Diritti civili e no, le ambiguità di Matteo

L’Italia si è spaccata sulla proposta di legge Cirinnà. Certo che ci voleva l’impreparazione di una classe politica che tutto sa fare meno che gli interessi di un grande Paese. Non è il caso di discutere sull’ammissibilità di concedere tutta una serie di diritti alle cosiddette coppie di fatto, sia etero sia omosessuali. E’ evidente che se due persone scelgono di vivere insieme, more uxorio, come marito e moglie, come marito e marito, come moglie e moglie, è giusto specificare che se uno dei conviventi finisce all’ospedale, l’altro (l’altra) abbia il diritto di andare a trovarlo(a), assisterlo(a), ecc. Come anche il diritto agli alimenti,  alla pensione di reversibilità e altro. Che però si pretenda di considerare come famiglia  le nuove unioni ce ne corre. Sarebbe stato preferibile seguire un altro percorso. Ristrutturare l’istituto referendario. Renderlo più snello. Non imbragarlo con inutili lacci e lacciuoli. Chiedere, come regolarmente si fa in Svizzera, agli italiani cosa ne pensano di un determinato aspetto della nostra vita. Se le tasse sono troppo alte. Se gli stipendi dei  parlamentari sono adeguati o meno (è evidente la provocazione: per quello che deputati e senatori fanno, un terzo degli attuali stipendi sarebbe già grasso che cola …), se i voltagabbana possono impunemente rimanere in Parlamento nonostante il palese voltafaccia che fanno al proprio elettorato, introducendo l’istituto del recall, se gli italiani desiderano che il figliastro possa essere adottato dal partner, se le tutele per i lavoratori sia pubblici che privati debbano essere ridotte, ecc. Un Parlamento squalificato come quello attuale, un premier non indicato dal corpo elettorale come Matteo Renzi, una Corte Costituzionale assolutamente inadeguata come quella che per lunghi mesi se non anni era a ranghi ridotti, come una squadra di calcio che anziché giocare in 11 gioca in 8, non possono legiferare su temi delicati come la riforma elettorale, quella costituzionale e in materia di lavoro. Un presidente della Repubblica in regime di prorogatio, palesemente stanco, che affida ad un ragazzino ex boy scout di Firenze le sorti di un Paese sfiancato da una crisi economica epocale, non si è visto in nessun angolo dell’orbe terracqueo. In Spagna non si riesce a formare un governo. Si va a nuove elezioni. Così si è fatto in Israele. Così si farà assai probabilmente anche in Irlanda. Questo Parlamento avrebbe dovuto avere il mandato da Giorgio Napolitano esclusivamente di approvare la riforma elettorale e basta. Poi elezioni democratiche. Il Quirinale ha, invece, favorito, l’occupazione abusiva di ogni posto di potere, economico e politico, da parte di una truppa di fedelissimi delle Leopolde renziane. Mancherebbe che l’amico di una vita di Matteo Renzi, ossia Marco Carrai, andasse pure ad occupare il posto dello 007 di Palazzo Chigi. In definitiva, il ragazzo di Rignano sull’Arno, ottimamente rappresentato dal comico Maurizio Crozza, dimostra di essere antidemocratico e di non perseguire il bene del Paese. Di tutto il Paese, non di una parte sola.

Marco Ilapi, 18 marzo 2016 

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