Quei valori morali che salvano la democrazia

Oggi desidero occuparmi della morale. Mi si obietterà che è un tema largamente conosciuto, non soltanto nella società contemporanea, ma addirittura millenni fa.

Alcuni credono che la morale sia sorta con la paura del tuono, quando gli esseri umani intimoriti si inventarono leggi e comandamenti ai quali obbedire per favorire la felicità collettiva.

Comprendiamo perciò quanto sia necessaria la morale per quel misero animale che è l’uomo: non è possibile abitare il mondo senza far giustizia alla sofferenza degli altri. Se ne deduce dunque che la nascita della morale coincida con la nascita della società e con la necessità che ciascun individuo alla ricerca della felicità propria garantisca quella altrui.

La morale, l’etica, sono parole che non hanno mai avuto tanta popolarità come ai tempi nostri: la sensazione abbastanza diffusa è che la società attuale viva soprattutto dominata dall’egoismo, cioè dall’amore per se stessi. Se così è trionferanno le guerre, l’odio e la tirannide. Per le persone che hanno un minimo di saggezza questo capovolgimento rappresenta il peggio, e in realtà è contro noi stessi, e questo è il tema fondamentale con il quale dobbiamo misurarci.

Il primo a farlo è stato papa Francesco. Si dirà che il capo della Chiesa deve occuparsi della moralità sociale poiché è il suo Dio che lo richiede.

Attenzione però: chi interpreta i voleri di Dio è l’uomo ed è l’uomo a interpretare ciò che Dio vuole. La morale diventa in tal modo uno strumento che fa di ogni uomo un interprete del proprio Signore.

La Chiesa cristiana è stata per secoli e secoli l’interprete della volontà divina, ma a sua volta è stata contrastata in quell’interpretazione dai fedeli che avevano una visione diversa. Il pontefice cattolico aveva Roma come capitale, non soltanto una capitale religiosa, ma politica. Il Papa ha la qualifica di Vescovo di Roma nei confronti del quale infinite volte nella storia religiosa gli altri vescovi hanno esercitato a loro modo la potestà vescovile. Il Papa attuale è uno dei pochi ad avere un senso estremamente moderno della divinità, moderno nel senso morale. Per Lui la moralità riguarda il rapporto sociale tra le persone che differiscono tra di loro, non per la morale, ma per come rapportarsi gli uni agli altri avendo come finalità la reciproca condizione sociale: il ricco aiuti il povero e a sua volta ne abbia conseguenze estremamente positive.

Sull’ Osservatore Romano dello scorso venerdì 7 febbraio c’è un titolo di apertura della prima pagina: "Cinquanta persone possono salvare milioni di vite. Il Papa auspica nuove forme di fraternità solidale, inclusione, integrazione e innovazione".

Dice papa Francesco: «Le cinquanta persone più ricche del mondo da sole potrebbero finanziare l’assistenza medica e l’educazione di ogni bambino povero nel mondo e potrebbero salvare milioni di vite ogni anno». Dati alla mano, papa Francesco torna a denunciare l’iniquità universale di un mondo ricco in cui tuttavia i poveri aumentano portando milioni di persone a essere vittime della tratta e delle nuove forme di schiavitù, lavoro forzato, prostituzione e traffico di organi. Dice il Papa: «Un mondo ricco e un’economia vivace possono e debbono porre fine alla povertà. Si possono generare e promuovere dinamiche capaci di includere, alimentare, curare e vestire gli ultimi della società invece di escluderli. Dobbiamo scegliere a che cosa e a chi dare la priorità: se favorire meccanismi socio-economici umanizzanti per tutta la società o, al contrario, fomentare un sistema che finisce col giustificare determinate pratiche che non fanno altro che auto-violenza sociale.

Dobbiamo essere consapevoli che tutti siamo responsabili. Ciò non vuol dire che tutti siamo colpevoli ma responsabili di fare qualcosa».

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Abbiamo sin qui ricordato la morale, soprattutto nella visione religiosa e in ciò che ne consegue. Ma c’è una visione diversa che non possiamo certo ignorare ed è quella profondamente laica che si svolge in un mondo dove la divinità trascendente è del tutto inesistente. Personalmente sono stato affascinato dal contrasto tra l’oscura passionalità della natura e la geometrica limpidezza del pensiero astratto. Fin dalla mia prima adolescenza, dai miei primi incontri con la storia delle idee e con i testi nelle cui pagine quella storia era diventata parole, analisi e racconto.

Bisogna avere sempre presente, quando si pensano questi problemi, ciò che disse Cartesio: creò l’Io e fu questa la principale creazione degli uomini, il loro pensiero come prova dell’esistenza razionale. Come ho fin qui ricordato il valore principale dell’esistenza umana è il Potere.

Rappresenta il valore primario senza il quale nessuno degli altri potrebbe neppure esser pensato. Il Potere è lo Stato, la Legge, la potenza individuale e quindi il soddisfacimento dell’amor proprio.

Tenevo qualche anno fa una conferenza su questi argomenti davanti a una ristretta platea dove la classe dirigente era fortemente rappresentata. Avevo accettato di andare a quella discussione e tenerne in qualche modo la presidenza e quindi così conclusi: «Io credo, gentili eccellenze, che voi dobbiate ripristinare qualcuno dei vecchi buoni valori d’un tempo, a vostra protezione e quindi nell’interesse di tutti. I tempi mi sembrano propizi e se ne scorgono già alcuni significativi segnali. Perciò all’opera: socialismo liberale o liberal socialismo. Gioventù che affianchi gli anziani e insieme rappresentino il valore della democrazia».

Eugenio Scalfari – la Repubblica – 9 febbraio 2020

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