L'Unione Europea ha capito che deve cambiare registro

L’Europa ha saputo reagire a una sfida drammatica, ma il momento in cui dovrà decidere se diventare politicamente più integrata - con chi ci sta - o continuare sulla via di una razionalizzazione di mercato controllata dai governi, non è eludibile all’infinito. La Conferenza sul futuro dell’Europa voluta da Macron è come un fiume carsico, che appare e scompare, ma è il luogo giusto dove cominciare a farlo. La crisi ha dimostrato quanto la dimensione comunitaria sia fondamentale per l’Italia, aldilà delle ubbie sovraniste; chiedere a un governo diviso su tutto di farsi parte attiva di una riflessione che ci tocca direttamente sarebbe troppo, ma ascoltare seriamente dovrebbe essere possibile. Il commento dell'ambasciatore Antonio Armellini su Huffington Post.

"Ragazzi rinchiusi nel Palazzo serve, eccome!"

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L'ammonimento della Ue all'Italia

L’accordo sul Recovery fund ammanetta i sovranisti. Con l’Italia commissariata, vincolata alla restituzione dei prestiti e all’aumento dei contributi al bilancio Ue fino al 2057, qualsiasi programma politico che non preveda la genuflessione ai diktat di Bruxelles e Berlino sarà neutralizzato. E per circa 40 anni a questa parte. Il commento di Alessandro Rico su il Giornale.

L'Unione Europea non darà soldi all'Italia se alle politiche vincerà il centrodestra

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Fare le riforme. Facile prometterle. Difficile realizzarle

Una storia che l'Italia conosce molto bene. L'ha vissuta durante il secondo dopoguerra, quando il Paese cambiò volto in pochi anni.I 209 miliardi in arrivo per l’Italia sono una occasione straordinaria, ma anche una enorme tentazione di accentramento di potere, per chi ne deciderà l’uso e la destinazione. (...) Il piano Marshall originario fu un’opera collettiva di una classe dirigente riformista, cattolica, liberaldemocratica, motivata da interessi e valori che servivano a indicare gli obiettivi su cui sarebbero arrivati gli aiuti economici. Nell’Italia 2020 c’è il Parlamento in via di disarmo, alla vigilia di un referendum devastante, i corpi intermedi della società civile ridotti a corporazioni di particolarismi e disfatti da decenni di abbandono, una pubblica amministrazione senza orizzonte. (...) Un Piano per le Riforme ha bisogno di riformisti che sappiano scriverlo e poi realizzarlo. E per fare questo non basta neppure il Recovery Fund. Forse servirà davvero rimandare a Next Generation. Il commento di Marco Damilano, direttore de L"Espresso.

Non si fanno le riforme, pochi le vogliono

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