Monet: come nasce un mito ...

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Ogni dipinto di Claude Monet svela la  ricerca del pittore  nel campo della  luce e del colore, necessaria a sottrarre persone e cose alla loro essenza  transitoria  e a coglierne l’intima natura. Una natura dalle mille  sembianze, catturata in differenti “pose” da un artista curioso. Innamorato della  varietà e vastità  del mondo egli punta  ad afferrarne la bellezza interiore, racchiusa in un attimo di eternità per poi rincorrerne altri, tanti … Così crescono, come veri fiori sullo stagno, le sue ninfee che appaiono vibrare per l’alitare del vento che provoca un  lieve sciabordio sulla superficie su cui le vediamo galleggiare, mentre ci mostrano la luminosità dei loro petali colorati.

E  questa immagine vicina al sogno che offre una visione capace di emozionare si ricrea  quando possiamo  osservare i dipinti di questo artista che viene considerato il padre dell’Impressionismo francese. A Padova, la rassegna che si apre oggi al Centro Culturale Altinate - San Gaetano e che vede riuniti  i capolavori del Musèe Marmottan Monet  di Parigi, festeggia anche un importante anniversario. Sono infatti trascorsi 150 anni dalla prima mostra nella capitale francese che ha visto il nascere del movimento Impressionista. Era il 15 aprile 1874, quando nella galleria del fotografo Fèlix Nadar, in boulevard des Capucines 35 a Parigi, venne inaugurata una mostra indipendente e controcorrente di trentuno artisti, fra i quali c’erano anche Auguste Renoir, Paul Cezanne, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Edgar Degas e Berthe Morisot.

Nasceva una pittura fatta di piccole e vibranti pennellate che sembravano attingere luce e respiro dal cielo e dall’aria. Era una pittura nuova, non più statica, che dentro l’immagine dipinta conteneva il movimento che appartiene al cosmo. L’originalità dell’esposizione, promossa dal Comune di Padova  e da Arthemisia, nasce  anche dal fatto che le opere che potremmo scoprire provengono dal Musèe Marmottan Monet di Parigi che collabora nella realizzazione  della rassegna e che custodisce le opere a cui l’artista teneva maggiormente. Sono quelle che egli ha conservato nella sua casa di Giverny fino alla morte e che il figlio Michel nel 1966 ha donato al museo.

Fra le sessanta opere esposte accanto a quelle  di Claude Monet troveremo anche le creazioni di Delacroix, Boudin, Jongkind e Renoir che furono suoi maestri e/o amici. Da giovane Monet non aveva denaro per acquistare opere d’arte e per la maggior parte possedeva ritratti eseguiti da suoi conoscenti. A partire dal 1890, quando ebbe maggiori disponibilità economiche, acquistò alle aste pubbliche o dai mercanti parigini quadri di Renoir e Cezanne e di altri artisti che erano stati anche suoi maestri come Boudin e Jongkind.

Conosceremo quindi in mostra anche il Monet collezionista che amava tenere a Giverny la sua collezione nella camera da letto, per sé e per pochi amici. La rassegna che chiuderà il 14 luglio,  è curata da Sylvie Carlier, curatrice generale del Musèe Marmottan Monet di Parigi e ha la co-curatela della storica dell’arte Marianne Mathieu e dell’assistente alla curatela dell’istituzione museale francese, Aurèlie Gavoille. Tre importanti sezioni raccontano la vita e l’arte del pittore francese come hanno spiegato le studiose. Sono gli inizi della sua carriera sulla costa della Normandia, i viaggi in Olanda, in Norvegia e a Londra e poi le ninfee e gli altri fiori come le emerocallidi che riempievano di bellezza il suo giardino, la sua migliore creazione come l’artista la definiva.

Alla fine del suo percorso artistico noi troviamo quei grandi quadri che contengono nella natura visibile, il seme della vita che diventa fiore rigoglioso conservando la sua delicatezza e fragilità. Questo è il momento anche di una pittura che a volte sembra quasi diventare astratta. La sua tavolozza intinta di colori, spruzzati dai tubetti e gettati a comporre impasti densi e materici, la possiamo osservare dentro una teca in mostra accanto ai suoi occhiali con cui si difendeva dalla luce dopo l’operazione agli occhi per asportare la cataratta.

Per Monet la neve non era bianca, ma conteneva il rosa, l’azzurro, il marrone, le tinte che copriva e circondava.  E … poi la nebbia nascondeva per consegnare nuova poesia alla realtà. Nel suo giardino a Giverny cresceva l’emerocallide dai fiori rossi, una varietà originaria della Cina. Nel quadro che ammiriamo in mostra  gli steli di questo fiore, detto anche bellezza o giglio di un giorno, perché le sue infiorescenze vivono solo un dì, sembrano contenere il respiro della vita nel lieve dondolio che sembra agitarli. Claude Monet approfittò del suo unico soggiorno in Norvegia per scoprire e dipingere il fascino dell’inverno nordico. Pur ammaliato dalla bellezza dei luoghi, egli si doleva per le numerose difficoltà incontrate nella realizzazione dei quadri.

“Sono furente … è impossibile trovare altrove effetti più belli. Mi riferisco agli effetti della neve che sono davvero stupefacenti, ma di una difficoltà inaudita … Una trama di luci e di tinte che egli riuscirà a rendere in molti suoi dipinti dove neve e ghiaccio nella loro consistenza trasfigurano le forme del visibile. Il treno sulla neve. La locomotiva o Effetto di neve, sole al tramonto sono immagini di questo tempo. Affascinanti e inquietanti erano poi per l’artista le distese fiorite interrotte in Olanda sono dai canali dei polder. “È meraviglioso, ma da far impazzire il povero pittore, è inrendable con i nostri poveri colori.”

Patrizia Lazzarin, 9 marzo 2024

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“Un sogno lungo ottantotto tasti”

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New Conversations - Vicenza Jazz: “Un sogno lungo ottantotto tasti”, giunto quest’anno alla ventottesima edizione ha avuto oggi la sua presentazione ufficiale. Il festival, con la direzione artistica di Riccardo Brazzale, è promosso dal Comune di Vicenza in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza.

 Gli spettacoli si concentreranno nei giorni  dal 13 al 19 maggio con un prologo il 5 e il 7 maggio.  La programmazione avrà  un format rinnovato con giornate ancor più dense di musica dal vivo e concerti non stop dal pomeriggio a notte fonda.

La  musica jazz sarà davvero ovunque.

 Gli artisti si esibiranno non solo nei teatri, anche se molti dei concerti prenderanno vita al Teatro Olimpico, luogo iconico e sacrale della città,  al Teatro Comunale che ospiterà il Jazz Café e poi  all’Auditorium Fonato di Thiene e al Teatro Astra di Vicenza per i prologhi.  I concerti si terranno dappertutto, dai locali, con gli appuntamenti after hours della programmazione ai luoghi monumentali del centro storico come la Loggia del Capitaniato e la Basilica Palladiana, per proseguire anche nel Museo del Risorgimento e della Resistenza di Villa Guiccioli. Saranno nei cinema, lungo le vie e le piazze del centro storico con le street band, fino al Cimitero Maggiore con il suo storico appuntamento around midnight.

Il tema del festival si comprende già dal titolo: “Un sogno lungo ottantotto tasti”. Si chiarisce come un omaggio al pianoforte nella storia del jazz, e non solo, nel centenario della nascita di Bud Powell (1924 – 1966), padre del moderno piano jazz e nel cinquantesimo della morte di Duke Ellington (1899-1974), direttore d’orchestra, compositore e pianista. Il famoso “duca” che ha ispirato intere generazioni di jazzisti. Il Pianoforte sarà dunque al centro di numerosi appuntamenti, comprese alcune produzioni originali e molte prime nazionali.

Siederanno davanti alla tastiera artisti come Uri Caine, Omar Sosa, Craig Taborn, Marialy Pacheco, Antonio Faraò, Dado Moroni, Danny Grissett, Margherita Fava, Francesca Tandoi e poi ancora Simone Graziano, Paolo Birro, Sade Mangiaracina, Giovanni Guidi …

Nel ricco programma artistico saranno inoltre presenti Paolo Fresu, Paquito D’Rivera, Trilok Gurtu, Chico Freeman, Dhafer Youssef con Eivind Aarset. La palette timbrica si amplierà con gli altri strumenti canonici della musica afroamericana e anche con sonorità esotiche.

Il festival è sostenuto, come sponsor principale, da AGSM AIM. Si avvale, poi a partire dalla nuova edizione  del sostegno di Sonus faber.

Sono sponsor tecnici del festival Acqua Recoaro storica azienda del territorio fondata a Recoaro Terme nel 1927 e Brutal Agency agenzia di comunicazione digitale e web marketing, con sede in Veneto, che da anni affianca il festival jazz.

Patrizia Lazzarin, 5 marzo 2024

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Un mondo di menù, la grande storia a tavola

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Da venerdì 5 a domenica 7 aprile 2024 si svolgerà presso il Garum, il Museo della Cucina a Roma, la più importante rassegna dedicata agli antichi menu nel mondo.

Esporrà oltre 400 importanti menu originali appartenenti ai maggiori collezionisti d’Italia e non solo, privati e pubblici. Molti di essi  saranno qui esposti per la prima volta, a cominciare dal più antico menu a stampa conosciuto che è dell’anno 1803 fino  a quelli a noi contemporanei come la lista delle portate  del Pranzo offerto da Casa Artusi al Presidente Napolitano il 7 gennaio 2011 o quella relativa al viaggio di papa Francesco a Cuba per incontrare il patriarca Kirill.

Nella visione proposta dalla mostra il menu  non è solo  un manufatto spesso di fattura pregevole e artistica, ma anche  un testimone oculare della storia della Gastronomia. Assomiglia a un credibile cronista dell’economia, delle scienze sociali e politiche e della quotidianità. Un narratore che può raccontare le più affascinanti storie.

I menu esposti e ampiamente descritti nel catalogo che accompagna la mostra sono legati a eventi storici e situazioni particolari.  Solo per fare qualche esempio ricordiamo quelli preparati per  le celebrazioni per lo Statuto Albertino, per la concessione a Garibaldi della cittadinanza onoraria di Londra, per la Breccia di Porta Pia e  per le due guerre mondiali fino ad arrivare alle relazioni diplomatiche del secondo dopoguerra come nel caso del menu della colazione offerta dal Presidente Cossiga a Michail Gorbaciov e alla Signora Rajssa Gorbaciova, all’indomani della caduta del Muro di Berlino.

Ad essi si affiancano menu che ci raccontano le ultime ore del Titanic, le grandi imprese di Amelia Earhart e Charles Lindbergh, Umberto Nobile e Francesco De Pinedo. Scopriremo il primo pranzo di Hitler e Mussolini e quelli  legati alle celebrazioni per il matrimonio di William & Kate, passando per le incoronazioni di Elisabetta II e di Nicola II, l’ultimo Zar.

L’esposizione è curata dal BiblioMuseo insieme a Menu associati.

Alla mostra collaborano, quali prestatori o fornendo testi e saggi specifici: Maurizio Campiverdi, proprietario della più vasta collezione di menu conosciuta, Academia Barilla, l’Istituto Luigi Sturzo, il Museo Panini di Modena, Casa Artusi, lo Zeppelin Museum di Friedrichschafen e, eccezionalmente, l’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica. La prefazione del catalogo è del Prof. Alberto Capatti mentre la curatela del catalogo e dell’evento è di Maurizio Campiverdi, Franco Chiarini, Giulio Fano, Matteo Ghirighini e Roberto Liberi.

Il 2024 dovrebbe essere l’anno della qualifica di Patrimonio Immateriale dell’Umanità per la Cucina Italiana e questa mostra si propone come base di studio e di confronto su quello che gli antichi menu possono raccontare sullo sviluppo e sulle sfumature delle Gastronomie e delle Tradizioni.

La mostra sarà articolata in differenti capitoli.

Come nasce e si sviluppa l’idea del menu? Nella prima sezione saranno esposti, fra gli altri, il più antico menu a stampa conosciuto (1803) e le prime edizioni dei maggiori teorici del menu come Grimod de La Reyniere, Câreme, Escoffier … in un percorso ragionato che ci guiderà dal servizio “alla francese” al servizio ”alla russa” fino a Gualtiero Marchesi, passando per il menu delle celebrazioni per lo Statuto Albertino del 1848.

Li hanno chiamato pranzi “inquieti”.

Menu testimoni di incontri e scontri che hanno fondato la storia moderna e contemporanea. Fra essi ci sono il menu relativo alla discussa visita a Londra di Garibaldi nel 1864, quelli legati alle celebrazioni per la Breccia di Porta Pia, il menu del Té che fonda la Lega dei Tre Imperatori (1873) e quelli legati alla Guerra di Crimea (1853) o alla Rivolta dei Boxer (1900). Saranno inoltre esposti nella seconda sezione i menu del primo pranzo fra Hitler e Mussolini nel 1934 e quelli di Castro e Kennedy correlati al periodo delle nazionalizzazioni cubane e alla ‘Crisi dei Missili’ fino a giungere ai tristemente noti menu del Windows of The World, il ristorante delle Torri Gemelle.

Ci sono stati menu che legano il loro nome a imprese e pionieri.

Sono quelli collegati ai grandi esploratori Brazzà e Nobile e i due  menu manoscritti della Stella Polare relativi alla celebre spedizione del Duca degli Abruzzi fino a giungere, attraverso i grandi trasvolatori Lindbergh, Earhardt e De Pinedo, alle celebrazioni per Guglielmo Marconi e la sua invenzione che ha reso possibile lo sviluppo delle comunicazioni.


Menu ancora collegati alle celebrazioni e alle inaugurazioni del Canale di Panama, della Tour Eiffel, del Sempione e del Frejus e di numerose opere pubbliche e private.

Dentro la Grande Guerra ossia la Prima

Un excursus fra i menu che raccontano la ‘quotidianità’ dei soldati e che offrono uno spaccato di quello che fu la Grande Guerra. Fra essi menu in vernacolo, menu dai vari fronti, dagli ospedali da campo e uno relativo al campo di prigionia per i soldati italiani di Theresienstadt del maggio 1918.

MANGIARE DA RE

I Menu reali dei Savoia, dai semplici menu ‘familiari’ quotidiani a quelli dei ricevimenti di Capi di Stato e i grandi matrimoni Reali.

I BALLI A CORTE dove curiosiamo fra una straordinaria e completa raccolta di menu dei balli a corte, molti dei quali tenutisi nei giardini del Quirinale, fra 1883 e 1914.

I MENU DEI PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

‘L’Archivio storico della Presidenza della Repubblica, l’Istituto dove si conservano gli archivi dei Capi dello Stato italiano, in occasione della Mostra organizzata da Garum, ha reso disponibili le collezioni dei Menu del Quirinale, scegliendo di richiamare l’attenzione sulle cerimonie e gli eventi che hanno segnato gli impegni dei Presidenti della Repubblica sul versante della integrazione europea.

Il Palazzo del Quirinale, uno dei luoghi principali in cui si svolge la vita della Repubblica italiana è dal 1948, la sede in cui il Presidente della Repubblica incontra le alte cariche istituzionali, riceve i regnanti e i capi di Stato, invita le delegazioni estere, i rappresentanti degli altri Stati e degli organismi internazionali, accoglie gli esponenti della società civile e  ascolta i cittadini. In occasione di ricevimenti, colazioni e pranzi di Stato offerti dai Presidenti della Repubblica, la tavola, animata da ingredienti, pietanze e sapori della cucina tradizionale regionale, contribuisce alla promozione della conoscenza della storia e della cultura enogastronomica del Quirinale, sino a diventare una vetrina internazionale di prodotti provenienti da ogni parte d’Italia, ma anche cifra narrativa, attraverso questi prodotti, della storia del nostro Paese’.

SETA & PORCELLANA

Menu stampati su supporti speciali per grandi occasioni e spesso preparati da grandi artisti quali Alphonse Mucha.

DINER DELLA BELLE ÉPOQUE


Lo spirito e la grafica Liberty nelle associazioni politico-culturali-goliardiche della Francia della Belle époque.

BON-BOCK

Considerati fra i menu più belli del primo Novecento, illustrati d’artisti d’eccezione e testimoni delle correnti politiche e dei movimenti che portarono alla Grande Guerra

CLUB ANGLOSASSONI

I precursori dei Club per gentiluomini, luoghi di scandalo, d’incontri e di politica.

EXPO
I menu delle grandi Expo, straordinarie occasioni d’incontro e di scambio per i popoli della Terra: dall’expo del Crystal Palace del 1851 a Milano 2015, passando per la grande Expo parigina del 1900.

 PUBBLICITÀ

I grandi menu pubblicitari affidati ai grandi grafici.

SCIENZA A TAVOLA

I menu dei grandi convegni e congressi internazionali dell’Ottocento e del Novecento, dove s’incontravano studiosi, professori e premi Nobel.

 SPORT

Menu celebrativi dei grandi eventi sportivi, dai primi Tour de France al Touring Club Italiano, dalle Olimpiadi del 1936 al Primo Giro Aereo d’Italia.

TUTTI FRUTTI

Dulcis in fundo. Percorso espositivo di menu importantissimi per bellezza o significato: da quelli  del Titanic relativi al fatidico 14 aprile 1912 a quelli dei reali inglesi (Carlo e Diana, William e Kate, l’incoronazione di Elisabetta II etc.), passando per il matrimonio dei figli di Isma’il Pacha il Magnifico, il primo concorso di cucina Italiano del 1935 e i grandi e magnifici menu delle incoronazioni degli Zar.

Concluderà la mostra un pannello espositivo dal titolo ‘La Cucina Italiana Patrimonio dell’Unesco’ a cura dell’associazione Cheftochef – Emilia Romagna Cuochi

ORARI DI APERTURA: dalle 10 alle 18, orario continuato – ingresso gratuito

Patrizia Lazzarin, 5 marzo 2024

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