La metamorfosi di Trump “Presidente in guerra”

«È una guerra. Io sono un presidente in tempo di guerra». La metamorfosi di Donald Trump è spettacolare; per molti è meglio tardi che mai. Il capo dell’esecutivo ha usato una legge del 1950 varata per la guerra in Corea, il Defense Production Act, che gli dà poteri eccezionali anche sul settore privato, per ordinare requisizioni di materiale medico, farmaci, accelerare la ricerca sui vaccini e l’uso di cure sperimentali. Il presidente americano ha anche cancellato il summit dei leader del G7 che era previsto a Camp David nel mese di giugno. Il vertice si svolgerà in videoconferenza.

È cambiato tutto in 48 ore. Ancora due settimane fa Trump aveva irriso agli allarmi sanitari, definendo l’epidemia “ a hoax”, una bufala, una montatura dei democratici per attaccarlo in campagna elettorale. Aveva twittato paragoni con le normali influenze stagionali. Poi, via via che il bilancio delle vittime cresceva in tutto il mondo e i contagi salivano anche negli Stati Uniti (ieri a quota diecimila), era scattata la fase del Trump rassicurante ed auto-congratulatorio. Una settimana fa parlando alla nazione aveva detto: il rischio è limitato perché io sono stato veloce a chiudere le frontiere ai cinesi.

Ora Trump ha deciso di cambiare tono, messaggio e personaggio. Intima il rientro di tutti gli americani ancora all’estero. Da “presidente di guerra” ha ordinato alla U.S. Navy di mettere a disposizione due navi- ospedale. Al Pentagono ha richiesto di mettere a disposizione degli ospedali civili cinque milioni di maschere e duemila apparecchi respiratori. Ci tiene e farsi vedere come il leader giusto per affrontare una sfida storica, decisionista ed efficiente.

I dati sul terreno danno un quadro molto diverso. Gli Stati Uniti continuano a soffrire di gravi carenze e ritardi in ogni angolo del sistema sanitario. I test diagnostici sono insufficienti, dalla California a New York. Le autorità sanitarie prevedono “uno scenario all’italiana”, con penurie di posti-letto, quando la curva dei contagi avrà raggiunto i livelli europei. Ci sono ospedali che devono chiedere al personale medico e infermieristico di riusare le mascherine perché hanno esaurito le scorte.

Però la conversione di Trump ha già ottenuto un risultato, sul piano politico: mette in difficoltà i democratici. I tre Stati più colpiti dall’epidemia – Washington, California e New York – hanno governatori di sinistra. Le autorità locali hanno ampi poteri sulla sanità ma hanno anche bisogno dell’aiuto federale. Perciò i tre governatori sono generosi di elogi verso il “nuovo Trump” e il sostegno che promette. A New York il governatore Andrew Cuomo, democratico, ha ringraziato pubblicamente il presidente per l’annunciato invio di una nave-ospedale con mille letti e 12 sale operatorie. Si è scoperto però che la nave promessa, la Uss Comfort, è ferma per lavori di riparazione nel cantiere di Norfolk e non arriverà a New York per diverse settimane. Altri governatori hanno elogiato la decisione di Trump di chiudere la frontiera col Canada. In un gesto distensivo verso l’opposizione democratica, la polizia federale ha sospeso durante il coronavirus le retate di immigrati clandestini.

Federico Rampini - la Repubblica - 20 marzo 2020

Leggi tutto...

L’iniziale fallimento di Trump sul virus

Quando il presidente Trump vede una minaccia politica, il suo istinto è quello di negare, raddoppiare e contrattaccare” scrive il Wall Street Journal in un editoriale non firmato che esprime la linea del quotidiano. “Ciò è stato spesso politicamente efficace, ma nel caso del coronavirus ha minato la sua capacità di guidare il paese. Non è esatto, come riportato dalla stampa la scorsa settimana, che il presidente abbia definito il virus un ‘imbroglio’. Ha detto che le critiche alla sua amministrazione sono una bufala. Tuttavia, le sue osservazioni pubbliche troppo spesso continuano a dare l’impressione di vedere il virus più come un’altra possibilità di combattimento politico che come un grave problema di salute pubblica. I consulenti della Casa Bianca la scorsa settimana hanno affermato che il virus è ‘contenuto’ nonostante prove contrarie. Lunedì, dopo aver suggerito che fake news stava guidando la rotta del mercato azionario, il presidente ha twittato: ‘L’anno scorso 37.000 americani sono morti per l’influenza comune. In media tra 27.000 e 70.000 all’anno. Niente è chiuso, la vita e l’economia continuano. In questo momento ci sono 546 casi confermati di coronavirus, con 22 morti. Pensateci!’. Come l’influenza comune, a eccezione del tasso di mortalità per virus che potrebbe essere dieci volte superiore. Come l’influenza comune, tranne il fatto che la popolazione degli Stati Uniti non ha un’immunità accumulata, quindi il virus lasciato incontrollato potrebbe infettare una percentuale significativamente più alta della popolazione a un ritmo più veloce, travolgendo il sistema medico. Nessuno sa come andrà a finire nei prossimi mesi. Tuttavia, con il crollo dei mercati azionari, le scuole che annullano le lezioni, le aziende che svuotano i loro uffici e le nazioni che bloccano i confini e città, gli americani vogliono una leadership stabile. L’errore è affermare che non ci sono stati problemi. Trump ha ragione sul fatto che i suoi avversari, in politica e nei media, vogliono trasformare il virus nel suo uragano Katrina. Questo è inevitabile e non dovrebbe caderci in trappola. La miglior difesa non è quella di contrattaccare come se il virus fosse Adam Schiff. Non può essere deriso con un soprannome o respinto con affermazioni troppo ottimistiche che rischiano di essere investite dalla realtà in una settimana o un mese. La migliore risposta è una leadership forte e realistica che metta in mostra i punti di forza del governo guidato da un presidente. Questo significa lasciare che gli esperti parlino e non speculare su cose di cui non si sa molto. Significa mostrare sostegno personale per i pazienti con virus e i loro badanti in prima linea. Leadership significa mettere insieme una risposta alla debolezza economica e cosa si può fare per aiutare coloro che perdono il lavoro. Soprattutto, la leadership in una crisi significa dire al pubblico la verità”.

Il Foglio – 16 marzo 2020

Articolo tradotto dall'Wall Street Journal del 12 marzo 2020

Leggi tutto...

Gli Usa impauriti si affidano a Tony Fauci

Se gli Stati Uniti riusciranno a contenere la pandemia del coronavirus, lo dovranno all'ex garzone di una farmacia di Brooklyn, nato da padre siciliano e madre napoletana, e istruito dai gesuiti. Perché Anthony Fauci, Tony per gli amici, è l'unico che ha la competenza, l'autorità e il coraggio di dire la verità al presidente Trump, cercando di spostarlo dai suoi istinti e dai suoi interessi personali verso le scelte scientificamente sensate per salvare il Paese.
Al punto che ieri, dopo aver contraddetto pubblicamente il capo della Casa Bianca in varie occasioni, si è spinto a suggerire il «lockdown» degli Stati Uniti: «È possibile che sia necessario chiudere tutto, per un paio di settimane. Ne ho parlato durante la riunione della task force guidata dal vice presidente Pence per la gestione dell'emergenza».
Tony è nato nel 1940 a Brooklyn, da una famiglia che incarna la storia dell'immigrazione italiana negli Usa. Il nonno paterno Antonino lavorava alle terme di Sciacca, mentre quello materno, Giovanni Abys, era un artista napoletano che dipingeva paesaggi. Entrambi erano arrivati passando da Ellis Island, e si erano stabiliti nella Little Italy di Manhattan. Poi si erano trasferiti nel zona di Bensonhurst a Brooklyn, dove i loro figli Stephen ed Eugenia si erano conosciuti alla scuola superiore e poi sposati, mettendo al mondo Denise e Anthony. Stephen era studioso ed era riuscito ad entrare alla Columbia University, diventando farmacista. Così aveva aperto il suo negozio all'angolo tra la 13ª Avenue e l'83ª strada. Casa e bottega, perché al piano terra c'era la farmacia, e sopra l'appartamento dove vivevano. Il padre si occupava delle medicine, la madre e la sorella della cassa, e Tony andava in bici a fare le consegne. Nel frattempo era diventato il primo della classe alla Our Lady of Guadalupe Catholic Academy, la scuola del quartiere che purtroppo a chiuso l'anno scorso per mancanza di studenti. Così si era aperto le porte della Regis High School, prestigioso liceo dei gesuiti nell'Upper East Side di Manhattan, e poi del College of the Holy Cross, università sempre gesuita che avviava allo studio della medicina, perfezionata poi a Cornell. Tony era il capitano della squadra di basket, e d'estate faceva il muratore. Ancora oggi dice che la sua ispirazione viene dal motto dei gesuiti, «to be men for others».
Durante la guerra in Vietnam aveva servito con i «Yellow Berets» dei National Institutes of Health, e il nel 1984 era diventato direttore dei National Institute of Allergy and Infectious Diseases. L'anno prima aveva conosciuto l'infermiera  mentre entrambi accudivano un paziente, e nel 1985 l'aveva sposata, facendo tre figlie.
Fauci è stato uno dei pionieri nello studio dell'Aids, diventando il leader del President's Emergency Plan For AIDS Relief. La sua carriera gli ha dato un'autorevolezza che nemmeno Trump osa sfidare. Perciò quando il presidente ha detto in conferenza stampa che gli americani contagiati dal coronavirus sarebbero presto scesi a zero, Tony lo ha corretto senza paura: «Le cose andranno molto peggio, prima di migliorare». Quando Trump ha detto che il vaccino sarebbe arrivato presto, Fauci ha spiegato che «ci vorranno tra 12 e 18 mesi prima di averlo». Dietro le quinte, è lui che ha spinto per l'emergenza nazionale, avvertendo che il modello più terrificante dei CDC, che prevede fino a 1,7 milioni di morti negli Usa, non è impossibile. Ieri ha rivolto un pensiero a noi: «Ho tanti amici in Italia, mi dispiace molto ciò che sta passando». Ma proprio per evitare che gli Usa seguano la stessa sorte, e abbassare la curva dei contagi, ha suggerito il lockdown. Donald non vuole, perché contraddice la sottovalutazione dell'epidemia andata avanti per due mesi, nel timore che comprometta la sua rielezione a novembre. Ma Tony da Brooklyn se ne frega: lo caccino pure per aver detto la verità, se hanno il coraggio. 

Paolo Mastrolilli –La Stampa – 16 marzo 2020

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .