Misteri della politica internazionale

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    Come noto, molte nazioni, fra cui gli USA, Gran Bretagna, etc., evidentemente con la giustificazione della guerra in Ucraina, non hanno inviato i loro rappresentanti alla cerimonia ufficiale per il giuramento di Vladimir Putin per il suo quinto mandato presidenziale. Alcuni giorni prima, il neo e poco convincente Ministro degli Esteri britannico, David Cameron, ripescato da Rishi Sunak come salvagente politico, si aggirava a Kiev accompagnato da Volodimir Zelenski nella sua ormai stabile maglietta verde scuro. Si suppone che ne abbia una buona scorta. Come il teatro di questo individuo non solo non cessi ma gli consenta ancora di farsi ricevere in giro per l’Europa e di ricevere miliardi di aiuti dalle destinazione peraltro opache rimarrà come uno degli enigmi  di questo periodo di follia collettiva.

      Il confronto fra la visita di David Cameron e le più dignitose immagini della cerimonia russa rende ancora più patetica la curiosa ostinazione britannica di supporto al regime ucraino, che tutti dimenticano aver messo al bando i partiti dell’opposizione e i social media indipendenti. Tale visita ricorda quella di Boris Johnson, prima della sua umiliante estromissione da Downing Street, quando egli si precipitò in Ucraina a dissuadere Kiev dall’arrivare ad un armistizio con la Russia. Fu una delle tante sue malefatte, che però avrebbero contribuito al perdurare dell’attuale disastro ucraino. Ovvero, la favola e la frode secondo cui i Russi sono cattivi e che con le armi dell’Occidente l’Ucraina vincerà la guerra. Raramente, falsità e stupidaggini simili sono state diffuse con analoga disinvoltura. Non è ben chiaro come facciano i sedicenti uomini politici di Bruxelles, incluso l’improbabile e fosco Jen Stoltenberg, Segretario della NATO, a reiterare queste falsità e a continuare a fomentare una guerra perduta e che non doveva mai nascere.

     Mentre quindi rimane la domanda cosa ci vadano a fare gli uomini politici britannici in Ucraina, visto che sono da tempo senza Impero e senza un’India da proteggere, il mistero si infittisce, se si pensa alla profonda crisi sociale e politica della Gran Bretagna, sotto gli occhi di tutti salvo che degli Inglesi. Ovviamente, la stessa domanda potrebbe essere fatta sul perché gli USA, con tutti i loro problemi interni (invasione di migranti, criminalità dilagante, inflazione infrastrutture decrepite, polarizzazione politica ai limiti dello scontro)  trovino il tempo per intromettersi nelle vicende politiche di Taiwan oltre che di quelle europee. L’importanza commerciale e strategica dei mari di Taiwan è infatti solo una risposta di comodo e l’atteggiamento americano attuale non si discosta molto da quello ormai dell’Ammiraglio Perry, che nel 1853 si presentò di fronte alla baia di Tokyo per minacciare il Giappone che non apriva le sue frontiere al commercio americano. Non risulta che l’ammiraglio sia crepato di faccia tosta.

     Visto che ben poco è cambiato nella narrativa e versione ufficiali che riguardano l’Ucraina, anche qui siamo di fronte al mistero di come la reale causa di tanta follia, e cioè, il demenziale e spudorato allargamento della NATO, rimanga sepolta in un oceano di ipocrisia. Per non parlare dell’esistenza stessa della NATO, un vero e proprio cancro  che ha finito per sovrapporsi all’Unione Europea. Una confusione senza precedenti.

     Pertanto, il come gli Stati Uniti giustifichino l’allargamento della loro Dottrina Monroe (guai a chi ficca il naso nell’America del sud”) rimane anch’esso un mistero…

    Alla lunga serie di misteri europei poco onorevoli si aggiungono inoltre quelli della disastrata regione chiamata Medio Oriente.

    Dubbi e poco trasparenti sceicchi, unicamente forti dei loro non sudati petrodollari, manovrano dal Golfo Persico, facendo perlomeno il doppio gioco o forse anche il terzo (vedi Katar). Ovviamente, folgorati dai grattacieli avveniristici, nessuno menziona il gregge umano schiavizzato, di provenienza asiatico-egiziana, grazie al quale funziona tutta la Penisola araba. Più a occidente, un supposto alleato NATO (vedi la Turchia) riceve con tutti gli onori esponenti di un gruppo terrorista (Hamas), i quali godono un dorato e miliardario esilio nel Golfo Persico. Sono costoro a fornire al mondo e a servizievoli mass media di parte (vedi la BBC) i dati sui civili palestinesi periti nella guerra. Solo recentemente, la BBC ha dovuto ammettere che in quei morti vi sono anche innumerevoli guerriglieri e uomini armati. Nel frattempo, tuttavia, quei numeri non depurati di Hamas hanno fatto il giro del mondo e sono uno dei fattori che hanno contribuito ai deliri studenteschi di persone che verosimilmente non hanno la più pallida idea della storia della regione. Singolare coincidenza, così come avviene per l’Ucraina e per l’oblio sul ruolo destabilizzante della NATO, anche le torme di dimostranti pare abbiano dimenticato del tutti gli ostaggi detenuti da Hamas e abbiano sposato l’obiettivo comune di molti estremisti arabi e anche dell’Iran: la dissoluzione dello Stato di Israele.

      Sotto certi aspetti, anche questi sono misteri e vi è da chiedersi se essi siano dovuti solo all’ignoranza oppure alla malafede o semplicemente alla stupidità.

     La recente risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU riguardante l’accoglimento dell’Autorità Palestinese come membro permanente dell’organizzazione è probabilmente un buon esempio della confusione e degli stravolgimenti che ormai sono diventanti la moda nelle relazioni internazionali.  Aggiungere alla moltitudine di pseudo Stati o Stati di comodo ma sostanzialmente pedine di pochi “Grandi” una nuova entità senza una specifica e documentabile storia e identità nazionale, senza definititi o definibili confini geografici e cresciuta attorno a un’ideologia di odio e risentimento verso Israele e per tutto ciò che non è Islamico non eliminerà certo il problema della regione.

     Non basterà la creazione di uno Stato palestinese, fra l’altro, con tutte le poco sottostimabili carenze e i vuoti sopra menzionati, a risolvere il problema di fondo, che è quello del riconoscimento e della pacifica accettazione dello Stato di Israele da parte di tutti gli Stati arabici e islamici della regione.

     Finco a che ciò non avverrà, quella dei due Stati è solo retorica e un esercizio da tavolino senza fondamento e senza successo. Anzi, rischia di aggravare il male.

Antonello Catani, 15 maggio 2024

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Come far pagare a Putin la guerra imperialista all’Ucraina

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L'Ucraina, grazie, all'Occidente, ha resistito, ma non basta, occorre fare di più

La Russia ha invaso illegalmente l’Ucraina e ha commesso crimini contro l’umanità, nessuno può negare questi drammatici fatti, tranne che in Corea del Nord, tra gli ayatollah sciiti che uccidono le donne colpevoli di sciogliersi i capelli e nei talk show italiani che fanno una grottesca parodia del discorso pubblico (...) L'Europa, gli Stati Uniti e gli altri stanno aiutando, ma con maggiori difficoltà e lentezze di prima, intanto perché l'attenzione geopolitica del mondo si è spostata sul quadrante mediorientale, dove gli alleati di Putin – Iran e Hamas – hanno organizzato una caccia agli ebrei che non si vedeva dai tempi dei loro precursori nazisti («loro» qui è inteso come di Iran, di Hamas e anche di Putin) (...) La presidenza spagnola del semestre europeo ha già proposto di usare questi 300 miliardi per aiutare l'Ucraina, mentre il nuovo ministro degli Esteri britannico David Cameron ha appena detto che è doveroso farlo e che non ci sono impedimenti giuridici o morali sufficienti a sostenere il contrario. Il commento di Christian Rocca su Linkiesta.

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E Brexit sia! E adesso, Bojo?

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Chiusa l’incertezza sulla Brexit che si aprì, inaspettata, con le elezioni di due anni fa. Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito uscirà dalla Ue. Peraltro, la chiara vittoria permetterà a Johnson di ignorare le ali più estremiste del suo partito e la stampa eurofoba, sia perché non gli servono più i voti dei brexitisti duri, sia perché questi, a loro volta, non vorranno opporsi a un leader chiaramente popolare con l’elettorato. Il commento di Gianni De Fraja su La Voce.

Johnson da un calcio all'Unione Europea

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