.

Non è possibile nè comprensibile ‘’invidiare” gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, per non parlare della Cina, che riescono a prendere decisioni importanti per la vita dei propri concittadini come l’approvazione di un farmaco anti-Covid in tempi brevi avendo un’autorità che lo consente. Cosa che l’Unione Europea è stata impossibilitata a farlo, dovendo contemperare esigenze, richieste ed interessi di ben 27 Stati-nazione che proprio non vogliono cedere neanche un minimo del loro potere di interdizione. Così anche per altri aspetti fondamentali ,come la gestione fiscale, dove ogni Stato rivendica la propria autorità, la propria primazìa. Si pensi che alcuni piccoli Paesi come Lussemburgo, Malta, Cipro, Danimarca, Irlanda, Austria e Olanda (che tra l’altro fanno grande concorrenza fiscale a Italia, Francia, Germania e Spagna) sono in grado di bloccare alcune decisioni di puro buon senso come quello di condividere le sperequazioni esistenti in tema di redistribuzione dei flussi migratori provenienti dalle rotte libiche e tunisine. Lo stesso si può affermare per quel che concerne, per l’appunto. anche per l’applicazione delle regole fiscali uguali in ogni Paese membro della Ue. Se si è arrivati (o per meglio dire, si è sulla strada dell’imposizione, fra qualche anno, di una imposta fiscale minima) ad affrontare un tema tanto delicato come quello delle regole tributarie nei confronti delle grandi multinazionali, che da anni pagano pochissime imposte, pur realizzando fatturati miliardari, dal momento che si è loro consentito di approdare nei cosiddetti paradisi fiscali che sono diffusi in tanti angoli del pianeta. Negli stessi Stati Uniti ci sono alcuni Stati come Delaware, Wyoming, New Mexico, Nevada, Alaska, Montana, South Dakota dove i trattamenti fiscali per le imprese sono molto agevolati e le legislazioni locali consentono di occultare informazioni essenziali sui proprietari o i beneficiari di una società. Scusate se è poco. Nel Vecchio Continente andiamo dal Lussemburgo a Cipro, dall’Irlanda a Malta, dall’Ungheria al Belgio e all’Olanda. Nel resto del mondo abbiamo Bahamas, Bermuda, Isole Vergini britanniche, Isole Cayman, Guernsey, Gibilterra, Hong Kong, Isola di Man, Jersey, Kuwait, Macao, Mauritius, Panama e Qatar, per citarne solamente alcuni. Sono tanti, troppi, i paesi all’interno dei quali non esistono particolari regimi fiscali, ossia non si pagano tasse, o comunque la pressione fiscale è molto bassa. Inoltre i tassi di deposito negli istituti bancari, sono ridotti ai minimi termini.

La strada per avere una perequazione fiscale tra i diversi Stati nel mondo è ancora lunga. Molto lunga. Lastricata questo sì di buone intenzioni. Cui dovranno seguire comportamenti conseguenti. Almeno si spera. Perchè a pagare le tasse e le imposte non siano sempre i soliti noti. Lavoratori dipendenti e pensionati. Chissà se se ne verrà a capo. Anche per quel che concerne la questione Covid, bisognerebbe che nell’Unione Europea tutti facessero un bagno di umiltà. Gli Stati membri consegnino la delega a prendere le decisioni a Bruxelles. Vogliamo un’Europa che funzioni davvero? Non ci sono altre strade da percorrere. Via le decisioni all’unanimità per una serie di questioni (immigrazione, fiscalità, salute, ambiente, finanza e altre da individuare). Decisioni solamente a maggioranza, magari qualificata, questo sì, in modo da impedire la possibilità di bloccare certe determinazioni che potrebbero davvero spianare la strada verso gli Stati Uniti d’Europa che, a parole, tutti vogliono fortemente, ma che, nei fatti, non si riescono a costruire. Sarebbe nell’interesse generale di tutti i cittadini europei. Oggi c’è il tema dell’aspro confronto-scontro tra Polonia e Bielorussia. Bruxelles e, addirittura, la Nato sono sollecitati ad intervenire. L’Italia ogni giorno denuncia centinaia di sbarchi sulle proprie coste e non ce la fa più a gestirli. Fino ad oggi l’Unionbe Europea è rimasta a guardare. Lasciando il nostro Paese solo ad affrontare il problema. La stessa situazione la vive la Grecia e forse anche la Spagna. Sarebbe finalmente ora che ci si svegliasse e si affrontasse la questione immigrazione, come la questione fiscale, così da poterle gestire a livello continentale, coinvolgendo davvero la responsabilità di Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Germania, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Bulgaria, insomma tutti i Paesi facenti parte dell’Unione Europea. Bisogna appunto avere del buon senso. Forse quello che sta succedendo ai confini tra Bielorussia, Polonia e Lituania costringerà i leader europei a prendere atto che occorre cambiare radicalmente stategia. Costruire muri non risolverà certo il problema immigrazione nei suoi confini. L'Italia deve davvero battere i pugni sul tavolo, perchè anche le coste del Sud del nostro Paese sono confini europei, non solamente quello polacco o lituano. È`giunto il momento di mettere in discussione il Trattato di Dublino. L'immigrazione va regolata e deve essere l'Unione Europea a gestirlo. Non ci sono Paesi di serie A e Paesi di serie B. Basta con il bla bla bla di tutti quei leader che pensano solo ai propri interessi, a quelli del loro Paese, pur essendo questi legittimi, ma vanno contemperati con quelli di tutti gli altri membri della Ue. L'Italia, addirittura, sembra un Paese di serie C!

Il Trattato di Dublino del 15 giugno 1990

Art. 13: «Quando è accertato (...) che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale». In altre parole, la responsabilità dell’asilo è del Paese di primo sbarco. Ovvero: chi arriva in Italia tocca all’Italia, chi in Spagna alla Spagna e via...»

La popolazione di alcuni Stati nel mondo.

Da alcuni di questi giungono frotte di migrant. L’Indonesia ha 273 milioni di abitanti, il Pakistan 233, la Nigeria 206, il Bangladesh 162, l’Etiopia 115, le Filippine 109, l’Egitto 102, il Congo 101, il Vietnam 98, l’Iran 84.  Cari parlamentari, sia in Italia che in Europa, ragionateci sopra, come direbbe Luca Zaia, il presidente del Veneto.

Marco Ilapi, 17 novembre 2021

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