Lippo di Dalmasio e le arti a Bologna tra Trecento e Quattrocento

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Ritorna il fascino dell’arte del Trecento e del Quattrocento legate da un lato al bisogno di una raffigurazione naturalistica, ma al tempo stesso pervase da sentito misticismo. Dopo la realizzazione negli anni scorsi delle mostre dedicate nel 2010 a Vitale da Bologna, nel 2012 a Simone dei Crocifissi e Jacopo di Paolo  e nel 2015  a Giovanni da Modena, i Musei Civici d'Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna presentano la prima mostra dedicata alla figura di Lippo di Dalmasio, il più celebrato dei pittori bolognesi del tardo Medioevo, documentato a Pistoia e a Bologna dal 1377 al 1410.
Lippo di Dalmasio e le arti a Bologna tra Trecento e Quattrocento,  la mostra a cura di Massimo Medica e Fabio Massaccesi, sarà visibile nella Sala del Lapidario del Museo Civico Medievale di Bologna dal 18 novembre 2023 al 17 marzo 2024.
L'esposizione è promossa con il Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna e in collaborazione con la Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Figlio del pittore Dalmasio (Bologna, 1315 circa - Bologna, 1374 circa) e nipote del noto artista Simone di Filippo Benvenuti, detto Simone dei Crocifissi (Bologna, 1330 circa – Bologna, 1399), Lippo appartenne alla prestigiosa famiglia ghibellina degli Scannabecchi.
Come il padre, fu a lungo attivo in Toscana, a Pistoia, dove è probabile abbia intrapreso la sua attività, ottenendo le prime importanti commissioni. Tale esperienza ebbe un influsso significativo sulla sua prima formazione, portandolo poi a svolgere un importante ruolo di raccordo artistico tra i due versanti dell'Appennino.

 Ugualmente importante dovette essere la sua parentela con Simone dei Crocifissi, con cui Lippo condivise, una volta rientrato a Bologna intorno al 1390, l'atteggiamento fortemente conservatore e "normalizzante" nei confronti dei modi più immaginosi di Vitale da Bologna.

Ciò gli permise presto di divenire uno dei più prestigiosi maestri attivi nell'appena avviato cantiere di San Petronio, come documenta il suo coinvolgimento nel 1393, nella realizzazione di un'ancona su tela, ora perduta, per l'altare maggiore della Basilica, eseguita insieme a Giovanni di Ottonello.

Come risulta dall'ampia documentazione superstite, Lippo seppe abbinare, in questi anni, una brillante carriera, contrassegnata da numerose prestigiose commissioni, ad un pronunciato impegno civico, documentato dai numerosi incarichi pubblici.

Attraverso l'esposizione di una trentina di opere, tra dipinti, sculture e manoscritti miniati, la mostra intende ripercorrere, facendo riferimento al contesto artistico locale, l'attività di questo maestro su cui "grava" lo stereotipo di 'pittore cristiano e devoto della Madre di Dio’ nato in età di Controriforma, in parte giustificato dalla sopravvivenza di molte sue opere raffiguranti la Madonna col Bambino, parte delle quali  sarà esposta in questa occasione.

La mostra è accompagnata da un catalogo pubblicato da Dario Cimorelli Editore, contenente saggi di Massimo Medica, Fabio Massaccesi, Daniele Benati, Giancarlo Benevolo, Mark Gregory D'Apuzzo, Gianluca del Monaco, Ilaria Negretti e Angelo Tartuferi.

Patrizia Lazzarin, 14 novembre 2023

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Boomers: esplode la memoria collettiva

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Nel bar della Jole succedeva di tutto. La vita era palpitante. In quel luogo  le attese degli uomini si trasformavano, grazie ad un’alchimia di sentimenti  e speranze, in energia e volontà tanto da poter credere ad una vita possibile sulla Luna. I canti della Jole, interpretata da una delle figure più inafferrabili e al tempo stesso più poliedriche della musica “leggera” italiana, Patrizia Laquidara, rendevano l’habitat di quel bar, posizionato sotto i piloni dell’Autostrada del Sole, effervescente. Siamo sulle scene del Teatro del Monaco di Treviso, in una città già vivace  per gli abitanti che la popolano. Come in ogni spettacolo dove si attende Marco Paolini si respirava la soddisfazione e l’attesa del pubblico in sala. In quello scenario, una band formata da tre musicisti con i loro strumenti, su un palco a lato,  ci calava nell’atmosfera di un cabaret di alcune decine di anni fa. Per ricordare, per ricordare … nominando tanti eventi che hanno attraversato la seconda parte del secolo scorso … Boomers è il titolo della piece teatrale e la parola boom ci riporta all’esplosione demografica e poi economica che, finita la seconda guerra mondiale e negli anni Sessanta, è diventata un fenomeno generale. Un altro tempo, luoghi di allora, ora diversi. Boomers sono, per i giovani, le persone anziane o che fanno cose da vecchi. Lo scarto tecnologico è stato veloce e la realtà virtuale  e in genere le innovazioni hanno cambiato in poche decine d’anni il modo di pensare di uomini e donne. Le nuove generazioni giocano con un mondo che si sono ritrovate, in parte ammaccato, in parte inquinato. In scena sentiamo il dialogo tra un padre e un figlio. Un figlio strano, potremmo dire con il senno di ieri e, che gira con un casco in casa per testare una nuova App che permetterà di costruire mondi virtuali: giochi incredibili e pazzi che portano a reinventare ricostruendo una storia trascorsa. La vita rivista è quella del genitore, ma come è diversa, come è diventata caotica, sembra dire Marco Paolini, nel mostrarci un caleidoscopio di eventi del suo passato a cui fanno eco le melodie ricche di sfumature del canto di Patrizia Laquidara che sanno restituirne le emozioni. Quello non  è più il bar della Jole,  dove c’erano cibi preparati da lei per ogni gusto dei suoi clienti. C’erano operai, metalmeccanici, camionisti e gente a cavallo, poiché allora era possibile che i cowboys inseguissero le locomotive.  Stavano insieme democristiani, comunisti, socialisti e  forse anche … Si beveva, si mangiava, si sparava … Bang, bang, bang … Si giocava a carte. Si incontravano personaggi incredibili. Si portavano le persone che ci facevano battere il cuore. Tuttavia non bisogna dimenticare che il Bar della Jole era solo per maschi, o meglio le donne non ci andavano, racconta Paolini, perché facevano le casalinghe, erano le regine della casa. Ironia della sorte: regine senza sudditi. Lo spettacolo Boomers, il nuovo album di racconti su testi di Marco Paolini e Michela Signori, è una ballata teatral-cybernetica, dove la memoria collettiva di una generazione viene in parte trasformata in ambientazioni da videogioco. Nicola, alter-ego di Paolini che ritorna poi giovane nel bar della Jole, ci dice anche di prestare attenzione. La piece, è vietata ai minori di anni 48 non accompagnati. Marco Paolini,  un autore che ha lavorato molto sul valore della memoria lungo la sua carriera, si interroga sul significato del teatro, luogo della finzione e della rappresentazione, per antonomasia. Lo fa ora e oggi, quando le esperienze reali e virtuali hanno confini sempre meno definiti. Sulla locandina dello spettacolo un astronauta, dentro un cielo stellato, sta scendendo in diagonale, giù, sotto i piloni dell’autostrada, vicino agli avventori fuori del bar della Jole. Abbiamo sentito ieri sera, in questo pezzo teatrale compreso nella programmazione del Teatro Stabile Veneto, tante storie raccontate e cantate che ci hanno portato a  ricordare eventi epocali come lo sbarco sulla Luna e molti altri come il crollo del muro di Berlino, la scomparsa dei vecchi partiti … L’andirivieni di vicende lontane che sembravano improvvisamente diventare vicine, seguiva il ritmo di un vivace ballo che metteva spensieratezza: dentro c’erano  le voci e la musica sempre di Patrizia Laquidara e dei componenti della band: Luca Chiari, Stefano Dallaporta e Lorenzo Manfredini.

Patrizia Lazzarin, 11 novembre 2023

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Una dimora inglese patrimonio Unesco

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Il palazzo di Blenheim è un'imponente e ricca tenuta di campagna nel sud-est dell'Inghilterra che risale agli inizi del 1700. Gli inglesi vantano molte grandi case di campagna, ma Blenheim si distingue tra queste per una serie di ragioni, non ultima quella di essere stata il luogo di nascita dell'ex primo ministro Winston Churchill. Blenheim, una delle poche dimore storiche del Regno Unito ad essere dichiarata patrimonio mondiale dall'UNESCO, è maestosa. È stata costruita in stile barocco inglese e come tale è una rarità architettonica in Inghilterra.

 Il palazzo prende il nome da una cittadina della Germania meridionale che fu teatro di una famosa battaglia durante la guerra di successione spagnola. Questo conflitto di carattere europeo dell'inizio del 1700 fu provocato dalla morte del re spagnolo Carlo II che non lasciò eredi diretti per governare l'impero. Ne seguì una lotta per il suo controllo tra le potenze europee di  Francia, Austria, Paesi Bassi e Gran Bretagna. John Churchill, primo duca di Marlborough, assicurò la vittoria alla corona inglese nel 1704, nella battaglia di Blenheim.

Per ringraziarlo, la regina Anna gli regalò un appezzamento di terreno e il sostegno finanziario per costruire la casa di campagna che sarebbe poi diventata Blenheim Palace. Viene chiamato palazzo perché è stato originariamente donato dalla Corona ed è l'unico palazzo non reale in Inghilterra. Ma il dono non è privo di vincoli: ogni anno i duchi di Marlborough sono tenuti a pagare un “affitto” cerimoniale alla Corona nell'anniversario della battaglia presentando una replica dello stendardo francese catturato, la bandiera francese dell'epoca, in commemorazione del trionfo. L’edificio  è ricco  di riferimenti alla battaglia, dagli affreschi sul soffitto ai cannoni incorporati negli archi.

La sua costruzione ebbe luogo  tra il  1704 e il  1722. I fondi della Corona andavano e venivano, mentre il Duca e sua moglie Sarah Churchill non sempre avevano il favore reale. La duchessa era un'amica d'infanzia della regina Anna e le due donne avevano una relazione tesa e tumultuosa. Alla fine i litigi furono così gravi che tutti i finanziamenti furono interrotti. Anni dopo, nel XIX secolo, i duchi di Marlborough attraversarono tempi difficili e rischiarono la perdita della tenuta. Come molte altre famiglie nobili terriere europee dell'epoca, guardavano ai matrimoni combinati per risollevare le proprie fortune.

Charles Spencer Churchill, Duca di Marlborough, sposò Consuelo Vanderbilt, la figlia del magnate delle ferrovie americane. Non fu un matrimonio d'amore e finì con l'annullamento. Tuttavia, la generosa dote di Consuelo permise al duca di restaurare Blenheim Palace. Durante la prima guerra mondiale, l’edificio fu adattato per ospitare Women's Land Army, un'organizzazione civile fondata nel 1917 per portare le donne a lavorare nell'agricoltura, in sostituzione degli uomini che combattevano in guerra.

Il Blenheim Palace è stato aperto al pubblico nel 1950 e, sebbene Charles James Spencer-Churchill, dodicesimo duca di Marlborough, viva ancora in un'area privata del palazzo, sia i terreni che alcune aree del palazzo sono aperti al pubblico. Il palazzo ha un ruolo  di spicco nella comunità locale ospitando molte attività commerciali del luogo, offrendo attività per famiglie e abbonamenti annuali convenienti per i residenti dell’area.

Il parco di duemila acri comprende giardini e aree di divertimento con i loro deliziosi sentieri tortuosi, templi e cascate. Nel 1908 Winston Churchill portò la sua futura moglie Clementine Hozier a fare una passeggiata nel Rose Garden di Blenheim. Sorpresi da un acquazzone, si ripararono nel Tempio di Diana, dove Churchill le fece la proposta. Il loro fu un matrimonio affettuoso anche se intenso, poiché Churchill fu primo ministro durante la Seconda guerra mondiale. Il tempio e il roseto sono ancora oggi visitabili, insieme ad una piccola area commemorativa dedicata a Churchill

Patrizia Lazzarin, 10 novembre 2023

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