Il tradimento di Matteo

Fra le varie voci circolate in proposito non sono mancate quelle circa un presunto addendum degli accordi fra l’ex sindaco di Firenze e Silvio Berlusconi, che avrebbe riguardato proprio il futuro assetto dell’Eni in chiave di continuità non tanto aziendale quanto scaroniana. Fantasie? E a questo proposito sarebbe anche interessante conoscere fino in fondo quale fosse la posizione dell’azionista, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, al momento della scelta. Di sicuro non poteva essere ritenuta motivazione accettabile la necessità di garantire un passaggio di consegne senza scossoni. Così Sergio Rizzo sul Corriere della Sera.

Renzi e la rottamazione, ormai è già passato remoto

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Renzi non ha più alibi

Le sfide di Matteo, da far tremare i polsi di qualsiasi statista (e Renzi non lo è): l’ammontare esorbitante della spesa pubblica, i costi e gli eccessivi poteri delle Regioni, l’eccessivo prelievo fiscale sul lavoro nelle sue varie forme e le norme sui contratti di lavoro, l’ordinamento giudiziario, la chiusura corporativa degli ordini professionali, lo strapotere paralizzante dell’alta burocrazia, la scarsa efficienza di tutte le pubbliche amministrazioni con la farraginosità spesso assurda delle procedure. È un elenco da far tremare le vene ai polsi: per la complessità di ognuna delle materie indicate, ma soprattutto per la forza e la determinazione delle categorie, degli interessi, dei gruppi di pressione, che - è fin troppo facile prevederlo - sentendosi ogni volta minacciati dal minimo cambiamento saranno pronti, come hanno già fatto mille volte, a scendere sul sentiero di guerra contro il governo servendosi di tutti i mezzi. Così Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera. 

Il premier dica chi non vuole le riforme

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Il sogno infranto di Matteo

Matteo sta sbagliando tutto o quasi. L’entusiasmo che lo ha circondato negli ultimi anni sembra scemare, giorno dopo giorno. Il trionfo alle europee non lo ha aiutato. L’ex sindaco ritiene, a torto, che oltre il 40% degli italiani abbia attribuito un consenso stratosferico. Non è così, visto che milioni di concittadini non sono andati alle urne. Perché diffidano di una classe politica che ha dato pessima prova di sé. Renzi ha ingaggiato una dura battaglia con l’Europa ma ha già perso in partenza. Parole al vento, le sue. Voleva la Mogherini quale alto rappresentante della politica estera europea pur sapendo che questo ruolo è vuoto di poteri reali, perché ogni Stato membro detta le linee guida della propria politica estera. Avrebbe potuto (e dovuto) pretendere un dicastero economico di peso e se lo è lasciato sfilare dai francesi. Tante chiacchiere sul semestre italiano che già volge al termine  e non si è concluso ancora nulla. La verità è che le chiavi della Ue sono in mani tedesche e Angela Merkel non consentirà mai che i Paesi in difficoltà possano ottenere ciò di cui hanno disperato bisogno: un allentamento del rigore che sta portando decine di milioni di cittadini d’Europa alla disperazione. Sono più di sei anni che il vecchio continente è in chiara difficoltà. Attenti osservatori hanno fornito suggerimento sulle ricette da adottare. L’esempio di quanto hanno fatto Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna per uscire dalla violente crisi economica che si è abbattuta sul mondo intero non è stato seguito. L’Europa si appresta a leccarsi le sue ferite, pur sapendo non si rimargineranno tanto presto. A meno che…  i 28 Stati che costituiscono l’Unione Europea non rinsaviscano e rimettano in discussione i patti federativi e segnatamente i vincoli sottoscritti a Maastricht più di un ventennio fa e che sono la camicia di forza da cui è impossibile districarsi senza mandare all’aria il processo di integrazione europea. Che fa, in ogni caso,acqua da tutte le parti. Perché non chiedere alla Germania ed ai piccoli (ma agguerriti) Paesi nordici di uscire dall’euro? Renzi dovrebbe cambiare passo e avere il coraggio di pretendere che sia la signora Angela Merkel ad abbandonare la barca che rischia il naufragio. La Gran Bretagna non ha aderito all’euro, ebbene, la Germania si riprende il suo adorato marco (e chi vuole la segua) e ci lasci un euro più debole. Ricordo che, tempo addietro, il cambio euro/dollaro è stato di 1 a 1. Noi abbiamo un euro sopravalutato di un abbondante 30 %. Cosa potrebbe accadere se questo tasso di cambio potesse essere conseguito? Le nostre esportazioni (come quelle francesi, spagnole e portoghesi) riprenderebbero vigore e vitalità, l’occupazione (in particolare quella giovanile) aumenterebbe ed il reddito degli italiani tornerebbe a livelli precrisi. Ovviamente le riforme richieste dall’Europa (nessun Paese è un isola) vanno comunque fatte. Se Matteo Renzi riesce ad imporre una strategia diversa da quella che sta portando avanti, bene, altrimenti ci aspetteranno tempi ancor più bui. Le riforme della legge elettorale e del Senato sono importanti, ma quel che è determinante è una crescita dei livelli occupazionali che può garantire un aumento del reddito di decine di milioni di italiani. Perché tutti sanno che negli ultimi sei anni chi aveva un reddito molto elevato (sopra i 5 mila euro/mese) ha visto crescere la propria ricchezza, gli altri l’anno vista diminuire in maniera assai sensibile. Per adesso non si avvertono segnali di un miglioramento della situazione economica del Belpaese. Anzi, tutto il contrario. La gente è ogni giorno che passa, Renzi o non Renzi, sempre più pessimista. Un avvertimento al premier? Ascolti maggiormente chi dissente da lui. Diffidi da coloro i quali fanno i corifei della sua politica. Fare il sindaco è una cosa. Fare il premier è un’altra, ben più impegnativa.

Marco Ilapi

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