Ius soli addio, il Pd in panne, c'è il Rosatellum e la finanziaria

La discussione in aula e l’eventuale approvazione della legge sullo ius soli sono state rinviate a data da destinarsi. Scacco matto al segretario del partito democratico. Gentiloni incassa. Aveva assicurato che entro il mese di settembre questa fondamentale (per il Pd) legge sarebbe stata sicuramente approvata dal Parlamento. Non si può, deve avergli suggerito Angelino Alfano, reuccio siciliano con cui i dem hanno stretto un’alleanza di ferro per le regionali novembrine. L’ira di Matteo Renzi è tutta ai transfughi di Articolo Uno, che non si sono rassegnati ad accettare l’ideuzza di Leoluca Orlando per riproporre l’ammucchiata che gli ha consentito di riconfermarsi alla guida del comune di Palermo per l’assalto a Palazzo delle Aquile. Riteniamo che agli italiani non interessi molto dello ius soli. Le priorità sono altre. Il lavoro, non precario, per i giovani sopratutto, la ripresa economica che è ancora troppo fragile, dopo anni di inabissamento. Il ministro Padoan ha mandato ai controllori di Bruxelles la bozza della legge di stabilità. Bisogna fare in fretta. Ius soli, è una legge di civiltà, affermano i suoi sostenitori. Balle sesquipedali, secondo gli oppositori. Renzi vorrebbe i voti degli immigrati gratificati con questa legge.  In realtà sarebbe il contentino per solleticare il consenso della componente bersaniana che si è staccata dal Pd a trazione renziana. Nulla di più. Sarebbe opportuno che una norma del genere passasse al vaglio dell’opinione pubblica con un bel referendum, magari sul’web. Invece no. Per l’abolizione dei vitalizi non è stata seguita questa procedura, ovvero di calendarizzarla e metterla subito in discussione al Senato per vararla. Gli elettori avrebbero certamente approvato un simile comportamento del nostro Parlamento. Al di là delle parole e delle ripetute promesse da parte dello stato maggiore del Pd non sé andati molto avanti. Per non parlare della legge elettorale cassata dalla Consulta che, par fin troppo evidente, nessuno di lorsignori vuole. Si è corso ai ripari con il Rosatellum, approvato con la fiducia (cosa che Gentiloni aveva giurato di non chiedere, essendo provvedimento parlamentare). Bugie ancora bugie. Sempre bugie. Il prossimo Parlamento sarà ancor più ingovernabile di prima. Fa tristezza assistere a messinscene di questo tenore. Però per una legge liberticida come quella proposta da Emanuele Fiano si corre a spron battuto e la si approva in fretta e furia. Anche in questo caso c’è l’occhiolino rivolto ad Articolo Uno, Giuliano Pisaoia, Giuseppe Civati, Pieruigi Bersani e Sinistra Italiana. Per ottenere il loro consenso su altri provvedimenti, si può anche sbandierare il vessillo della “legge di civiltà” sullo ius soli. Ma tant’è. Cosa prevede la il disegno di legge Fiano? “Salvo che il fatto costituisca più grave reato – recita il testo approvato in aula - chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi sovversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne fa comunque propaganda richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La pena è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici. E’ una legge demenziale. Le priorità del Paese sono altre, si è detto e scritto da più parti.  Questo ad oltre settant’anni dalla morte del fascismo. E’ come se il Partito democratico avesse paura della sua risorgenza. In realtà otterrà l’effetto opposto. Moltiplicherà i fans del fu Benito Mussolini e dei vari movimenti che guardano con simpatia, mica tanto velata, non al centrodestra (Alfano e dintorni) ma alla sua immediata periferia. In Italia c’è voglia di legge e ordine, questo sì.  Visto il drammatico afflusso di centinaia di migliaia di disperati che provengono dalle incontrollate rotte del Centro Africa e Medio Oriente, che, sia detto pro memoria, proprio la Lega Nord di Matteo Salvini, inascoltato, denuncia da anni. Questi fatti, sì, colpiscono la maggioranza del popolo italiano, tanto da convincere un ministro dell’interno, in quota Pd, a prendere provvedimenti che una parte del suo partito cerca di ostacolare se non di  osteggiare, mentre il centrodestra vede con estremo favore. Questo a seguito dell’inazione del predecessore di Marco Minniti, ossia Angelino Alfano l’attuale ministro degli esteri. E adesso le elezioni siciliane. Prova generale della consistenza (o inconsistenza) del consenso verso le politiche dei democratici a guida renziana-gentiloniana.

Marco Ilapi – 23 ottobre 2017

Leggi tutto...

Renzi ed il suo Pd ai ferri corti mentre l'Europa brucia

Matteo Renzi ne ha combinata una più di Bertoldo. Mentre nei cieli d’Europa si affollano minacciose mine che rischiano di esplodere da un momento all’altro (l’Unione si sta lentamente ma inesorabilmente sfaldando, sgretolando, il referendum che si è tenuto in Catalogna lo sta a dimostrare, Madrid si è rifiutata di concederle la possibilità di indirlo per sondare la volontà della popolazione locale che, da anni, chiede maggiori spazi di autonomia, sentendosi tartassata sul piano fiscale dai castigliani di Madrid. Questo episodio ha fatto imbufalire Barcellona che ha osato “strappare” con i castigliani di Rajoy), oggi, poi, il capo del governo spagnolo ha esautorato, decapitato i vertici catalani, commissariando la Catalogna, arrecando un “vulnus” irrimediabile alla giovane storia di Spagna dalla caduta del generalissimo Franco. Nella repubblica ceka, per chiudere il cerchio, alle elezioni politiche hanno nettamente prevalso Babis, soprannominato il Trump ceko, quindi svolta decisa a destra, con i socialdemocratici alle corde. Qualche settimana addietro nella stessa Germania si è assistito ad una avanzata delle destre populiste e ad un passo indietro, sul piano elettorale, di Angela Merkel. Insomma, per l’Europa non c’è pace ed ecco che il leaderino del partito democratico nostrano, per contrastare in campagna elettorale i suoi avversari di destra e di sinistra, pretende un voto di sfiducia al governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Sostiene che il governo sapeva ed era d’accordo alla presentazione della mozione contro Visco. Accusato di omessi controlli nelle vicende dei crack bancari. Cioè Paolo Gentiloni, che nello scorso dicembre lo ha sostituito a Palazzo Chigi alla guida dell’esecutivo, è stato puntualmente informato della mozione contro il governatore di Bankitalia. Informato ma a cose fatte. Poche ore prima della discussione in aula. La situazione è sfuggita di mano al segretario dem. Ignazio  Vico avrà le sue colpe.  Banca Popolare di Vicenza del mitico (un tempo ormai lontano) Nordest, Banca Popolare dell’Etruria, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Chieti del Centro Italia, che hanno lasciato decine di migliaia di piccoli risparmiatori nei guai fino al collo, ha visto precipitare nell’abisso della povertà tantissime persone assolutamente incolpevoli della situazione determinata da condotte criminali da parte di dirigenti bancari senza scrupoli. Mussari (Mps), Zonin (BpV), Flavio Trinca (Veneto Banca), Lauro Costa e Maurizio Bianconi (Banca Marche) e via discorrendo. Chiedere la testa del governatore Visco, in vista di una lunghissima campagna elettorale che vede il ragazzotto di Rignano sull’Arno sui treni italiani per ascoltare i cittadini e prendere appunti (e magari qualche fischio, e non solo, dalle popolazioni colpite dal terremoto del Centro Italia…) non servirà certo a ristabilire un rapporto fiduciario con il suo elettorato, deluso profondamente dal  cambiamento di strategia da parte di Renzi rispetto alle promesse della vigilia allorquando ha assunto le redini del partito democratico nel dicembre del 2013. Non ci si scordi mai di quella frase “Enrico, stai sereno!” pronunciata qualche settimana dopo, nel gennaio del 2014. Anche il grande vecchio del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, un tempo solidale con Renzi,  il rottamatore, ha incominciato a prenderne le distanze. Considerato che poche promesse sono state mantenute, ha ben più di una ragione. Sulle crisi bancarie di casa nostra, le responsabilità sono, a vaio titolo, da ascriversi in capo alla vigilanza della Banca d’Italia, agli ex presidenti del Consiglio Mario Monti, Enrico Letta e lo stesso Matteo Renzi, che nulla hanno fatto quando avrebbero potuto (e dovuto). La disciplina europea nel frattempo ha fatto il resto. Con l’adozione del Bail in tutto è precipitato. Prima i risparmiatori, in particolare quelli che acquistavano obbligazioni dagli istituti di credito, nulla o pochissimo avevano da temere su un eventuale default delle banche, perché (come si è ripetutamente constatato con il Monte dei Paschi di Siena, salvato, si fa per dire, con i Tremonti bond e, successivamente, con i Monti bond) lo Stato interveniva per salvaguardare i risparmi dei depositanti. Come, in realtà, hanno fatto in tempi recenti gli stessi Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Germania e la Spagna, l’Austria e altri. Oggi deve, per ordine di Renzi, pagare per tutto questo sfascio il povero Ignazio Visco. Che, ripetiamo, avrà le sue colpe, ma non è il solo, non può essere il solo a fare il “mea culpa”. E di Giuseppe Vegas, presidente Consob, che dire? Il governo è silente. L’Europa è in fiamme e noi ci dobbiamo occupare delle piccinerie di casa nostra. Che triste spettacolo, mentre i giovani chiedono impegni sul fronte lavoro e non mance elettorali.   Marco Ilapi, 22 ottobre 2017
Leggi tutto...

I passi indietro di Renzi rispetto alle sue promesse

L'attacco di Renzi con l'approvazione della mozione di sfiducia al governatore di Bankitalia Ignazio Visco, è stato soltanto nei confronti dell'Istituto di emissione e non alle banche e banchette che egli anzi difende. È curiosa questa dicotomia: lui spera di ottenere voti da chi odia le banche, ma parlando contro la Banca d'Italia dimentica che questa ha come compito di difendere le banche in difficoltà e di solito lo esplica. L'editoriale di Eugenio Scalfari su la Repubblica.

Gli errori di Matteo

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .