Il lungo viaggio di Verdini verso il Pd

Verdini e il premier si conoscono da una vita, probabilmente da prima che il presidente del Consiglio debuttasse in politica. Di sicuro la conoscenza risale ai tempi della sua iniziale esperienza da amministratore, quando divenne presidente della Provincia di Firenze. Ma ciò che conta e rafforza il rapporto sono le primarie con cui Renzi divenne sindaco di Firenze. Bisogna tornare indietro di qualche anno, ossia al 2009, quando il Pd decise di consultare la base per scegliere il candidato di Palazzo Vecchio. L'editoriale di Maurizio Belpietro su Libero.

Gli amori di Verdini per il Pd (oggi) di Renzi, ieri di Bersani

Leggi tutto...

Se Renzi è a Palazzo Chigi il merito è di Beppe Grillo

Il premier deve teere presente che senza il clamoroso successo elettorale dei Cinque Stelle nelle elezioni del 2013 e la conseguente sconfitta (perché di una sconfitta si trattò) di Pier Luigi Bersani e del partito da lui guidato, Matteo Renzi non avrebbe potuto vincere le successive primarie, non sarebbe diventato segretario del Pd, non sarebbe al governo. Furono la crisi e lo sbandamento indotti fra i militanti e gli elettori democratici da quel risultato a spianargli la strada. Tolto il caso dei true believers , dei veri credenti (quelli che credevano e credono nei Cinque Stelle e nei loro programmi), è un fatto che coloro che, in quelle elezioni, votarono Grillo con il solo scopo di scatenare una reazione all’interno della classe politica tradizionale, ottennero il risultato voluto: l’arrivo di Renzi ne fu una diretta conseguenza. M a c’è anche una seconda ragione per cui Renzi deve essere grato a Beppe Grillo. Ha precisamente a che fare con i sondaggi testè ricordati. Fin quando il movimento Cinque Stelle continuerà ad essere percepito come il più temibile competitor del Partito democratico, Renzi potrà rivendicare la propria indispensabilità: una variante aggiornata della «diga» incarnata dalla Democrazia Cristiana agli occhi degli elettori ai tempi della Guerra fredda: vade retro Partito comunista allora, vade retro Cinque Stelle oggi. L'editoriale di Angelo anebanco su Corriere della Sera.

Renzi deve ringraziare il M5S

Leggi tutto...

I compiti a casa di Renzi, consigli non richiesti

 

 

Matteo Renzi è certamente un ragazzo intelligente, è riuscito in un’operazione grandiosa. Dopo l’insuccesso nelle primarie del partito democratico del 2012 in cui si era scontrato con Pierluigi Bersani, l’ex primo cittadino di Firenze ci ha riprovato l’anno seguente e l’esito è stato a lui favorevole. Certo a votare non si sono recati soltanto gli iscritti al partito (alla Ditta), ma anche altri simpatizzanti del giovane rottamatore. Questo particolare, un  po’ trascurato dai commentatori, ha fatto la differenza. Adesso è in sella al Pd, non ha mollato la segreteria, si è circondato di yes men/woman, ha conquistato Palazzo Chigi e non ha alcuna intenzione di lasciare la presa. Alla Leopolda il premier ha tranquillamente ammesso di avere fatto un’Opa sul Pd e che l’operazione ha avuto un buon esito

Metà degli elettori di Cuperlo (il 48%) era composta da iscritti al Pd, mentre più di tre quarti di quelli di Renzi e di Civati si erano dichiarati non-iscritti. Le differenze fra i candidati appaiono evidenti dagli orientamenti politici. Gli elettori di Cuperlo sono concentrati a centrosinistra e a sinistra (90%, distribuiti quasi equamente tra le due aree dello spazio politico), quelli di Civati soprattutto a sinistra (57%). Dove si colloca una componente significativa di elettori di Sinistra e Libertà. Renzi, invece, è rimasto saldamente ancorato a centrosinistra (50% dei voti), ma attingendo consensi anche al centro (18%). Nella sua base, non per caso, appare ampia (31%) la quota dei cattolici praticanti (Ilvo Diamanti,  la Repubblica, 9 dicembre 2013) .

La scoppola delle regionali dovrebbe indurlo a riflettere. La possibilità di continuare a pescare sul versante destro dello schieramento politico sembra in via di esaurimento. Se il centrodestra si riunisce, come ha mirabilmente fatto in Liguria, le possibilità per il partito della Nazione di Matteo si assottigliano, stante l’avanzata della nuova Lega Nord a guida Matteo Salvini. A questo punto Renzi deve fare un’attenta riflessione. Con il Pd deve guardare più al centro che a sinistra? A mio avviso non deve farlo. Si proponga alcuni obiettivi. Non facili da perseguire.

Problema immigrazione: ascolti il grido di allarme di interi strati di cittadini. Si imponga a Bruxelles, minacci ricatti, non versi contributi alla Ue in mancanza di precise assunzioni di responsabilità da parte dell’Unione sul modus operandi sulle tragedie dei mille barconi affollati di uomini, donne e bambini disperati che lasciano le loro terre per inseguire prospettive migliori nel Vecchio Continente. Dublino deve essere riscritta. L’Italia non può più sostenere il peso di queste ondate di profughi.

Tasse: cerchi di abbassarle

Spesa pubblica: c’è il dossier Cottarelli, cincischi di meno e ne segua le direttive. Tagliare il moloch della spesa pubblica che ha superato abbondantemente gli 800 miliardi di euro non dovrebbe essere complicato. Qualsiasi azienda, in crisi, accetta di vedersi tagliato il budget dei costi del 10-20% per affrontare le difficoltà Sempre che lo si voglia. Lo si vuole veramente? Non pare proprio.

Lavoro: cassi la cassa integrazione a gogò (fonte di sprechi da decenni per aziende decotte e tenute in vita con la respirazione bocca a bocca) e istituisca il reddito di cittadinanza proposto dai Cinque Stelle.

Pensioni: estenda il metodo contributivo a tutti i lavoratori. Risulterebbe, infatti, che stante l’attuale normativa, a regime il metodo contributivo entrerà in vigore soltanto nel 2050 (Fonte Inps).

Se Renzi vuole recuperare il terreno dei consensi perduto, deve darsi una mossa e fare quel che Gerard Schroeder ha fatto in Germania nel 2003. Il suo esecutivo deve essere composto da personalità di primo piano e non da suffraggette e suffraggetti. Come l’attuale. Vanno bene, benissimo, le donne, purché competenti. I risultati elettorali del Veneto dovrebbero suggerire al buon Matteo la strada da seguire. E non vanno bene i trasformismi. Sono da condannare. L’avesse attuato Silvio Berlusconi il comportamento di Renzi, l’Italia tutta sarebbe scesa in piazza, costringendo il capo del governo a desistere. La maggioranza non c’è più? Si va a nuove elezioni. In Israele è così. In Spagna è così. In Grecia è così. E la democrazia e non gli intrighi di palazzo che lo vogliono.

Marco Ilapi

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .