Ucraina: la fossa dell’Europa

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      Il cervellotico progetto di ingresso della disastrata Ucraina nella non meno disastrata EU continua a germogliare.

      Alcune proiezioni al riguardo sono degne di attenzione. Secondo una stima del Think Thank (gruppo di esperti) belga Bruegel, per esempio, il costo della progettata adesione ucraina alla UE potrebbe aggirarsi intorno ai 136 miliardi di euro, senza tuttavia contare almeno 450 miliardi per la sua ricostruzione. L’ingresso, continua il rapporto, avrebbe tutta una serie di effetti allargati. Per esempio: diminuzione di erogazioni ad altri membri poveri della UE, riduzione del PNL EU per capita, probabile emigrazione di milioni di Ucraini in cerca di lavoro verso altri Stati Europei.

      A parte queste poco incoraggianti previsioni finanziarie, il rapporto riconosce che la fase di partenza dell’Ucraina “è molto, molto debole”, data la gestione pubblica  di scarso livello, gli alti livelli di corruzione e il dominio degli oligarchi. Inoltre, sempre secondo il rapporto, il protrarsi della legge marziale ha alterato l’equilibrio del potere fra le istituzioni e non è chiaro quando essa terminerà e che effetto ciò avrà in futuro. In altre parole, “L’elemento cruciale è cosa succederà con lo Stato di diritto e con la democrazia in Ucraina.” Curiosamente, il rapporto non sembra prendere in considerazione l’effetto boomerang sull’economia agricola europea. L’Ucraina, come si sa, è una delle maggiori produttrici mondiali di grano e di cereali. Inevitabilmente, essa farebbe concorrenza ai produttori agricoli degli altri Paesi europei, che già oggi protestano. Vi è qualcuno che se ne preoccupa?

     Partorito a Bruxelles e quindi vicino al cuore della UE, il rapporto è comunque significativo e anche così tradisce candidamente i dubbi e i rischi collegati all’inserimento dell’Ucraina nella UE. La sensazione è però che li tradisca per difetto e che le conseguenze per l’Europa possono essere rovinose. Fra l’altro, a parte le suddette inevitabili concorrenze agricole, il rapporto omette di menzionare  i giganteschi aiuti militari e di sostegno già sopportati dalla UE e dai Paesi della Nato, che si aggirano nelle centinaia di miliardi di euro.

     Da qualsiasi parte si osservi lo scenario, insomma, un’adesione cervellotica e senza senso e una voragine di cui non si vede il fondo e soprattutto di cui non si vedono i risultati, a parte l’inconfutabile equazione “più armi = più morti.” Anche di questa sinistra equazione nessuno sembra preoccuparsi, cosa che autorizza a pensare che i politici che giocano a Bruxelles hanno molto pelo sullo stomaco.

      In quanto alle previsioni sulla sconfitta della corruzione, il ripristino dello Stato di diritto e della democrazia, solo un ingenuo o un fanfarone o uno in malafede può asserire che l’ingresso trasformerà automaticamente e miracolosamente l’Ucraina.

     La realtà è verosimilmente meno idilliaca: la voragine sarà senza fondo e destinata ad aumentare, allo stesso modo del debito pubblico italiano, anch’esso frutto di disinvolte ed irresponsabili politiche economiche travestite da impegni sociali (la pseudo industrializzazione del sud, l’abnorme apparato amministrativo, le sovvenzioni assistenziali anche alle imprese e ai giornali, etc). Anche supposto che a suo tempo l’Ucraina entri nella UE, a parte la suddetta voragine finanziaria, un altro non meno negativo effetto non mancherà di ripercuotersi nel resto della UE: un flusso di massa di migranti alla ricerca di lavoro. Considerando il livello di disoccupazione attuale e il già esistente flusso senza fine di immigranti in Europa, non ci vuole molta fantasia per immaginare gli effetti di ulteriori immigrazioni ucraine.

    E’ tipico dei dilettanti o degli irresponsabili il vezzo di adottare misure dalle conseguenze catastrofiche. Un esempio calzante è la spartizione della Siria subito dopo la I Guerra mondiale. Gli attuali pasticci e caos nella regione sono in buona parte dovuti alla leggerezza e supposta astuzia con cui alcuni impiegati dei vari Ministeri degli Esteri tracciarono a tavolino dei confini senza né capo né coda. La frenesia o meglio l’isteria pro-ucraina è ormai una malattia europea, assieme all’irresponsabile politica in tema di immigrazione.

      Quello che stupisce è l’apatia e l’ignoranza dell’opinione pubblica, che solo qua e là o in certi Paesi percepisce i pericoli della situazione e il crescente rischio di un coinvolgimento militare europeo. Non meno stupefacente è l’asinina ostinazione con cui molti presunti responsabili europei continuano a coltivare e difendere vere e proprie allucinazioni, e falsità quali “la vittoria finale dell’Ucraina” e il bieco disegno di Putin di “conquistare l’Europa”. Solo degli imbecilli o dei furfanti possono mettere in circolazione simili assurdità. Sta di fatto che alcuni dei suddetti pseudo-responsabili, come Josip Borrell, possono anche impudentemente minacciare di rifiuto (dal progetto di adesione) nazioni come la Georgia, il cui unico peccato (ovvero virtù) è quello di pretendere trasparenza negli interventi finanziari da organizzazioni straniere. Se si pensa che quest’ultimo è anche fautore dell’invio di istruttori militari europei in Ucraina, bisogna ammettere che Jens Stoltenberg ha trovato un impareggiabile cugino e alleato di irresponsabilità. Un altro personaggio inutile e pericoloso.

     In mezzo a tanta desolazione politica, a tanta imperterrita stupidità, consola sentire un inglese come Nigel Farage, che, per quanto acerrimo propugnatore del Brexit, ha in questi giorni affermato che “in fondo è stata l’Europa a provocare la guerra in Ucraina”. Si merita un premio.

     In conclusione, grazie a dei burocrati irresponsabili e poco saggi, l’ingresso dell’Ucraina nella UE ha tutti i crismi per essere la fossa dell’Europa.

Antonello Catani, 27 giugno 2024

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La sindrome di Stoltenberg

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Come noto, s’intende per “sindrome” un complesso di sintomi di varia natura che caratterizzano un quadro clinico e che tradiscono una situazione patologica o comunque negativa.

        Nel nostro caso, essa prende il nome dall’attuale Segretario della Nato, Jens Stoltenberg, verosimilmente il personaggio più inutile oggi in Europa ma anche uno dei più sinistri e pericolosi. Da nove anni docile cameriere di un’istituzione militare di fatto controllata dagli USA, i suoi incoraggiamenti all’ingresso di sempre nuovi membri nella Nato e i suoi costanti incitamenti al riarmo  anche atomico “per la difesa dell’Europa” fanno di costui una miccia vagante. In ciò, egli non si differenzia da un altro personaggio non meno pericoloso e disastroso per l’Europa, l’ex attore-marionetta Volodymir Zelensky, che nonostante non sia più neanche il legittimi presidente dell’Ucraina, nonostante abbia istituito la legge marziale e messo al bando i partiti dell’opposizione, nonostante l’immane sperpero di miliardi ricevuti di cui si ignora la destinazione finale, nonostante mandi al fronte dei ragazzi imberbi a morire e sia insomma un disastro anche per il suo Paese, viene inspiegabilmente ricevuto come un martire-prezzemolo in parlamenti e vertici mondiali (vedi per esempio Svizzera e G7). Caratteristiche non molto dissimili si ritrovano del resto in un altro personaggio, e cioè, l’ex Presidente della Commissione Europea,  Ursula Von Der Leyen, di cui è difficile individuare i meriti ed è stata accanita fautrice di sanzioni senza fine anti-russe. Il risultato è notorio: le sanzioni hanno solo irrobustito la Russia e hanno messo in ginocchio l’economia europea.  La farina del diavolo…Il fatto che sembra esistano possibilità che questa signora possa ottenere un secondo mandato la dice lunga sull’intelligenza e livello di molti rappresentanti della UE.  

        La sindrome si manifesta dunque tramite individui, ma essi sono solo cellule di fenomeni più strutturali e complessi. La patologia del sistema e quella degli individui si auto-stimolano, si intrecciano e si sommano.

       Di incalcolabile effetto sono infatti la continuata esistenza della Nato, la sua cervellotica  espansione, i suoi catastrofici interventi in giro per il mondo, (vedi Libia e Serbia), la sua stessa composizione e i suoi incestuosi intrecci con la UE. Tutti questi fattori sono parte integrante della sindrome in questione. Essa include infatti anche la EU, non a caso diventata sotto vari punti di vista una sovrapposizione politica della Nato. Salvo alcune rare eccezioni, quasi tutte le nazioni della UE sono anfatti nche membri di quest’ultima. Le eccezioni sono del resto significative. Per quanto tutti facciano finta di ignorarlo, la presenza nella Nato di Canada e USA, ovviamente assenti nella UE, è un surreale (e impudente) fossile della seconda guerra mondiale, mentre la presenza  della Turchia (che ogni giorno che passa si allontana sempre più dalla saggia visione laica di Kemal Ataturk)  è dovuta a una strategia di contenimento dell’allora Unione Sovietica e quindi ora della Russia.

        La fine della II Guerra mondiale provocò nell’élite dirigente americana una sorta di “sbronza della vittoria” che a sua volta innescò due fenomeni: la paranoia del “primo della classe” (leggi: predominio mondiale) e lo smisurato potenziamento dell’apparato militare americano anche a guerra finita (il cosiddetto military-industrial complex). La Nato è il frutto di tale sbornia e di tale paranoia ed è il paravento con cui gli USA hanno continuato ad esercitare il loro predominio in Europa, condizionando e manipolando la politica e la stessa economia europea anche dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, cosa che aveva dato all’istituzione una certa sua logica.

       Il fatto che tale istituzione abbia quindi continuato ad esistere e anzi ad ampliarsi e a promuovere adesioni anche a est (Paesi baltici e progetti per l’Ucraina e Georgia) è la vera causa dell’attuale guerra in Ucraina e delle disastrose conseguenze economiche, politiche e sociali  per l’Europa. Anche senza le rivelazioni di Seymour Hirsch, sono infatti evidenti i collegamenti fra il sabotaggio del Nord Stream con gas russo a buon mercato e l’ostilità anti-russa americana, diventata ancora più isterica sotto l’attuale Amministrazione di Washington. Quasi inutile sottolineare qui come le mani di Joe Biden, ormai affetto da demenza senile, e dei suoi Consiglieri, assieme a quelle del citato attore in maglietta sono lorde di sangue. Paradossalmente, l’opinione in questione è espressa proprio da uno stuolo di osservatori americani, per i quali nulla di ciò sarebbe avvenuto, senza la colossale stupidità delle pretese di accogliere sempre nuovi Stati nella Nato. In questo caso, anche l’Ucraina e anche la Georgia. Quella che la narrativa corrente in proposito definisce come “invasione”, affermano i suddetti osservatori americani del resto ben noti (vedi John Mearsheimer, Jeffrey Sachs  e molti altri ancora) è stata in realtà “una reazione“alla demenziale spavalderia di un’élite di paranoici pseudo-strateghi a Washington.

       Questa è tuttavia solo una parte della medaglia. Assieme alla contaminazione e collusione con la Nato, esistono infatti anche ulteriori sviluppi e fenomeni patologici in seno alla UE. Essi sono endemici e strutturali.

      A una immotivata spinta ad est della Nato ha infatti corrisposto una crescente devoluzione di poteri e competenze dalle singole nazioni alla UE. Dal Trattato di fondazione della Comunità Europea del 1957 fino a quello di Maastricht del 1992 e a quello di Amsterdam del 1997-1999, l ’area di competenza di quella che era nata come una pura associazione economica si è allargata a dismisura fino ad includere anche aspetti giuridici, amministrativi e politici. Progressivamente, l’istituzione si è sempre più allargata, sostituendosi tendenzialmente alle legislazioni e prassi nazionali, diventando un vero e proprio controllore delle rispettive indipendenze e politiche ma senza un corrisponde valore aggiunto. Una costante e progressiva ramificazione e sopravvento su entità precedenti, tipica di certi processi fisiologici di natura patologica come le moltiplicazioni cellulari di natura cancerogena.

      Come avviene con tutte le organizzazioni ma anche con gli organismi naturali, anch’essa produce quindi strumenti e funzioni che ne rafforzano la legittimità, il potere di coazione e gli strumenti di sopravvivenza. In tale strisciante attività, essa si avvale di una vera e propria classe di Mandarini, che godono di eccezionali privilegi, ma sono infinitamente lontani dagli antichi Mandarini cinesi, che erano dei reali professionisti delle conoscenze.  In ogni caso, sfruttando l’ignoranza, l’apatia e la distrazione delle masse, la classe in questione è ormai usa ad imporre misure molto spesso puramente ideologiche o elaborate a tavolino o ad istituire ulteriori derive burocratiche come la Corte di Giustizia Europea, tendenzialmente sovrana rispetto alle Corti nazionali. Da qui, le imposizioni ai trasgressori e le pene e le multe, assimilabili per certi versi ai ricatti: tipiche, le pressioni verso Paesi come la Polonia e l’Ungheria, rei di non assoggettarsi ai dettami comunitari.

      Quello del cosiddetto “diritto di asilo”, contestato o comunque limitato da certi Stati  come Polonia o Ungheria, costituisce un appropriato esempio degli equivoci e delle deformazioni che, diventati norma, inquinano le attività della UE. L’inerente confusione fra perseguitati politici, cercatori di fortuna, fuggitivi da zone di guerra e semplici migranti, assieme alle disinvolte decisioni di vari responsabili del momento, ha infatti consentito un caotico afflusso senza precedenti di milioni di individui che non solo hanno appesantito le finanze dei singoli Stati ma che in buona parte erano e sono inassimilabili. Gli esempi della Svezia e degli innumerevoli “auto-ghetti” sparsi in Europa fanno testo.

      In realtà, l’Africa esporta le sue tensioni sociali e il Medio Oriente prosegue l’opera dei primi Califfi islamici.

      L’irresponsabilità ammantata di moralismo dei Mandarini della UE al riguardo è tuttavia impregnata di ipocrisia. L’inaudito flusso di migranti è anche il frutto dei disastrosi interventi militari Euro-Americani in Libia, Afganistan, Iraq e Siria placidamente o comunque docilmente assorbiti dalla UE senza recriminazioni e proteste analoghe a quelle odierne anti-russe. La stupidità dello sfascio della Libia ruppe gli argini con l’Africa sub-sahariana. Gli interventi a 3 o a 4 in Siria spinsero milioni di individui a nord. Lo scempio americano in Iraq fece lo stesso.  

      Prima ancora delle sue masochistiche scelte in particolare degli ultimi due anni (vedi le controproducenti sanzioni anti-russe, la perdita del gas russo a buon mercato, e una deliberata e irresponsabile porosità immigratoria), assieme alla già menzionata contaminazione con la Nato, proprio certe caratteristiche strutturali dell’istituzione  ne tradiscono significative anomalie.

      L’Unione pretende infatti di imporre misure centralizzate, ma non ha un esercito centralizzato. Essa è composta da Stati eterogenei per dimensioni, popolazioni e culture e basi economiche. Le sue entrate sono rappresentate dai versamenti dei singoli Stati (le tasche dei contribuenti) mentre le uscite obbediscono a criteri di tipo dottrinario e dogmatico ma non testate in base ai risultati economici e alle singole esigenze e diversità sociali. Vale la filosofia dell’omogeneizzazione e dell’unificazione, che di fatto è quella del gregge.

     Le relative erogazioni o la loro sospensione obbediscono inoltre a criteri che nulla hanno a che vedere con l’economia ma soprattutto con la politica. Come prima menzionato, le erogazioni o le sospensioni possono infatti assumere la natura d veri e propri ricatti. Lo squilibrio strutturale favorisce la pressione sui membri più piccoli in modo tale da ottenere maggioranze formali di comodo a seconda delle occasioni.

       La ripartizione dei seggi del Parlamento europeo non è proporzionale alla popolazione, cosa che attribuisce un peso innaturale ai voti dei Paesi più piccoli.

      In sostanza, con la sua pletora di organi, col suo gigantesco apparato burocratico Unione Europea costituisce una sorta di doppione a distanza delle varie entità nazionali. Quest’ultimo tende a fagocitare sempre più funzioni, senza per questo eliminare gli squilibri e le anomalie sopra citati e soprattutto senza eliminare la patologica contaminazione con la Nato. Il vantaggio dell’assenza di frontiere doganali è insomma pagato a caro prezzo, un prezzo spropositato. Un’entità che doveva avere scopi di efficienza sociale ed economica è diventata un ricettacolo di politici mediocri e di dilettanti pericolosi.

       La sindrome di Stoltenberg è uno dei virus di Bruxelles. Troppi Europei, sempre più vacanzieri e in genere manipolati o indifferenti, favoriscono la diffusione del virus.  

Antonello Catani, 18 giugno 2024 

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Ipocrisie e ambiguità di un mandato di arresto

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Come noto, durante una conferenza internazionale tenutasi a Roma nel 1998, venne ufficialmente approvata la costituzione di una Corte Criminale Internazionale col compito specifico di perseguire individui colpevoli di genocidio, aggressione e crimini di guerra e contro l’umanità. La sua giurisdizione è limitata solo ai suddetti crimini e a patto che essi siano stati commessi nel territorio di un Paese firmatario. Vale la pena di menzionare come molti Paesi, fra cui Cina, Stati Uniti, Russia, India e Israele, oltre a buona parte degli Stati africani non hanno aderito allo Statuto relativo. Altri si sono ritirati o stanno per farlo.  Tutte queste nazioni, che rappresentano oltre la metà della popolazione mondiale non riconoscono quindi l’organismo in questione. Da notare che in quest’ultima metà sono incluse le nazioni che veramente contano nello scacchiere mondiale, mentre nell’altra metà sono incluse un gran numero di nazioni politicamente deboli e di recente formazione.  Non stupisce che la Corte sia stata accusata di colpire in particolare presunti criminali soprattutto di nazioni africane.

      In altre parole, poiché tutti gli Stati hanno di solito un sistema giudiziario capace, almeno in teoria, di perseguire crimini individuali, il suddetto organismo, formalmente super partes e che costa circa 150 milioni di euro all’anno costituisce un esempio della moltiplicazione dei funghi burocratici pour épater le bourgeois.

      Pochi giorni or sono il Pubblico Ministero della suddetta Corte, Karim Khan, cittadino britannico di origini pachistana e musulmano, ha richiesto un mandato di arresto per il Primo Ministro e il Ministro della Difesa israeliani oltre che di vari esponenti di Hamas, tutti accusati dei crimini sopra menzionati. Più precisamente, i dirigenti israeliani sono accusati di genocidio, di affamare intenzionalmente la popolazione, di sterminio e persecuzioni nei confronti dei civili. Lo stesso procuratore ha affermato di essere arrivato alle sue conclusioni dopo aver ricevuto il parere favorevole di vari giuristi di fama internazionale, fra cui la moglie dell’attore George Clooney, libanese e con madre palestinese e di religione sunnita.

     A suo tempo, la stessa Corte aveva emesso un mandato di arresto per Vladimir Putin, accusato di deportazione di bambini dall’Ucraina in Russia. Mentre Putin non è stato arrestato ed è del tutto improbabile che mai lo sia, vale la pena di menzionare come l’effettiva deportazione e il numero dei deportati fossero basati su accuse Ucraine mai comprovate da fonti indipendenti. Lo stesso vale per il numero dei morti a Gaza, fornito da Hamas e che secondo fonti dell’ONU deve essere dimezzato, senza dimenticare che esso comprende anche i guerriglieri morti di Hamas.

     Fatte queste brevi premesse, riorniamo ora al suddetto mandato di arresto e alle sue zone grigie.

      La prima osservazione è come mai una simile richiesta di arresto dei responsabili di Hamas non è stata fatta subito dopo la strage del 7 0ttobre 2023 e venga fatta solo adesso. Già allora gli autori della strage e i loro mandanti e i numeri erano identificabili, mentre d’altra parte nessuna operazione militare era stata ancora intrapresa da Israele. L’attuale tardiva equiparazione  criminale appare banalmente opportunistica e conforta l’idea che l’imputazione anche di Hamas sia solo un escamotage per meglio difendere la neutralità e fondatezza della richiesta di arresto nei confronti degli uomini politici israeliani.   

     La seconda osservazione è come mai la Corte in questione si sia dimenticata di prendere provvedimenti analoghi sempre nel 2023 in occasione delle repressioni in Iran e dell’arresto di decine di migliaia di civili e dell’esecuzione capitale  di oltre 500 persone.

Tanto più che già allora il ruolo dei vari responsabili iraniani nella destabilizzazione dello Yemen e del Libano e il sostegno logistico di Hamas non erano un segreto per nessuno.         

     La terza osservazione riguarda una questione di fondo ancora più vasta, e cioè, il contesto delle operazioni militari a Gaza e che sono all’’origine delle accuse di genocidio. Nel caso specifico non abbiamo infatti nessun scontro di eserciti, come era invece avvenuto nei vari conflitti fra Stati arabi e Stato di Israele. I guerriglieri di Hamas non agiscono infatti allo scoperto, ma sono mimetizzati e nascosti nel tessuto urbano. Tunnels, case, ospedali sono basi di guerriglia. In altre parole, l’esercito israeliano ha di fronte un gruppo armato che usa la popolazione civile come scudo. La tragica inevitabilità di morti e distruzioni è poco sottostimabile. Nello stesso tempo, nonostante le accuse contrarie, non solo la popolazione civile è stata sistematicamente invitata ad allontanarsi dalle zone che ospitano i militanti di Hamas, ma ingenti quantità di aiuti ai civili sono state fatte  pervenire a Gaza da Israele. Ben altri comportamenti (Napalm e indiscriminati bombardamenti a tappeto) nei confronti dei civili furono a suo tempo adottati dagli Stati Uniti in Corea e Vietnam e ancora prima, negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, in Giappone. Gli Inglesi fecero lo stesso in Germania, ad Amburgo e Dresda. La differenza si commenta da sé.

     La cosa sorprendente è che nessuno recrimina sulla strategia di Hamas di usare come scudo la popolazione civile né si registrano dimostrazioni in giro per il mondo per condannare l’eccidio del 7 ottobre e per reclamare la restituzione degli ostaggi.  Nessuno sofferma inoltre sul fatto che Hamas si auto-installò con prepotenza a Gaza e si è sempre proposta come l’alternativa armata e da Guerra Santa rispetto alla più moderata Autorità Palestinese. In altre parole, un movimento settario e fanatico, votato non all’istaurazione di una convivenza pacifica con Israele ma alla sua distruzione fisica con il sostegno e l’approvazione del regime iraniano. Che quest’ultimo miri alla totale distruzione di Israele è stato riaffermato anche in questi giorni dallo stesso “leader supremo” Khamenei.

    Non meno sorprendente ma anche tragico è il fatto che gli abitanti di Gaza non abbiano voluto, saputo o potuto dissociarsi dalla tirannia di Hamas, che li usa come carne da macello.

     In questa situazione, le dichiarazioni secondo cui Israele ha il diritto di difendersi, ma  deve comunque limitare o cessare le operazioni militari non hanno senso e sono ipocrite.

     La nozione di ipocrisia e di due pesi e due misure non viene a sproposito e valgono alcuni esempi.

     Subito dopo la sua istituzione, la Corte Criminale ebbe un’ottima opportunità di richiedere l’arresto di tutti i responsabili NATO che autorizzarono i selvaggi bombardamenti a tappeto delle città della Serbia, durati tre mesi. Non solo l’opinione pubblica mondiale rimase tiepida o indifferente, ma la Corte Criminale non mosse un dito nei confronti dei suddetti responsabili, così come non mosse un dito riguardo alla pretestuosa invasione dell’Iraq che fece oltre 100.000 morti.

     Si possono inoltre menzionare analoghe significative omissioni nei confronti dei Curdi. Nonostante tali loro caratteristiche e le violente persecuzioni di cui sono stati e sono oggetto soprattutto da parte della Turchia ma anche dell’Iraq, nessun tribunale internazionale ha pubblicamente condannato le nazioni che si oppongono a una loro indipendenza e che li perseguitano né la loro causa loro causa ha attirato entusiasmi popolari pari a quelli esibiti oggi per gli abitanti arabi della Palestina.    

     Se ora riorniamo alle richieste del Pubblico ministero della Corte Criminale, dovrebbe apparire evidente quanto esse siano pretestuose e di parte e sostanzialmente demonizzino non solo i due responsabili israeliani ma l’esistenza stessa di Israele. A tale ambigua e poco neutrale condanna si aggiunge adesso anche il riconoscimento dello “Stato palestinese” da parte di Irlanda, Norvegia e Spagna. Riconoscimento surreale e non meno pretestuoso per vari motivi. Innanzitutto, contrariamente ai già menzionati Curdi, dietro l’aggettivo “Palestinese” non esiste alcuna reale e specifica lingua o identità storico-nazionale ma solo un nome geografico. In secondo luogo, non si capisce a che territorio effettivamente il suddetto riconoscimento, a quale formazione politica, a quale struttura amministrativa e a quale ideologia. Nulla di tutto ciò esiste o è chiaro. Tenendo conto che i supposti difensori di Gaza sono i terroristi di Hamas, che contendono il potere all’Autorità Palestinese, il riconoscimento in questione corrisponde al riconoscimento anche di Hamas. Come quindi molti si freghino le mani per tale surreale assurdità è un misteto.

     In realtà, la richiesta di arresto e adesso anche il suddetto unilaterale riconoscimento nascondono e mistificano  il vero cuore del problema.  Dietro la facciata dell’etica e dei cosiddetti “diritti umani”, oggi usati come etichetta copri-tutto, sta infatti riemergendo con rara intensità un mai sopito odio e livore nei confronti degli Ebrei. Da sempre, nei tempi di crisi, essi sono diventati un capro espiatorio e percepiti come i responsabili dei mali in corso.

    L’analisi potrebbe fermarsi qui e limitarsi a sottolineare l’intervento settario di un organismo politicamente manovrabile e l’illusione che possa realisticamente esistere uno Stato palestinese indipendente senza la partecipazione negoziale di Israele.

    L’attuale guerra e le relative tensioni dissimulano tuttavia un altro livello, non appariscente ma non per questo meno determinante.

    Nonostante le apparenze, nessuno Stato arabo è realmente interessato agli abitanti della Palestina.  Non a caso, nessuno li invita o li ospita, Iran incluso, mentre Giordania ed Egitto hanno fermamente escluso di accettare degli immigrati. La “causa palestinese” è però un prezioso e utile strumento emotivo di aggregazione delle popolazioni musulmane dal Marocco all’Iran. Pilotando e avallando ii furore delle masse nei confronti di Israele, tutti i relativi regimi rafforzano il consenso. Ecco quindi anche un’ex potenza imperiale come la Turchia, a suo tempo combattuta dagli Arabi - vedi il famoso Lawrence d’Arabia – difendere i Palestinesi e sostenere i terroristi di Hamas.

    La verità di fondo è che Israele interrompe la continuità territoriale e ideologica degli Stati musulmani dal Marocco fino alla Penisola araba e all’Iran. Sarebbe ingenuo sottostimare questo fattore, che offre enormi opportunità di distrazione popolare dagli stringenti problemi della sopravvivenza quotidiana. A questo proposito, il clamoroso iato fra il livello materiale di vita del comune cittadino di tali Stati e quello dei loro governanti  non è un mistero per nessuno. Il sostegno agli Arabi della Palestina e l’ostilità nei confronti di Israele sono insomma alimentati e favoriti da un fanatismo settario analogo agli squallori della lotta europea alle eresie, alle streghe, etc., ma poggiano inoltre su un terreno ancora più complesso fatto di orgogli nazionalistici e ideologici e soprattutto di calcoli politici.

     Le analogie con la manipolazione dell’opinione pubblica nei confronti della Russia sono evidenti. In entrambi i casi, oltre al football, ai concorsi canori e ai cellulari, un’ostilità sistematicamente rinforzata nei confronti di Mosca o anche di Pechino viene sfruttata da molti governi occidentali come uno strumento di distrazione e aggregazione  popolare.

Antoneo Catani, 30 maggio 2024

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