Niente Ramadan per gli uiguri

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La regione autonoma dello Xinjiang è un deserto ricco di risorse naturali costellato di oasi e circondato su tre lati da catene montuose imponenti. Il Far west cinese, un territorio storicamente conteso tra popolazioni nomadi e sedentarie annesso militarmente alla Repubblica popolare nel 1949 a 3.200 chilometri da Pechino. Un tempo dalla capitale ci si arrivava in tre giorni di treno mentre oggi, con l’alta velocità, ci vogliono solo 12 ore. Così i cinesi di etnia han arrivano a frotte, attirati da incentivi fiscali, opportunità di lavoro e la possibilità di fare affari grazie al petrolio, al gas e al cotone di cui la regione è ricca. Ma gli uiguri quasi non hanno accesso a queste opportunità e, mentre la forbice economica si allarga, le differenze demografiche tra han e uiguri si assottigliano. L'articolo di Cecilia Attanasio Ghezzi su Internazionale.

Uiguri, siamo prima cinesi, o forse no

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Ci vuole un governo mondiale delle monete

In un momento in cui l'incertezza continua a caratterizzare la dinamica di mercati monetari e finanziari, due eventi non convenzionali si sono verificati. Da un lato, il Fondo monetario internazionale ha esplicitamente invitato gli Stati Uniti a continuare il ciclo di espansione monetaria del dollaro, che oramai dura da quasi un decennio, alla luce del rischio che una inversione di tendenza provochi lo scoppio di una nuova bolla, rappresentata dal debito dei Paesi emergenti. Dall'altro lato, la Cina ha altrettanto esplicitamente ringraziato gli Stati Uniti per aver appoggiato il desiderio di far salire lo status della sua valuta nazionale - il renminbi - a moneta di riserva internazionale, al pari di dollaro statunitense, euro, sterlina inglese e yen giapponese. I due fatti sono legati da un filo rosso, rappresentato dalla necessità di definire un ordine monetario internazionale, dopo la scossa tellurica rappresentata dalla Grande crisi iniziata nel 2008. L'editoriale di Donato Masciandaro su Il Sole 24 Ore.

Per disinnescare le bolle finanziarie occorre coinvolgere la Cina

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Ennesimo terremoto sui mercati

 La Cina deve fare la sua parte e deve iniziare a farla subito, ma è chiaro a tutti che solo un forte segnale di cooperazione internazionale potrà impedire che l’instabilità diventi contagiosa e, per esprimerlo, bisogna che Stati Uniti e Europa usino le leve della politica e dei tassi con la visione e il pragmatismo necessari. Non devono consentire che bolla e speculazioni della tempesta perfetta tornino a tracimare sull’economia reale, la debole crescita mondiale non ne sopravviverebbe. Ci potremmo consolare dicendo che sono i tedeschi più che gli italiani a soffrire per il rallentamento dell’economia cinese, ma a parte il fatto che i sub-fornitori dei tedeschi che esportano in Cina siamo noi, è evidente che un ulteriore indebolimento del ciclo mondiale spazzerebbe in un solo colpo la già fragile ripresa italiana. Un motivo in più per non limitarsi a cambiamenti di facciata, in casa come in Europa. L'editoriale di Roberto Napoletano su Il Sole 24 Ore.

Il pachiderma cinese terrorizza i mercati

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