La scandalosa campagna acquisti del premier

La campagna acquisti del premier

Matteo Renzi deve fare mea culpa. Si sta mostrando un politico accorto e disinvolto, più vicino a Berlusconi di quanto gli italiani credano. E non solo per gli accordi del Nazareno. C'era una volta un sindaco fiorentino che si scagliava contro i "responsabili" -  Quando al governo c'erano Pdl e Silvio Berlusconi, dalla sinistra i toni erano decisamente più aspri di adesso. Anno 2010, queste nel salotto di Bruno Vespa le parole di Renzi, allora sindaco di Firenze. Matteo si rivolge con durezza a Paola Binetti, ex parlamentare del Pd appena passata all’Udc. “Dovevate avere il coraggio di dimettervi dal Pd e di dimettervi dal Parlamento perché non si sta in Parlamento con i voti presi dal Pd per andare contro il Pd. È ora di finirla con chi viene eletto con qualcuno e poi passa di là. Vale per tutti”. Rincara la dose:, “se io prendo e decido di mollare con i miei, mollo con i miei - ed è legittimo farlo, perché non me l’ha ordinato il dottore - però ho il coraggio anche di avere rispetto per chi mi ha votato, perché chi mi ha votato non ha cambiato idea”. Chissà che cosa direbbe oggi quel Renzi lì dei parlamentari di Scelta Civica o di Sel che hanno appena mollato i loro partiti per aderire al Pd.

"Se uno smette di credere in un progetto politico non deve certo essere costretto con la catena a stare in un partito - diceva lo stesso Renzi nel febbraio 2011, a proposito di Scilipoti & co -, ma questa gente, quando se ne va, deve fare il favore anche di lasciare il seggiolino". 

Tempo addietro si è scagliato contro lo scilipotismo ed il razzismo (da Antonio Razzi, transitato dalle file dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro a quelle dell’ex Pdl berlusconiano, oggi Forza Italia). Questa è una dichiarazione del premier a Porta a Porta: "Non si sta nel Parlamento con i voti presi dal Pd per andare contro il Pd. E' l'ora di finirla con chi viene eletto con i voti di qualcuno e poi passa di là... Vale per tutti, a destra e a sinistra. Se io prendo e decido di mollare con i miei, è legittimo farlo. Però allora devo anche avere il coraggio di avere rispetto per chi mi ha votato". Parole che stonano con le braccia allargate con cui sta accogliendo gli ex montiani. D'altronde, il doppiopesismo nel Pd non è limitato al leader. Ricordate cosa dicevano quando Sergio Cofferati aveva deciso di mollare il Pd per protesta contro lo scandalo delle primarie in Liguria? "Adesso lasci la sua poltrona all'Europarlamento"...

In un comizio dell’ottobre del 2012, a Novara, così arringava la folla: “Riappropriatevi della politica. Non lasciatela nelle mani dei vari Scilipoti. Noi potremo perdere le primarie, ma non perderemo la faccia". Stessi concetti sviluppati a Cagliari, qualche tempo dopo: "Non lasceremo la politica ai Batman e agli Scilipoti di turno". Altri tempi: oggi i "traditori del popolo" sono diventati, parola di Debora Serracchiani, "persone responsabili verso l'Italia". Hanno cambiato verso anche loro.

Ebbene le cose stanno evidentemente cambiando. Siccome il patto del Nazareno sembra defunto, il signore di Rignano sull’Arno ha cambiato idea. Il capovolgimento è a 360 gradi. Oggi afferma il contrario di quel che sosteneva fino al giorno in cui ha conquistato la poltrona di segretario del Pd e in particolare da quando si è insediato con un colpo di mano (leggasi pugnale) a Palazzo Chigi cacciando un incolpevole Enrico Letta.

Adesso fa scouting alla luce del sole e se ne vanta pure. Scrive ai deputati ed ai senatori di Scelta Civica ed ai fuoriusciti del Movimento 5 Stella per richiamarli all’ovile del suo Pd. Renzi ormai  ha fatto il suo partito personale, il suo governo personale, in definitiva, il partito della Nazione sembra muovere i primi passi. L’uomo è ambizioso, e questo non fa danni, anzi, è una virtù. Però prendere per i fondelli gli italiani, ebbene, questo non va. La coerenza è un valore, non un disvalore. L’ex sindaco non si preoccupa delle ricadute dei suoi disinvolti e spregiudicati comportamenti. Pur di restare avvinghiato alla poltrona di Palazzo Chigi non si fa scrupolo di smentirsi. Ma non l’incoerenza non lo preoccupa. A questo punto c’è da dire che gli opinionisti, soprattutto dell’area di centrosinistra, dovrebbero insorgere per queste giravolte renziane. Quando era Silvio Berlusconi che faceva scouting, tutto era disdicevole. Oggi che le campagne acquisti le fa Matteo Renzi, nessuno protesta. Anzi, è pratica corrente, lo hanno fatto sempre tutti, sia la destra che la sinistra. Ma non è così che si governa un Paese moderno. La chiamata alle armi (le elezioni) la si deve fare alla luce del sole, con programmi condivisi, promesse mantenute, limpidezza dei comportamenti. Per concludere, una volta approvata la legge elettorale occorre subito dopo tornare alle urne, per chiedere una valutazione dell’elettorato. Che può anche approvare il disinvolto dire fare del premier, ma può anche dissentire. Tutto questo con un voto libero e consapevole. E’ certo che il 40,8% alle europee del maggio dello scorso anno Renzi se lo dovrà scordare per sempre. Questo sarà il frutto del suo fare. Oltretutto sta anche mutando la struttura genetica del suo partito. Che non è più di centrosinistra ma di centro. In questo confermando quanto da tempo si sussurra nel Transatlantico: la Balena Bianca, spiaggiata vent’anni fa, ha ripreso il suo vagare nell’oceano della politica nostrana. E’ rinata la Democrazia Cristiana. Se mai è veramente defunta. Renzi dovrebbe davvero chiedere scusa non solo a Scilipoti e Razzi ma anche a Silvio Berlusconi.

Marco Ilapi

Sono quasi 200 tra  deputati e senatori che hanno cambiato casacca in meno di due anni di vita parlamentare. Questi gli ultimi transfughi del parlamento italiano:

Fabiola Anitori

Gennaro Migliore

Ferdinando Aiello

Michele Ragosta

Sergio Boccadutri

Claudio Fava

Salvatore Margiotta

Gianpiero Dalla Zuanna

Benedetto Dalla Vedova

Stefano Quintarelli

Andrea Romano

Irene Tinagli

Giuseppe Vacciano

Ivana Simeoni

Adriano Zaccagnini

Gianluca Susta

Alessandro Maran

Linda Lanzillotta

Pietro Ichino

Ilaria Borletti Buitoni

Carlo Calenda

Antonio D’Alì

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Pd, richieste le dimissioni a Cofferati. Perché non a Migliore?

Perché la stessa richiesta il premier non la rivolge, tra gli altri, ad Andrea Romano e Gennaro Migliore anziché al solo Sergio Cofferati? Il presidente del Consiglio dei ministri, nonché segretario del partito democratico, Matteo Renzi, ha pubblicamente chiesto all’ex leader della Cgil, Sergio, visto che ha abbandonato il partito che ha contribuito a fondare, di dimettersi dal parlamento europeo. Il ragionamento non fa una grinza. Debora Serracchiani, vice segretario del Pd nonché governatrice della regione Friuli Venezia Giulia, ha maliziosamente insinuato (sbagliando) che Cofferati è fuoriuscito dal Pd perché aveva perso le primarie liguri con la renziana Paita. Niente di più falso: Cofferati aveva già precedentemente avvertito i massimi dirigenti del suo partito di quel che stava accadendo in Liguria, accennando a gravi questioni di etica nella politica, con la presenza di loschi figuri nelle settimane e nei giorni immediatamente precedenti la consultazione. Dal punto di vista di chi detiene saldamente il potere è comprensibile la voglia di liberarsi di tutti coloro che possono porre degli ostacoli, dei problemi all’esercizio di questo potere. Chi è che gestisce in modo arbitrario questo potere siede nello scranno di Palazzo Chigi, il quale appare sufficientemente disinvolto nella gestione dell’attività di governo. Cofferati in questo momento storico (per l’ansiogeno delle riforme Matteo Renzi) è obiettivamente di grande ostacolo, anche, e soprattutto, per il carisma di cui gode. Si potrebbe aderire alla sollecitazione del duo Renzi-Serracchiani se analoghe pretese venissero rivolte a tutti quei deputati e senatori, sembra che superino il numero di 180, che in questo breve scorcio di legislatura hanno cambiato vessillo, o per meglio dire, si sono intruppati nel grande raggruppamento dei Voltagabbana. Il che porta a ritenere che i Parlamento dovrebbe essere mandato a casa.

Scelta Civica non esiste più, Il Pdl ha perduto dei pezzi ed è diventato Forza Italia, il Movimento 5 Stelle si sta frantumando (per colpa di Grillo e Casaleggio o altre motivazioni, non importa), è nato il Nuovo Centro Destra di Alfano, Quagliarello, Schifani e Lupi, Migliore di Sel è transitato nelle file del Pd, si potrebbe, e si dovrebbe, andare subito ad elezione per capire l’umore del popolo italiano-.

Se Cofferati abbandona il Pd deve lasciare lo scranno europeo, se Andrea Romano passa da Scelta Civica al Pd è tutto ok,  se Vincenzo D'Anna abbandona Fi e si intruppa nel Gal, va bene a Renzi. Per fare solo qualche nome, qualche voltagabbana.  C’è una evidente stortura in questi atteggiamenti incongruenti. Il nostro è un Parlamento di voltagabbana quello in carica. A rivelarlo è l'associazione Openpolis, che si occupa di accesso alle informazioni pubbliche, in uno studio ripreso dal quotidiano romano Il Tempo. Dice l'indagine che nella legislatura corrente, la XVII, al momento sono stati 155 i parlamentari "salterini". Per un totale di 187 cambi di gruppo, a testimonianza che c’è qualcuno molto indeciso che ha cambiato più di una volta. I cambia-casacca risultano sostanzialmente divisi a metà tra Camera e Senato: 76 a 79. E se le fronde (quella dei fittiani in FI e della sinistra Pd) dovessero sfociare in scissioni, i numero schizzerebbero alle stelle. Numeri elevati in specie se messi a confronto con quelli della scorsa legislatura, quella in cui si verificò la traumatica spaccatura del Pdl con l’uscita dei finiani, quando erano stati 160 i parlamentari che avevano cambiato gruppo: 120 alla Camera e 60 al Senato. Scendendo nei dettagli, dal rimescolamento guadagna il Pd, con 18 parlamentari approdati a Largo del Nazareno. Senza considerare le varie scissioni maturate in questa legislatura, come quella tra Forza Italia ed Ncd e quella tra Scelta Civica e popolari per l’Italia, in senso inverso risalta il -19 (5 a Montecitorio e 14 a Palazzo Madama) del Movimento Cinque Stelle, frutto delle espulsioni decise dal leader maximo Beppe Grillo e delle uscite legate ai maldipancia grillini. Sarebbe più che mai indispensabile se si affrontasse il problema e si obbligasse il parlamentare che vuole abbandonare uno schieramento politico (naturalmente deve essere libero di farlo) di lasciare anche lo scranno occupato vuoi a Montecitorio, vuoi a Palazzo Madama o nei consigli regionali o comunali nelle cui file è stato eletto (o nominato). Prendersela con il povero Cofferati che sembra che abbia delle ragioni da vendere nelle sue lamentazioni. Renzi se ne faccia una ragione.

Marco Ilapi

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Friuli, in consiglio si raddoppiano i rimborsi

La sola Serracchiani da gennaio a settembre si è vista rimborsare 32.406 euro, la sua giunta nel complesso 105 mila euro. E, a queste cifre, vanno aggiunte quelle di tutti i consiglieri regionali. Il rimborso della missione è sacrosanto, meno il fatto che a questo si sommi anche il contributo forfettario. Dagli uffici della Regione si scopre inoltre che l’interpretazione della norma è ancora più lasca: anche maternità, paternità e lutticostituiscono assenze giustificate. Il presidente del Consiglio Regionale, Franco Iacop, difende la legittimità della norma: “Il rimborso forfettario ha natura onnicomprensiva, indirizzata al complesso dello svolgimento dell’attività del consigliere. Dunque questo rimborso non è specificamente correlato alla presenza in sede”. Corretto da un punto di vista formale, ma è la stessa Regione a prevedere che il contributo “per le spese di mandato”. Così Alessio Schiesari su Il Fatto Quotdiano

Friuli, Serracchiani, promesse tante, fatti nessuno

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