La Morale che divide democrazia e dittatura

Tutti gli esseri hanno un’anima e per suo mezzo sentono, godono e soffrono.

Questa è la vita. E la cultura medievale, che ha ancora pregi e valori per l’umanità di oggi, aveva comunque indicato che cosa fosse la morale e in quali modi l’uomo fosse in grado di reagirvi, rendendola tuttora operativa.

Il piccolo gruppo di favole che la tradizione medievale ci ha tramandato aveva come padre Gargantua e i suoi successori erano guidati da Pantagruel, Panurge e fra’ Giovanni. Vivevano in uno strano mondo: il cielo era diventato in molti punti della sua estensione assolutamente ghiacciato e quel ghiaccio aveva racchiuso gran parte delle parole che spiegano la vita. Il ghiaccio non si poteva leggere e il gruppo di Pantagruel era molto infastidito da questa impossibilità.

Ma ce n’era un’altra, egualmente inspiegabile e altrettanto fastidiosa: grandi strade, velocissime a trasportare qualunque persona e qualunque peso, avevano una loro propria direzione: ci si poteva salir sopra ma non discenderne quando si erano messe in moto e avevano una loro destinazione molti e molti chilometri più oltre. Solo lì si poteva scendere. Al contrario, vi si poteva salir sopra in qualunque punto. Si poteva anche fare a meno delle strade. Ma allora bisognava camminare ed evitare aggressioni molto pericolose.

Questa era la situazione così come la cultura medievale ce la consegnò. Moltissimi non la conoscono o la considerano una divertente favola. Altri, tra i quali mi permetto di collocarmi, considerano le “parole ghiacciate” e le “strade velocissime” come due condizioni d’un mondo che riconosce l’importanza della morale. Dunque, vogliamo chiarirla?

La morale è fatta di cento e cento particolari ma la sua essenza si riduce a una situazione decisiva: distingue il bene dal male.

L’Io distingue e salvaguarda la morale individuale.

Il popolo e lo Stato sono gli strumenti per realizzare la moralità collettiva.

Si tratta in realtà di due soluzioni politiche: una sbocca nella dittatura e l’altra nella democrazia. Questa è l’importanza della morale. Eppure ci sono democrazie che in teoria difendono la libertà ma non giovano a una moralità governante con efficacia per la massa dei cittadini. E allora qual è la soluzione? La storia può suggerirci le soluzioni del problema e ne indica da sempre i possibili risultati.

*** A me capita d’esser molto interessato a queste questioni. Perché nel corso di molti secoli il tema porta guerre e paci, amicizie e inimicizie, cultura e ignoranza. La biografia di ciascuna e di milioni di persone potrebbe essere raccontata narrando il confronto, che non ha tregua, non lascia riposo né respiro, tra l’impulso irrefrenabile dell’animale verso la felicità e il meccanismo cerebrale che gli appartiene. Che è cosa sua dietro a quella fronte. Un meccanismo raffinato, che ha confiscato all’animale una parte dei suoi istinti primigeni e governa attraverso la volontà della quale detiene gli strumenti biologici di trasmissione. Quel meccanismo si ritiene orgogliosamente autonomo e anzi sovrano, identificandosi con la complicatissima figura mentale definita con la parola Io.

Al contrario degli uomini, gli animali l’Io ce l’hanno, ma non lo avvertono.

È opportuno leggere i Pensieri che Blaise Pascal ha scritto su argomenti analoghi a quelli che abbiamo fin qui esaminato. Ecco, ad esempio, una frase che merita d’essere meditata: «Si è miserabili perché ci si riconosce miserabili, ma è essere grandi riconoscere che si è miserabili. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo. Se lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo uccide, dal momento che egli sa di morire mentre l’universo non sa nulla. Ma Dio?».

La divinità trascendente entra a questo punto nella questione morale. Scrive Pascal nei suoi Pensieri: «Senza la carità, Dio sarebbe soltanto un idolo. Cristo non è nulla senza la carità ».

Nella sua disperazione verso la morte che su di lui incombe, Pascal sente dentro di sé — e lo scrive — una via di salvezza ed è la Croce e la carità di cui Cristo rappresenta l’incarnazione ed è fonte testimoniale. A 39 anni, l’esistenza di Pascal è minata da un male che i medici non sono in grado di diagnosticare. Lascia la sua abitazione a una famiglia bisognosa e muore dopo pochi giorni a casa di sua sorella dove è stato ricoverato.

Sainte-Beuve in una pagina di grande letteratura con la quale conclude il suo saggio su Pascal, racconta il funerale immaginario di Montaigne. Vi fa partecipare tutti coloro che nel corso del tempo hanno dialogato con lui attraverso il suo libro e nutrendosi del suo pensiero.

In quel funerale immaginario, ci mette Charnon e la signorina de Gournay, Fontenelle e La Bruyère, La Fontaine, Madame de Sévigné, Montesquieu, Rousseau, Molière. Voltaire a parte, nel mezzo. «Il funerale», commenta l’autore di Port-Royal, «non può essere umanamente più glorioso, più invidiabile per l’Io? Tutti conversano del defunto, della sua filosofia che torna in gioco tante volte nella vita. Conversano di se stessi. Nessuno dimentica il proprio debito, ogni pensiero restituisce la propria eco. Chi conducono essi? E dove mai lo conducono? Dov’è la benedizione? Dov’è la preghiera? Io temo che solo Pascal, lui soltanto — se è del corteo — abbia pregato».

C’è di che associarsi a questo finale.

*** La morale perduta è un antico mio libro, ma non è certo quello che voglio qui commentare. La morale usata in certe circostanze si adatta a distinguerle ed esaminarle, ma operando in questo modo noi la usiamo per chiarire alcune questioni con una funzione di secondo grado. La morale, però, va esaminata soprattutto al primo grado. È una finalità, è il centro del discorso. Tutti gli esseri hanno un’anima e l’anima si distingue con la morale. Il Dio Unico è il centro del problema e la morale è di fronte a quel Dio o alla sua inesistenza ed è essa che decide per i mortali.

La morale distingue il bene dal male, ma effettua questa distinzione in modo individuale o collettivo. L’Io è la morale individuale. Quella collettiva è rappresentata dal Popolo e dallo Stato. La prima è democratica, la seconda è una dittatura.

Abbiamo oggi tre figure di notevole importanza che con la morale giocano molto abilmente.

Matteo Salvini, che la morale la porta ovunque con sé, ne fa uno strumento della massima importanza, che chiude i porti e le vie d’ingresso. E usa la morale politica per motivare questo suo atteggiamento col quale spera di convogliare verso il suo partito la maggioranza del voto popolare.

È dubbio che Meloni e il suo partito “Fratelli d’Italia” stiano con Salvini ed è altrettanto dubbio che ci stia Berlusconi. Ma il più dubbio di tutti è Matteo Renzi. Salvini gli piace, i Cinquestelle possono perder voti a suo favore. Se c’è un personaggio da lui detestato è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Renzi e Conte: sono questi i veri avversari.

Conte non ha nulla a che vedere con Renzi, ma Renzi viceversa ha molto a che vedere con Conte.

E Di Maio? Ecco un’altra figurina non priva di peso politico. Sta perdendo voti, ma quelli che gli sono finora rimasti hanno aumentato il loro peso e stanno rafforzando la propria autonomia. Non hanno alleanze, anche se a volte dicono il contrario.

La sinistra si è rafforzata e sta raccogliendo voti di gran peso.

La morale della sinistra è evidente: raccoglie gli istinti democratici del Paese e li convoglia verso movimenti di vario peso e nomi di notevole importanza: a cominciare, oltre che da Nicola Zingaretti, da Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Piero Fassino, Marco Minniti, Carlo Calenda e molti altri sindaci e governatori regionali che coltivano la sinistra democratica e giovanile. La morale è decisiva: la sinistra liberaldemocratica coltiva la moralità politica che fu impersonata a suo tempo da Enrico Berlinguer e da quelli che dopo di lui fecero una forza di rilievo del Partito comunista democratico, che oggi è ancora tra le forze storiche d’un passato più che mai proiettato verso il presente e sperabilmente il futuro. Questa è la moralità storica e di questa siamo i sostenitori. Diderot e Voltaire ci tengono buona compagnia.

Eugenio Scalfari – la Repubblica – 1 marzo 2020

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Quei valori morali che salvano la democrazia

Oggi desidero occuparmi della morale. Mi si obietterà che è un tema largamente conosciuto, non soltanto nella società contemporanea, ma addirittura millenni fa.

Alcuni credono che la morale sia sorta con la paura del tuono, quando gli esseri umani intimoriti si inventarono leggi e comandamenti ai quali obbedire per favorire la felicità collettiva.

Comprendiamo perciò quanto sia necessaria la morale per quel misero animale che è l’uomo: non è possibile abitare il mondo senza far giustizia alla sofferenza degli altri. Se ne deduce dunque che la nascita della morale coincida con la nascita della società e con la necessità che ciascun individuo alla ricerca della felicità propria garantisca quella altrui.

La morale, l’etica, sono parole che non hanno mai avuto tanta popolarità come ai tempi nostri: la sensazione abbastanza diffusa è che la società attuale viva soprattutto dominata dall’egoismo, cioè dall’amore per se stessi. Se così è trionferanno le guerre, l’odio e la tirannide. Per le persone che hanno un minimo di saggezza questo capovolgimento rappresenta il peggio, e in realtà è contro noi stessi, e questo è il tema fondamentale con il quale dobbiamo misurarci.

Il primo a farlo è stato papa Francesco. Si dirà che il capo della Chiesa deve occuparsi della moralità sociale poiché è il suo Dio che lo richiede.

Attenzione però: chi interpreta i voleri di Dio è l’uomo ed è l’uomo a interpretare ciò che Dio vuole. La morale diventa in tal modo uno strumento che fa di ogni uomo un interprete del proprio Signore.

La Chiesa cristiana è stata per secoli e secoli l’interprete della volontà divina, ma a sua volta è stata contrastata in quell’interpretazione dai fedeli che avevano una visione diversa. Il pontefice cattolico aveva Roma come capitale, non soltanto una capitale religiosa, ma politica. Il Papa ha la qualifica di Vescovo di Roma nei confronti del quale infinite volte nella storia religiosa gli altri vescovi hanno esercitato a loro modo la potestà vescovile. Il Papa attuale è uno dei pochi ad avere un senso estremamente moderno della divinità, moderno nel senso morale. Per Lui la moralità riguarda il rapporto sociale tra le persone che differiscono tra di loro, non per la morale, ma per come rapportarsi gli uni agli altri avendo come finalità la reciproca condizione sociale: il ricco aiuti il povero e a sua volta ne abbia conseguenze estremamente positive.

Sull’ Osservatore Romano dello scorso venerdì 7 febbraio c’è un titolo di apertura della prima pagina: "Cinquanta persone possono salvare milioni di vite. Il Papa auspica nuove forme di fraternità solidale, inclusione, integrazione e innovazione".

Dice papa Francesco: «Le cinquanta persone più ricche del mondo da sole potrebbero finanziare l’assistenza medica e l’educazione di ogni bambino povero nel mondo e potrebbero salvare milioni di vite ogni anno». Dati alla mano, papa Francesco torna a denunciare l’iniquità universale di un mondo ricco in cui tuttavia i poveri aumentano portando milioni di persone a essere vittime della tratta e delle nuove forme di schiavitù, lavoro forzato, prostituzione e traffico di organi. Dice il Papa: «Un mondo ricco e un’economia vivace possono e debbono porre fine alla povertà. Si possono generare e promuovere dinamiche capaci di includere, alimentare, curare e vestire gli ultimi della società invece di escluderli. Dobbiamo scegliere a che cosa e a chi dare la priorità: se favorire meccanismi socio-economici umanizzanti per tutta la società o, al contrario, fomentare un sistema che finisce col giustificare determinate pratiche che non fanno altro che auto-violenza sociale.

Dobbiamo essere consapevoli che tutti siamo responsabili. Ciò non vuol dire che tutti siamo colpevoli ma responsabili di fare qualcosa».

***

Abbiamo sin qui ricordato la morale, soprattutto nella visione religiosa e in ciò che ne consegue. Ma c’è una visione diversa che non possiamo certo ignorare ed è quella profondamente laica che si svolge in un mondo dove la divinità trascendente è del tutto inesistente. Personalmente sono stato affascinato dal contrasto tra l’oscura passionalità della natura e la geometrica limpidezza del pensiero astratto. Fin dalla mia prima adolescenza, dai miei primi incontri con la storia delle idee e con i testi nelle cui pagine quella storia era diventata parole, analisi e racconto.

Bisogna avere sempre presente, quando si pensano questi problemi, ciò che disse Cartesio: creò l’Io e fu questa la principale creazione degli uomini, il loro pensiero come prova dell’esistenza razionale. Come ho fin qui ricordato il valore principale dell’esistenza umana è il Potere.

Rappresenta il valore primario senza il quale nessuno degli altri potrebbe neppure esser pensato. Il Potere è lo Stato, la Legge, la potenza individuale e quindi il soddisfacimento dell’amor proprio.

Tenevo qualche anno fa una conferenza su questi argomenti davanti a una ristretta platea dove la classe dirigente era fortemente rappresentata. Avevo accettato di andare a quella discussione e tenerne in qualche modo la presidenza e quindi così conclusi: «Io credo, gentili eccellenze, che voi dobbiate ripristinare qualcuno dei vecchi buoni valori d’un tempo, a vostra protezione e quindi nell’interesse di tutti. I tempi mi sembrano propizi e se ne scorgono già alcuni significativi segnali. Perciò all’opera: socialismo liberale o liberal socialismo. Gioventù che affianchi gli anziani e insieme rappresentino il valore della democrazia».

Eugenio Scalfari – la Repubblica – 9 febbraio 2020

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Francesco e la fratellanza nel Dio unico

Nel presepe anche noi riviviamo l’esperienza di guardare il Bambino Gesù e sentire che il Dio ci sorride e sorride a tutti i poveri della terra, a tutti quelli che aspettano la salvezza, che sperano in un mondo più fraterno dove non ci siano più guerre e violenze», lo ha detto papa Francesco sabato 21 dicembre ai dipendenti della Curia del Vaticano.

Inizio dalle parole del vescovo di Roma, vale a dire il pontefice, che quando fu eletto prese il nome di Francesco d’Assisi, mai usato prima. Gli avevo domandato a suo tempo perché quel nome e lui mi rispose che nessun Papa prima di lui aveva preso quel nome, un nome rivoluzionario e al tempo stesso mistico in ogni atto della sua vita.

Stiamo attraversando un periodo della storia del mondo che è dominato da dittatori, ciascuno dei quali è avversario degli altri o alleato per mantenere il proprio potere assoluto su tutti i sudditi.

Non è un bel periodo da questo punto di vista ma è la trasformazione della società che ha di fatto smarrito la libertà e la democrazia.

Francesco è nel suo campo al vertice di tutti i fedeli, ma non soltanto: è convinto dell’unicità di Dio e per affermare e diffondere questa unicità sostiene la fratellanza e tutto ciò che ne deriva. Ho avuto modo in varie occasioni di incontrarlo e di scambiare con lui le nostre idee.

Lui naturalmente sapeva che io sono un non credente ma questo fa parte della sua predicazione. La sua politica infatti prevede il concetto della fratellanza di tutte le religioni nel nome del Dio Unico in una società che cambia di continuo. Quattro anni fa io riuscii a parlarne con il Papa; desideravo conoscere il suo parere su Gesù Cristo: qual era la posizione del Papa rispetto a quello che per i cristiani è il figlio di Dio. La risposta del Papa fu la seguente: «Quando Dio, che è Unico per tutte le genti di tutto il mondo, ad un certo punto decide di incarnarsi con l’obiettivo di aiutare l’umanità a credere nell’aldilà e a comportarsi adeguatamente, succede che nel momento in cui si incarna diventa un uomo a tutti gli effetti, un uomo in carne ed ossa, un uomo perfino nel pensare e nell’agire.

Cioè è un uomo vero e totale e lo dimostra nell’ultima settimana trascorsa a Gerusalemme, nell’ultima cena, nell’orto dei Getsemani dove prega Dio di esentarlo dall’esser crocifisso ma Dio non gli risponde. Anche sulla croce è un uomo, il quale si rivolge a quello che chiama il Padre e quasi lo rimprovera dicendogli: "Padre, Padre mi hai abbandonato". Era un uomo fino a quando fu messo nel sepolcro dalle donne che ne ricomposero il cadavere.

Quella notte nel sepolcro l’uomo scomparve e da quella grotta uscì in sembianze di uno spirito che incontrò le donne e gli apostoli conservando ancora l’ombra della persona e poi definitivamente scomparve».

In effetti il Dio Unico che papa Francesco predica con la forza che nessun altro aveva impiegato, corrisponde ad una realtà che la nostra mente non può che giudicare perfettamente logica per chi crede in una divinità. Non ci può essere una divinità suprema generata soltanto da un gruppo di fedeli mentre altri gruppi hanno divinità diverse. Finora questo è accaduto, tuttavia papa Francesco è il primo a sostenere l’unicità di Dio sia pure con alcune differenze cerimoniali o anche di visione della divinità propria, ma si tratta di differenze che debbono essere superate. Pensare a un Dio di proprietà di un popolo è insensato e il Papa lo sta smentendo giorno per giorno e non solo con le parole ma con i fatti: abbraccia i musulmani, abbraccia ovviamente gli ebrei; non parliamo dei protestanti cristiani ma con differenze di comportamento nel clero. Il Dio Unico guida tutte le genti e i fedeli sia pure con dottrine e Chiese che differiscono però non possono avere un Dio in proprietà.

Francesco si sposta con una frequenza incredibile in tutto il mondo, in tutti i continenti, visitando tutte le regioni e operando per il loro affratellamento. In taluni Paesi il suo ingresso è stato anche vietato. In Cina per esempio, ma non soltanto. E tuttavia spesso egli ha rotto questo divieto per far arrivare il proprio messaggio alle minoranze e la conferma della fede delle maggioranze cristiane e cattoliche. Questa convinzione che ha un contenuto rivoluzionario viene diffusa dal Papa, alcune di queste religioni hanno fatto un passo avanti verso l’unicità e l’affratellamento, altre invece hanno reagito chiudendosi su se stesse e polemizzando con papa Francesco e dimostrando però in questo modo che la loro religione è una proprietà dei fedeli e non una divinità che sta sopra di essi. Questo riguarda evidentemente religioni molto distanti dal cristianesimo dove invece l’affratellamento con i cattolici è andato molto avanti con Lutero e soprattutto con Calvino. Il calvinismo è fortemente diffuso ormai in America e in Europa ma è molto affratellato con i cattolici. Così pure molti dei protestanti americani e da questo punto di vista l’azione di papa Francesco ha avuto una funzione determinante: cattolici e protestanti sono ormai molto vicini tra loro.

***

Nei primi quattrocento anni dopo la morte di Gesù di Nazareth ci sono state polemiche molto forti ma anche persecuzioni da parte del potere pubblico romano ed anche da parte di vari popoli barbari che percorrevano l’Europa trucidando gli abitanti. Al termine dei primi quattrocento anni dall’inizio del cristianesimo c’è una figura che rappresenta una delle colonne della religione cristiana: Agostino, vescovo di Ippona. Il futuro del cristianesimo fu trasmesso da Agostino e riguarda soprattutto quella che lui chiamò la Grazia. Su questo concetto si aprì una vasta discussione: è il dono trasmesso da Dio alle sue creature. A tutte o ad alcune? Si può violare la Grazia e preferirle il Male oppure chi ha ricevuto quel dono non ne farà mai a meno? E sono scelti da Dio i destinatari della Grazia o sono tutte le creature umane viventi? Questi sono i punti in discussione che Agostino ebbe con tutto il resto del clero, lui stesso in una prima fase oscillò tra le varie tesi ma alla fine scelse: la Grazia è concessa a tutti, ma tutti in qualunque momento della loro vita possono rinunciarvi o violarla senza pentimenti. Possono restare impeccabili come se alla Grazia non avessero mai rinunciato, oppure possono commettere atti che li rendono condannabili dalla sacra giustizia dell’Onnipotente. Questa è la tesi che Agostino trasmise e che molti e molti secoli dopo dette luogo al movimento di Port-Royal des Champs, il giansenismo.

Domandai in uno dei nostri incontri a papa Francesco quale fosse la sua posizione rispetto al tema della Grazia agostiniana ed egli mi rispose che la condivise tant’è che Agostino è il suo Santo del cuore.

In un mondo diviso politicamente come ho già ricordato, con dittature di nazioni e di continenti, la sola parola diffusa ovunque che tende alla fratellanza dei popoli e delle religioni è appunto papa Francesco, il quale ha cercato e in parte è riuscito ad affratellare i protestanti e i cattolici e in qualche modo una parte degli islamici.

Riuscirà ad affratellare le religioni o comunque a diffondere l’idea del Dio Unico? Sembrerebbe di sì.

Ortodossi, anglicani, valdesi hanno compiuto molti passi avanti verso l’affratellamento. In un mondo pieno di guerre e di dittature e di sovranismi Francesco spende la sua vita per accrescere l’affratellamento tra gli umani e in parte notevole c’è riuscito. Ricordo che partecipò alle riunioni dei luterani quando si trattava di santificare Lutero e ha una notevole vicinanza con i calvinisti che furono le vittime della spaventosa notte di San Bartolomeo nel 1572 a Parigi, ma di lì poi si affermarono in molti Paesi avvicinandosi ai cattolici.

La storia non conosce un altro Papa come lui. Ce ne furono di molti positivamente importanti che risolsero problemi fondamentali per la Chiesa di Roma. Uno di essi fu Gregorio VII che risolvette il tema delle investiture e risolse alcuni altri problemi della Chiesa. Ma il lavoro di Francesco è diverso, i problemi interni dell’organizzazione ecclesiastica, che pure devono occupare una parte del tempo del Papa, non sono il tema princip ale della sua vita: è l’affratellamento non solo religioso ma umano dei popoli che riguarda quindi l’impegno di Francesco al cento per cento. È per questo che tra i suoi interessi il principale è l’affermazione del Dio Unico e ciò che inevitabilmente ne deriva. La Chiesa che Francesco ha nell’anima e che in parte ha realizzato è la religiosità unica da diffondere non solo nel mondo cristiano ma nelle religioni che lo costellano e in questa direzione il cammino fatto dal Papa è notevole; non riguarda solo il cristianesimo ma l’umanità nel suo complesso. Probabilmente i suoi successori lo proclameranno Santo ma non è questo che a lui interessa: in un mondo in cui il potere è la forza principale lui vuole diffondere non soltanto il cristianesimo ma la divinità unica e ciò che ne consegue. Gli ho chiesto in uno dei nostri colloqui cosa avverrà della religione quando la nostra specie sarà scomparsa e lui mi rispose che Dio troverà il modo d’esser presente anche in chi verrà dopo gli umani. Per chi guarda lontano nel futuro questa tesi è comunque consolatoria e questo rende il nostro Papa non dico unico a suo modo ma unico da ogni punto di vista nella storia dell’umanesimo. Questo è quello che io da non credente penso di lui e credo che siamo in molti a pensarla in questo modo.

Eugenio Scalfari – la Repubblica – 29 dicembre 2019

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