Non bastano le bombe per sconfiggere l'Isis

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Contro il Califfato, se si sceglie la guerra, servono operazioni di terra. Ma se a muoversi fossero solo, o in maggioranza, gli eserciti occidentali il risultato politico sarebbe scontato: una sorta di scontro tra civiltà destinata a radicalizzare fasce sempre più ampie di popolazione mussulmana in tutto il mondo. Anche questo, a ben vedere, è uno degli obiettivi dell’Isis. Coinvolgere gli altri stati islamici è dunque una via obbligata. Ma, va detto chiaro, è pure una via complicatissima. In Iraq gli Stati Uniti non sono finora nemmeno riusciti a ottenere un vero appoggio da parte delle tribù sunnite, hanno speso 500 milioni di dollari per addestrare 60 (sessanta) miliziani siriani in funzione anti stato islamico, e la partecipazione di Emirati Arabi Uniti, Giordania e Arabia Saudita alla coalizione che bombarda i guerrieri è sostanzialmente di facciata. Gli accordi con gli sciiti (che continuano a subire attentati dinamitardi, l’ultimo a Beirut il 12 novembre ha fatto 43 morti) sono poi resi ardui dal loro legame col dittatore siriano Bashar Al Assad, appoggiato da Mosca. È indispensabile, per tentare di mettere assieme il puzzle, che Russia e Stati Uniti finalmente si parlino e trovino una via comune. L'editoriale di Peter Gomez su Il Fatto Quotidiano.

Guerra all'Isis, durarà anni

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Europa, che fatica a capire il mondo!

La strage di Parigi lascerà il segno nel tempo. Non capisco cosa debba succedere perché i nostri governanti europei si sveglino dal lungo torpore che da anni li ha colpiti. L'Isis ha già preannunciato prossimi attentati per Roma, Londra e Washington. In vista del Giubileo della Misericordia c'è da provare tanta angoscia. Si è indifesi di fronte ad attacchi vigliacchi che creano crescenti timori nelle popolazioni interessate dalle loro azioni terroristiche. Saranno pure cellule impazzite, come usano giustificare i cosiddetti Paesi musulmani moderati. Però, a ben guardare, nessuno che ne prenda le distanze o tenti di far qualcosa per impedire altre carneficine. L'Arabia Saudita è silente, così il Qatar, così l'Iran. I Paesi occidentali stanno continuando ad inanellare un errore dietro l'altro. Il Sommo Pontefice piange i troppi morti innocenti. Ognuno pensa ai suoi problemi specifici. La crescita che non decolla (i Paesi Ue), l'aumento preoccupanti dei livelli della disoccupazione, l'immigrazione fuori controllo che solo oggi allarma un po' tutti (dopo che per anni, in particolare nel vecchio continente, ci si è disinteressati del problema, con il trattato di Dublino fuori discussione). Non ci vuole un Satanasso per reagire ai tanti problemi che incombono. L'Europa deve fare un passo avanti gigantesco ma non vuole farlo. E' al di fuori dell'agenda dei 28 Paesi facenti parte dell'Unione. Si proponga la costruzione di un'Europa politica, con tanto di presidente, di governo europeo sul modello americano, con un ministro degli esteri vero e non fasullo, come la Federica Mogherini che conta nel contesto internazionale come il due di briscola, si associ la Russia di Vladimir Putin e si chiuda la Nato, fonte di conflitti tra Usa e Russia e la si smetta di giocare al gatto con il topo. Dove il topo è l'Unione Europea che è un nano sia politico che economico. La Germania la pianti con il suo rigorismo scellerato che negli ultimi tempi ha rischiato di determinare un'ingloriosa fine della creatura voluta da quei grandi statisti del dopoguerra, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Alcide De Gasperi. Perseguendo questo traguardo potrebbe rinascere un interesse per la Cosa Europea. Non basta l'euro. Non basta Draghi. Non basta la Merkel. Non si possono aprire le porte dell'Europa a milioni di immigrati. Non compriamo più petrolio dai Paesi arabi. Può essere un'idea vincente. Azioni così dure, però le può portare avanti solo gli Stati Uniti d'Europa. Riflettiamoci, prima che il baratro cin ingoi tutti.

Marco Ilapi, 15 novembre 2015

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Isis, ormai è guerra di religione

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Siamo di fronte, e non solo nella strage parigina di due giorni fa, ad una guerra globale che, almeno in apparenza, sembra una guerra di religione. Infatti, prima di uccidere le loro vittime, i terroristi dell'Is invocano il loro Dio: Allah è grande, gridano, e poi sparano a raffica o si fanno saltare in aria in mezzo alla gente che hanno scelto come agnelli da sacrificare. Muoiono essi stessi pur di uccidere. Sembra appunto una guerra di religione. L'editoriale di Eugenio Scalfari su la Repubblica.

Parigi, ritorno alle crociate (quando gli infedeli sono i cristiani)

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