Un coniglio dal cilindro del premier

Se non piace il nuovo Senato renziano, «tanto vale abolirlo» è al momento ipotesi residuale, subordinata, ma pronta a diventare addirittura linea politica, se le cose dovessero mettersi male. Ovviamente se Grasso giudicasse inemendabile l’articolo 2, come ha già fatto Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, allora tutto si sgonfierebbe in un attimo. Viceversa il premier è pronto a presentare lui stesso, cioè il governo, degli emendamenti (o farlo fare ad un pezzo del suo partito): molto più drastici di quelli che finora sono stati oggetto di divisioni e incomprensioni all’interno della maggioranza. Del resto una correzione totale di rotta del suo partito, e degli altri partiti della maggioranza, sarebbe facilmente spiegabile agli elettori: una Camera al posto di due, costi della politica dimezzati, semplificazione istituzionale. Insomma una riforma della Costituzione molto più netta e drastica, sistema monocamerale, punto e basta. L'articolo di Marco Galluzzo sul Corriere della Sera.

Renzi vuole abolire il Senato

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Nasce un Senato pasticciato

Riforma del bicameralismo: sarebbe stato, e continua a essere preferibile un’argomentata abolizione del Senato alla quale, in coerenza, né le sinistre interne né i Cinque Stelle potrebbero ragionevolmente opporsi. Ricominciare da capo? Sì, si può e si potrebbe anche procedere in fretta. Fra l’altro, di qui al 2018 di tempo ce n’è a sufficienza. La seconda considerazione è che né le riforme elettorali né, tantomeno, le riforme costituzionali dovrebbero essere utilizzate per la resa dei conti fra gli schieramenti politici né, tantomeno, fra maggioranza e minoranze dentro ciascun partito. Una modifica, possibile e sicuramente, auspicabile, nata male, rischia di finire peggio. L'editoriale del prof. Gianfranco Pasquino sul Messaggero Veneto.

Resa dei conti nel Pd, un male per l'Italia

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Renzi, tanto rumore, risultati ancora pochi

 Il governo Renzi I ha superato la boa dei 500 giorni, e in quest’arco temporale ha messo sotto tiro la scuola, la Pubblica amministrazione, la Rai, il mercato del lavoro, le prefetture, le Camere di commercio, le Province. E ai piani alti del sistema la legge elettorale, il Senato, le competenze delle Regioni. Con quali effetti? C’è una direzione, c’è una parola d’ordine che riassume l’epopea riformatrice?

L'Italia costretta a cambiare da un Renzi che si crede Machiavelli

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