Morandi 1890-1964

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Un artista come Giorgio Morandi sintetizza la sua spiritualità o, se preferiamo la sua interiorità, nelle creazioni da lui realizzate che si svelano a chi le guarda come epifanie del sentimento dell’universo che egli sperimenta mentre le osserva. Ancora in modo più profondo,  esse si leggono come attraverso  una cartina al tornasole, dove si individua, tinto con colori ricavati da sostanze tratte dal bosco e dalla terra, il suo percorso esistenziale indirizzato alla comprensione del reale.  Quando noi ci affacceremo all’interno delle sale del piano Nobile di Palazzo Reale a Milano, da oggi fino al 4 febbraio del prossimo anno, avremo l’opportunità di vedere una delle più importanti e complete retrospettive sul pittore bolognese realizzate negli ultimi decenni.

Sono trascorsi più di trent’anni da quando Milano ha dedicato una  grande  esposizione a  Giorgio Morandi  per celebrare  il rapporto speciale  tra la città e l’artista. Vitali, Feroldi, Scheiwiller, Valdameri, De Angeli, Jesi,  Jucker, Boschi Di Stefano e Vismara che furono i primi grandi collezionisti delle sue opere, erano lombardi come lo era anche la Galleria  del Milione,  con la quale  il pittore intrattenne un rapporto privilegiato.

La rassegna nasce su progetto e con la  curatela di  Maria Cristina  Bandera e, per numero e qualità delle opere esposte, diventa una nuova narrazione dell’arte del pittore, considerato uno dei più grandi artisti del Novecento. Vengono spiegati  in maniera esaustiva grazie ad  una serie di capolavori i due filoni principali della sua produzione: le nature morte (le celeberrime bottiglie) e i paesaggi.

Spesso i giudizi di critici apprezzati  hanno messo in luce il senso di poesia che si ricava posando lo sguardo sui suoi lavori e quel nitore che nasce da una  ricerca di assoluto. Essi infatti  si caratterizzano per un’intensità espressiva che si risolve nella scelta di moduli linguistici essenziali nella forma, alla stessa misura di poeti come Montale e Ungaretti. La dignità dell’uomo che egli ricerca come il filosofo francese Blaise Pascal all’interno di se stesso, ossia  all’interno dell’animo umano, facendo coincidere vita e arte, si prolunga fino restituirci un’opera dove il tempo e lo spazio toccano la soglia dell’infinito.

 L’indagine fa tesoro  dell’arte del passato e contemporanea che egli rielabora sulla sua particolare visione dell’universo. Il suo mondo riemerge quindi come evocato e diventa, come dicevamo sopra, epifania. Come ha scritto lo studioso tedesco Werner Haftmann che lo aveva conosciuto, Morandi trasponeva quella realtà che egli aveva studiato con tanta cura, nella visualità del quadro, nella “seconda” più comprensiva realtà.

 “Bandito ogni racconto, azzerata ogni descrizione, l’artista procede per passi minimi e meditatissimi alla definizione della sua personale immagine, con un lavoro continuo di scavo, all’interno della singola opera e di dipinto in dipinto,... tanto da edificare il suo mondo rarefatto e lirico, … segnato da scansioni musicali, improvvise accensioni cromatiche, vibrazioni di materia che si addensa e si stempera a render più sottile il gioco dell’illusione visiva”.

Un   corpus   di   circa 120 opere ripercorre così i  cinquant’anni  di  attività,  dal  1913  al  1963, dell’artista,  grazie ai prestiti  eccezionali di  importanti istituzioni pubbliche e di prestigiose collezioni private. Il  percorso  espositivo segue  un criterio cronologico con  accostamenti che danno ragione della sua evoluzione stilistica.  Si  suddivide in 34 sezioni che documentano il primo contatto con le avanguardie: tra cézannismo, cubismo e futurismo negli anni 1913-1918; il personale accostamento alla metafisica (1918-1919), il ritorno al reale e alla tradizione (1919-1920) e le sperimentazioni degli anni ’20.

Spazio poi all’incisione e alla conquista della pittura tonale (1928-1929), segue la maturazione di un linguaggio tra senso costruttivo e tonale e la variazione dei temi negli anni ’30 (1932-1939).  Negli anni ’40 e negli anni ’50 Morandi si avvia verso una progressiva semplificazione. Infine  l’acquerello  tra il 1956 e il 1963 e la tensione tra astrazione e realtà degli anni conclusivi (1960-1963), in cui è toccata l’essenza della realtà, la sostanza di una ricerca durata tutta una vita.

L’esposizione è stata promossa  dal  Comune  di  Milano e  prodotta   da   Palazzo  Reale,   Civita   Mostre   e   Musei   e   24   ORE  Cultura – Gruppo   24 ORE,  in collaborazione  con  Settore  Musei  Civici  Bologna  |  Museo  Morandi,  e  realizzata  grazie  a  Gruppo  Unipol, main sponsor,  e Bper  banca, sponsor  di mostra.

Patrizia Lazzarin, 5 ottobre 2023

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In fuga con la flebo

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In fuga con la flebo è un fumetto che giunge al cuore e  racconta la malattia e l’amicizia in un modo leggero adatto ad avvicinare i ragazzi a  tematiche delicate.

Esce in libreria il 12 ottobre, per Valentina Edizioni, questo fumetto opera dell’autrice tedesca Jospehine Mark e tradotto  dal tedesco da Melania Traini. La traduzione si è realizzata grazie al sostegno del Goethe-Institut e del programma Litrix.de per la diffusione della letteratura tedesca.

Il fumetto è ispirato all’esperienza personale di Mark e racconta in maniera ironica e leggera il rapporto con la malattia, attraverso le avventure di un lupo e di un coniglio.

Quando un coniglietto molto malato salva per caso la vita a un lupo, nessuno può immaginare che sia solo l’inizio dell’avventura più improbabile che potesse accadere. Il codice dei lupi ha regole insindacabili:  egli deve assolutamente ricambiare il gesto.

Inizierà così un viaggio dal ritmo serrato, ricco di colpi scena. Non potevano mancare i cacciatori dal grilletto facile, motel economici, orsi e sacche di flebo gelate. E la grande domanda nasce naturale: è davvero solo il codice del lupo che li unisce?

“Un fumetto davvero intenso! È raro che il tema della malattia venga rappresentato con tanta cura e delicatezza. Un incoraggiamento per giovani e non, e un tipo di storia che raramente si trova in commercio. Commovente e molto, molto divertente”.

Lo racconta Ralf König, un fumettista e scrittore tedesco, e uno dei più celebri autori di fumetti a tematica gay del mondo.  I fumetti di König sono stati tradotti in numerose lingue e l'autore è stato insignito di parecchi premi e onorificenze, tra cui nel 1992 il Premio Max e Moritz come miglior disegnatore di fumetti nel mondo tedesco. In Italia molte delle opere di König sono pubblicate dalla rivista Linus e dall'editore Kappa Edizioni.

Ma chi è l’autrice del fumetto in questione?

Josephine Mark è nata nel 1981 a Naumburg e lavora come fumettista e graphic designer. Ama disegnare lupi e nelle sue storie, per lo più umoristiche e spesso riflessive, affronta la filosofia quotidiana e le questioni sociali. Con il suo road movie a fumetti Trip mit Tropf, è stata selezionata come finalista per il Berthold Leibinger Comic Book Prize 2022.

Il fumetto consta di 192 pagine ed è consigliato ai bambini sopra ai 10 anni.

Patrizia Lazzarin, 4 ottobre 2023

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La casa del mago

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La casa del mago dello scrittore Emanuele Trevi indica già nel titolo un luogo dove camminare con passi felpati perché stiamo entrando in uno spazio fuori del comune. Quali magie e incontri inaspettati siamo destinati a sperimentare sulla nostra pelle? Il mago è il padre, il famoso  Mario Trevi, psicanalista junghiano, di cui l’autore prova a raccontare nel libro il suo profilo. Un uomo sicuramente interessante, elegante nello stile, ma estremamente sfuggente in alcune o forse, tante occasioni. “Lo sai com’è fatto”. Quando mia madre mi parlava di mio padre ci metteva poco ad arrivare al punto, … per affrontare qualunque faccenda con quell’uomo enigmatico, con quel cubo di Rubik sorridente e baffuto, bisognava sapere – come – era – fatto.

 Capiamo già nell’incipit della narrazione che afferrare la psiche del grande studioso era una sfida giornaliera. Il racconto dello scrittore si arricchisce tuttavia anche del confronto della ricerca su se stesso che egli rende subito evidente, quando acquista dalla sorella la porzione di casa, entrata nell’asse ereditario dopo la morte del padre, e che per una ragione di cui lo stesso Trevi  si cruccia, non si riusciva ad alienare. Forse per colpa della Psiche che ancora girava fra le stanze di quella antica dimora? Cogliendo come piccole pietre e levigandole, alla stessa maniera di un passatempo amato dal padre, proprio le frasi di dedica del romanzo, ci appropriamo di piccole gocce di sapienza da cui potrebbero nascere interessanti chiacchierate e anche ragionamenti più profondi. La prima appartiene all’autore e recita: A Vita, piccola maga. La magia appare dunque la stessa nostra esistenza con tutti i suoi imprevisti, concatenazioni e fatti straordinari di cui ci interroghiamo  spesso le ragioni del loro avvenire.

Anche la successiva frase dello psicanalista C. G. Jung,  sembra invitarci a plasmare i nostri pensieri, dentro la nostra mente, come piccoli ciottoli di fiume fino a farli risplendere. “Il significato della mia esistenza è che la vita mi ha posto un problema. O, viceversa, io stesso rappresento un problema che è stato posto al mondo, e devo dare la mia risposta, perché altrimenti mi devo contentare della risposta del mondo”. Quest’ultima precisazione apre una vista bellissima sul nostro Io o se vogliamo ancora essere più calzanti: sull’essenziale, il nostro essenziale.

Il romanzo, condotto da un narratore che appare come un bohemien per il suo stile di vita, in un’altalena piacevole tra autobiografia e finzione, dipinge in particolare l’humus culturale del Novecento, con un pennello che sembra intinto nel frasario e sentimenti di quel periodo.

Spiccano fra gli altri “personaggi” Carl Gustav Jung, Natalia Ginzburg, Giorgio Manganelli e Ernst Bernhard ... Un filo lega la vita di Mario ed Emanuele Trevi  e quella di Bernhard. I pensieri si intrecciano e si rimandano e, pur nella lontananza della loro nascita, sono capaci di alimentare scintille  e far ripensare allo scrittore il suo vissuto. Sono personaggi di un tempo caratterizzati da amabilità, sensibilità e intelligenza e, che nel racconto percepiamo vicine. Il padre partigiano, Dora, la dolce compagna di Ernst Bernhard, … e la stessa Miss Miller, la giovane americana che secondo Jung, come si legge nei suoi Simboli della trasformazione camminava involontariamente sull’orlo della schizofrenia.

Anche qui il racconto di Levi figlio su Miss Miller alimenta ulteriori ricerche su di lei e su di noi.

 La casa del mago è un libro intrigante. A completare la vicenda e a dargli un tono anche “picaresco” la prostituta Paradisa e la colf, se così ci è permesso chiamarla, che ha il nome Degenerata e poi ancora  la Visitatrice.

Sicuramente Paradisa con cui il protagonista sembra avere una relazione che sembra trovare piacevolezza non tanto nel sesso, ma nella vicinanza di una banale quotidianità davanti al televisore, potrebbe porre dei dubbi legittimi sulle convinzioni dello scrittore sul tema delicato del  rispetto del corpo della donna per quanto riguarda il fenomeno della prostituzione.

Sulle simpatie per gli uomini forti e sul concetto di libertà di Paradisa potremmo poi rimanere, penso, tutti basiti.

Chi siamo, cosa amiamo? A ritroso, fra le prime pagine ci fa da subito divertire l’atteggiamento del protagonista, quando giovane, commenta il famoso aforisma: Conosci te stesso. A me di conoscere me stesso e di sapere come sono fatti gli altri non è mai fregato un granchè. Quanto al primo punto, ho la sensazione che se qualcuno procede come può nella vita generalmente lo fa a sua insaputa … Meno ti conosci meglio stai. Quanto agli altri, la cosa più importante non è come sono fatti, ma che mi vogliano bene ….

Patrizia Lazzarin, 3 ottobre 2023

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