Cambi di casacca al Senato: una vergogna tutta italiana

Effetto calamita di Matteo Renzi. Fuga dal M5S. Gli eletti in Senato erano 54, ma tra espulsi e fuoriusciti volontariamente, oggi sono rimasti in 39. L’ultima a fare le valigie è stata Cristina De Pietro. Quasi tutti gli ex M5S sono finiti nel gruppo Misto (solo un senatore, Battista, è passato al gruppo delle Autonomie, in maggioranza), ma anche lì c’è stata una spaccatura tra i dissidenti. Il dissenso del dissenso. E così si è formata la componente Movimento X (Romani, Pepe, Mussini, Bignami), quella di Italia Lavori in Corso (Bencini, Bocchino, Campanella, Casaletto, De Pin e Orellana) e i «cani sciolti» (Anitori, De Pietro, Gambaro e Mastrangeli). Solo cinque, invece, le defezioni alla Camera: tutti nel gruppo Misto, tranne Zaccagnini che pochi giorni fa ha aderito a Sel. Così Marco Bresolin su La Stampa.

E' ripartita la saga Voltagabbana a Palazzo Madama

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Il sogno infranto di Matteo

Matteo sta sbagliando tutto o quasi. L’entusiasmo che lo ha circondato negli ultimi anni sembra scemare, giorno dopo giorno. Il trionfo alle europee non lo ha aiutato. L’ex sindaco ritiene, a torto, che oltre il 40% degli italiani abbia attribuito un consenso stratosferico. Non è così, visto che milioni di concittadini non sono andati alle urne. Perché diffidano di una classe politica che ha dato pessima prova di sé. Renzi ha ingaggiato una dura battaglia con l’Europa ma ha già perso in partenza. Parole al vento, le sue. Voleva la Mogherini quale alto rappresentante della politica estera europea pur sapendo che questo ruolo è vuoto di poteri reali, perché ogni Stato membro detta le linee guida della propria politica estera. Avrebbe potuto (e dovuto) pretendere un dicastero economico di peso e se lo è lasciato sfilare dai francesi. Tante chiacchiere sul semestre italiano che già volge al termine  e non si è concluso ancora nulla. La verità è che le chiavi della Ue sono in mani tedesche e Angela Merkel non consentirà mai che i Paesi in difficoltà possano ottenere ciò di cui hanno disperato bisogno: un allentamento del rigore che sta portando decine di milioni di cittadini d’Europa alla disperazione. Sono più di sei anni che il vecchio continente è in chiara difficoltà. Attenti osservatori hanno fornito suggerimento sulle ricette da adottare. L’esempio di quanto hanno fatto Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna per uscire dalla violente crisi economica che si è abbattuta sul mondo intero non è stato seguito. L’Europa si appresta a leccarsi le sue ferite, pur sapendo non si rimargineranno tanto presto. A meno che…  i 28 Stati che costituiscono l’Unione Europea non rinsaviscano e rimettano in discussione i patti federativi e segnatamente i vincoli sottoscritti a Maastricht più di un ventennio fa e che sono la camicia di forza da cui è impossibile districarsi senza mandare all’aria il processo di integrazione europea. Che fa, in ogni caso,acqua da tutte le parti. Perché non chiedere alla Germania ed ai piccoli (ma agguerriti) Paesi nordici di uscire dall’euro? Renzi dovrebbe cambiare passo e avere il coraggio di pretendere che sia la signora Angela Merkel ad abbandonare la barca che rischia il naufragio. La Gran Bretagna non ha aderito all’euro, ebbene, la Germania si riprende il suo adorato marco (e chi vuole la segua) e ci lasci un euro più debole. Ricordo che, tempo addietro, il cambio euro/dollaro è stato di 1 a 1. Noi abbiamo un euro sopravalutato di un abbondante 30 %. Cosa potrebbe accadere se questo tasso di cambio potesse essere conseguito? Le nostre esportazioni (come quelle francesi, spagnole e portoghesi) riprenderebbero vigore e vitalità, l’occupazione (in particolare quella giovanile) aumenterebbe ed il reddito degli italiani tornerebbe a livelli precrisi. Ovviamente le riforme richieste dall’Europa (nessun Paese è un isola) vanno comunque fatte. Se Matteo Renzi riesce ad imporre una strategia diversa da quella che sta portando avanti, bene, altrimenti ci aspetteranno tempi ancor più bui. Le riforme della legge elettorale e del Senato sono importanti, ma quel che è determinante è una crescita dei livelli occupazionali che può garantire un aumento del reddito di decine di milioni di italiani. Perché tutti sanno che negli ultimi sei anni chi aveva un reddito molto elevato (sopra i 5 mila euro/mese) ha visto crescere la propria ricchezza, gli altri l’anno vista diminuire in maniera assai sensibile. Per adesso non si avvertono segnali di un miglioramento della situazione economica del Belpaese. Anzi, tutto il contrario. La gente è ogni giorno che passa, Renzi o non Renzi, sempre più pessimista. Un avvertimento al premier? Ascolti maggiormente chi dissente da lui. Diffidi da coloro i quali fanno i corifei della sua politica. Fare il sindaco è una cosa. Fare il premier è un’altra, ben più impegnativa.

Marco Ilapi

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Renzi è il momento di fare delle scelte

Hanno ragione i dirigenti del partito democratico che contestano gli atteggiamenti un po’ sbruffoni del premier Renzi. Il premier si è tenuto l’incarico di segretario del partito per evitare che la guida dello stesso potesse cadere in mani nemiche (Cuperlo? Civati?...). L’Italia non è la Gran Bretagna, dove il segretario del partito che vince le elezioni diventa, in automatico, anche capo dell’esecutivo. La storia della democrazia inglese è piuttosto diversa da quella nostrana. In Albione non sono presenti quella quarantina di partiti e partitini che sconvolgono (è il caso di sottolineare) la vita politica del Paese. In Italia bastano un Mastella, un Bertinotti , un Casini o un Fini qualsiasi per mandare a carte quarantotto un governo che, al suo nascere, può contare su una maggioranza più che solida. Si è approvato, in prima lettura, l’Italicum ma, la sensazione più diffusa, è che sia una legge elettorale addirittura peggiorativa rispetto al vituperato Porcellum. Si sta cercando di modificare la struttura del Senato della Repubblica, ma anche in questo caso il grado di insoddisfazione della cittadinanza è palpabile: si sta consegnando un grande potere (anche legislativo su questione fondamentali per la convivenza civile) a rappresentanti dei consigli regionali che certamente non hanno dato prova di particolari virtù. I casi Fiorito, Renzo Bossi e Cota gridano vendetta. Quasi tutte le regioni hanno parecchi scheletri nei loro armadi. La magistratura se ne sta occupando da qualche anno. Renzi ha voluto abolire le provincie ma i risparmi dove sono? Avrebbe, a mio avviso, pretendere una riorganizzazione dello Stato su basi più ampie e proporre la creazione delle macroregioni, come suggerito anni addietro dalla Fondazione Agnelli. I risparmi sarebbero stati ben più consistenti. Com’è possibile tenere in piedi due regioni come la Valle d’Aosta ed il Molise che, insieme, non fanno gli abitanti di una media città italiana? Renzi deve accettare una guida collegiale del suo partito e non cadere nella trappola che gli sta tessendo Silvio Berlusconi in combutta con Angelino Alfano, i quali si stanno accordando per riunificare tutto quel che resta del centrodestra e alla luce del sole. Come mai non se ne accorge? Ha, evidentemente, cattivi consiglieri intorno a sé. Finirà come Mario Monti e come Enrico Letta. O fa le riforme che urgono al Belpaese o si prepari a fare le valige. Si rammenti che anche il prof. Monti ha goduto di una lunga, lunghissima luna di mele con i partiti e con l’elettorato si di centro sinistra che di centrodestra. Gli italiani ancora lo sostengono, ma possono anche all’improvviso decidere di voltargli le spalle. Sono creduloni sì, ma quando la misura è colma… Lo hanno già dimostrato parecchie volte. Va bene insistere sugli 80 euro, va meno bene sostenere che il suo governo non ha aumentato le tasse. La Tari e la Tasi che sono sono? Matteo ha fatto tante (troppe) promesse. Il difficile è, adesso,  realizzarle. Enrico Letta (hastag Enrico, stai sereno…) si starà sbellicando dalle risa, perché il premier che lo ha defenestrato in modo brutale da Palazzo Chigi non ha ancora mantenuto una promessa che è una. Il Senato sta ancora lì. Ce ne vuole perché sia di fatto cancellato. La legge elettorale, uguale. Il Jobs Act, idem. Di presidenti del consiglio che hanno promesso mirabilie (non ultimo l’ex Cavaliere, disarcionato da … se stesso) per riportare il Belpaese ai grandi fasti del passato (ormai quasi remoto) ce ne sono stati molti. Lo stesso Mario Monti aveva incautamente parlato di “una luce in fondo al tunnel della crisi”. Siè visto come sono andate le cose. Come stanno andando le cose. Un sano scetticismo non guasta nell’ascoltare le parole del nostro premier. Renzi incominci a circondarsi di persone competenti e capaci e non solamente di belle statuine. Prima di lui lo aveva fatto Berlusconi e si sa come le cose sono andate a finire. Impari ad ascoltare chi vuole davvero bene al Paese. Eviti le rotture frontali e ascolti chi vuole il bene dell’Italia. Il premier eviti di restare sul piedistallo in cui il disfacimento dei partiti (tutti o quasi) lo ha inconsapevolmente aiutato ad installarsi per evitare il fracassarsi le ossa quando il vento soffierà contro, se le sue tante (troppe) promesse non si realizzeranno. Come i suoi oppositori auspicano. Come i suoi tanti sostenitori temono. Il matrimonio in vista tra Fi e Ncd non promette nulla di buono per il segretario del partito democratico. Matteo faccia l'interesse degli italiani o non gli interessi della sua bottega fiorentina.

Marco Ilapi

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