Tutti a casa? Non ancora. O forse sì?

Il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini ieri sembra aver dato il benservito al premier Giuseppe Conte, senza nemmeno parlare con il suo co-vicepremier Luigi Di Maio. Ma forse non è così, poiché nessuno è poi salito al Quirinale, come si mormorava, e nel comizio a Sabaudia Salvini è stato vago. Per vedere cosa accadrà oggi e nei prossimi giorni forse bisogna fare un lieve passo indietro. M5s, partito di maggioranza relativa in Parlamento e partner forte della coalizione di governo, è stato messo in minoranza due volte: lunedì scorso sul decreto sicurezza e ieri sulla Tav, ex grande cavallo di battaglia del movimento. Il commento di Lao Xi su Il Sussidiario.

Il governo, dopo il ko del M5S in un vicolo cieco

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Governo straccione

Abbiamo certamente il governo peggiore della nostra Repubblica. Non ci piove. E si discute delle modalità di fare politica del capo leghista, Matteo Salvini e delle sue performance sulle coste romagnole, tanto che qualche giornale ha parlato di Viminale Beach, stante che il ministro dell’interno ha ormai trasferito la sua sede di lavoro al Papeete Beach. Occorrerebbe replicare con un bel “e chi se ne frega?”. Faccia quel  che gli pare, tanto prima o poi i nodi verranno sicuramente al pettine. E saranno dolori per il Paese. Le parole, i proclami, le promesse del duo Di Maio-Salvini si infrangeranno con la realtà dei numeri. Attenzione alle pagelle delle agenzie di rating. Inizierà Fitch, seguirà Moody’s e infine e Standard & Poor’s . Ricordiamoci che l’Italia nella classifica del rating di queste società risulta assai inaffidabile. Il debito del nostro Paese è nell’occhio del ciclone degli investitori italiani e e di quelli stranieri (i capitali ormai sono mobilissimi e, in un secondo, si spostano da Milano, Londra, Hong Kong, Tokio o New York). Come risulta da questa tabella alcuni Paesi godono in un rating sensibilmente più elevato di quello italiano: Germania, Francia, Spagna, gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna, il Giappone, la Svizzera, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda,la Corea del Sud, la Cina, la Svezia, l’Arabia Saudita, l’Austria e il Belgio, la Repubblica Ceca e la Danimarca . Solo per citarne alcuni. Insomma, con la predisposizione della manovra finanziaria d’autunno i mercati diranno la loro sulle mosse dei nostri due capitani d’avventura (o di ventura). E saranno certamente dolori per l’esecutivo in carica. Sarà questo? Sarà un altro? Se lo spread dovesse impennarsi, Salvini e Di Maio ne pagheranno il prezzo. E forse il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si vedrà costretto ad invocare il soccorso di Mario Draghi. Che, pur di venire incontro alle esigenze dell’Italia (evitare il baratro dell’ingovernabilità), accetterà di provare di salvare il salvabile. Si ricordi la situazione dell’autunno di Silvio Berlusconi disarcionato da Palazzo Chigi in modo traumatico. Chi piangerà? Di sicuro il Paese. Con uno spread alle stelle ci sarà ben poco da scegliere. Salvini e Di Maio lo sanno, ne sono avvertiti. E se faranno finta di non tenerne conto, ci saranno i mercati finanziari a ricordarlo loro. Un governo di straccioni. Ma dove verranno recuperate le risorse per far fronte all’aumento dell’Iva che nessuno (neanche i consumatori, evidentemente) vuole? E i due capitani hanno sistematicamente giurato che non ci sarà alcun aumento dell’Iva. Il cerchio non si chiude. Se non si vuole l’ennesima guerra dei numeri con l’Unione Europea, come si potrà stabilire il livello del deficit al di sotto della soglia pretesa da Bruxelles? Si vuole aumentare il livello del deficit previsto dalla Commissione Europea. Lo facciano pure. Come reagiranni i mercati? Si pensa di aumentare il salario minimo che ogni datore di lavoro deve corrispondere al proprio dipendente, al proprio collaboratore, ebbene, si è d’accordo, ma la misura costa. Come farvi fronte?  E’ prevista l’estensione della cosiddetta flat tax (che di tassa piatta non ha proprio nulla e lo ammettono gli stessi sostenitori, soprattutto di sponda Lega) a tutti i nuclei familiari che hanno redditi inferiori a 55 mila euro annui. Anche questa misura costa. Dove si recuperano i soldi? Per ora nessun dato certo. La confusione è tanta a Palazzo Chigi, al Viminale e alle Attività Produttive. Staremo a vedere come chi guida il governo giallo verde riuscirà a fare la quadratura del cerchio. Un’impresa disperata. Io sono convinto che il governo ha i mesi contati. Prima o poi l’esecutivo  deflagrerà. E’ solo questione di tempo. Le opposizioni hanno tempo e luogo per preparare le contromosse per ribaltare un governo strano, a cui nessuno avrebbe dato un cent che nel giugno dello scorso anno si sarebbe potuto formare. Eppure… L’Italia è nei guai e non so se Conte, Tria, Di Maio e Salvini riusciranno a risollevarci dall’abisso in cui il Paese si è cacciato. Anzi, hanno dato un bel contributo per cacciarlo. Per responsabilità di classi politiche, di destra, di centro, di sinistra , assolutamente inadeguate. Il risultato è stato la costituzione di un esecutivo assolutamente anomalo, io direi, straccione, perché sottostima, continua a sottovalutare l’enormità dei problemi dell’Italia, in primo luogo il suo elefantiaco debito pubblico. E’ pur  vero che anche il Giappone ha un debito pubblico mostruoso, epperò presenta un rating di Paese assolutamente affidabile. L’Italia no. Vorrà dire qualcosa oppure no? Considerino i nostri governanti questo piccolo, quasi insignificante, particolare. Il Giappone ha un debito che supera il 250% del suo Pil, l’Italia ha un debito che supera del 132 % del suo Pil. Come mai il rating del Paese nipponico ha il valore di A per tutte la agenzie di rating, mentre per  l’Italia ha il valore di BBB che è prossimo  al livello “junk”, ossia di spazzatura. Non ci si fida dell’Italia. E’ chiaro come il sole a ferragosto. Che Salvini parli in senso spregiativo di letterine e numerini, come ha fatto lo scorso autunno, e rifarà il prossimo, non farà altro che aumentare le tensioni sui mercati, con ulteriore aggravio del costo degli interessi sull’immenso debito pubblico che il ministro dell’economia, il povero Giovanni Tria, ha l’obbligo mese dopo mese di finanziare. Si ricorda che l’ammontare delle risorse da prendere a prestito supera i 400 miliardi di euro l’anno! Non sono davvero bruscolini. Mi creda, ministro Salvini. Quindi gli ammonimenti dell’Unione Europea vanno tenuti in conto. Per non fare naufragio.  E poi, per finire, meno proclami e più serietà d’intenti. E si ascoltino i consigli del ministro dell’economia. Che sembra sia l’unico componente del governo che dia l’impressione di avere la testa sulle spalle.. E che quasi mai parla a vanvera. Gli altri esponenti politici della maggioranza parlano spesso alla pancia degli italiani, senza riflettere prima di aprir bocca. Parlano anche di cose di cui non capiscono l’importanza. O forse lo fanno di proposito. Il che è più grave ancora. Mentre sia Luigi Di Maio che Matteo Salvini, recitando a soggetto ognuno la sua parte (tengono tanto alla cadrega , soprattutto il Cinquestelle, tanto faticosamente conquistata), non vogliono il bene dell’Italia, il Paese che rappresentano, ma perseguono unicamente l’obiettivo di far crescere i consensi elettorali dei propri partiti, mandando segnali agli investitori che loro si disinteressano di Bruxelles, dello spread che sale e scende (… e intanto io pago, direbbe il buon Totò), della Bce e di tutto quel che succede intorno a loro. Insomma, guai in vista per il Belpaese. E nel frattempo il debito pubblico italiano sta per toccare il livello di 2.400 miliardi di euro, pari al 132 % del suo prodotto interno lordo, mentre quello della Germania è di 2.300 miliardi euro, pari al 63 % del suo Pil. In questi “numerini” (direbbe il capo leghista) sta tutto il problema dell’Italia. Ecco perché il nostro dà l’impressione di essere proprio un governo straccione, che non sa dove andare, naviga a vista, sballottato da onde anomale. Speriamo che la tempesta perfetta, di cui molti attenti osservatori , da tempo, scrivono, non ci travolga. Pagheremo caro il prezzo noi tutti. A quel punto il consenso stellare a Lega e M5S precipiterebbe d’un solo colpo. L’esperienza renziana insegna. E Matteo Salvini ha ancora la fotografia dell’altro Matteo sulla sua scrivania? Tutte queste considerazioni le fa. C’è Giancarlo Giorgetti che glielo ricorda. Ancora per un po’ continuerà a tirare la corda. Ma questa può spezzarsi.  E Salvini, che scemo non è, lo sa fin troppo bene. A primavera si andrà al voto anticipato. Questo è certo. “Non può durare. Dura minga, dura no”. Bisogna avere una certa età e avere avuto la fortuna di ascoltare le battute di Ernesto Calindri e Franco Volpi nel Carosello della China Martini per rendersi conto che lo scetticismo è una costante del carattere degli italiani. Agli elettori la sentenza. Che Mattarella non faccia i disastri del suo predecessore al Quirinale, quando Napolitano cacciò Berlusconi da Palazzo Chigi per salvare il salvabile, chiamando in soccorso Mario Monti che rispose immediatamente all’appello e fece il possibile (si rammentino le lacrime di Elsa Fornero) e riuscì nell’intento di invertire la rotta della nave-Italia. Purtroppo la presunzione del bocconiano di potersi sostituire con la sua “Scelta Civica” ai due partiti che nel 2013 erano le forze politiche più rappresentative (Partito democratico e Forza Italia) ha giocato un brutto scherzo a Monti & C. E’ riuscito nell’ardua impresa di favorire la nascita (con la collaborazione a sua insaputa di Pierluigi Bersani) ed il rafforzamento sul piano elettorale di un movimento del “Vaffa…” creato dal nulla dal comico Beppe Grillo. Che oggi sembra avere abbandonato la creatura che ha partorito, il M5S. Fino a quando durerà questa lunga, estenuante, agonia? Il baratro è lì, ad un sol passo.

Marco Ilapi, 7 agosto 2019

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Flat tax, spending review, allarme a Palazzo Chigi

Nei tempi neanche troppo remoti allorquando Lega e M5s erano all’opposizione, risultava un tema assai gradito ai rispettivi leader il taglio delle spese (a loro avviso) inutili: e non a caso entrambi arrivarono a glorificare Carlo Cottarelli. “Il Commissario alla spending review critica il governo che spende quello che non ha, e Renzi come risponde? ‘Fa niente, andremo avanti anche senza di lui’. Altro fallimento, Renzi continua a perdere colpi... Sarebbe quasi divertente, non fosse che con lui anche l’economia sta andando in vacca”. Così scriveva su Facebook, nel luglio 2014, Salvini. Di Maio, invece, si spinse fino ad adottare le ricette di Cottarelli nella campagna elettorale del 2018, promettendo di attuare quel programma (salvo poi dimostrare di non averlo neppure letto, visto che parlava di tagli alla pubblica istruzione che nel programma di Cottarelli non c’erano neppure).

Spending review al palo, le contraddizioni del governo gialloverde

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