La batosta che Matteo non si aspettava

Che il Pil sia ulteriormente sceso non era previsto da nessuno. Temuto sì, ma non previsto. Ovvio che i gufi aspettassero al varco il dato Istat sulla crescita del prodotto nazionale per il secondo trimestre per incastrare un premier un po’ troppo furbetto e che un giorno sì e l’altro pure lasciava capire che la situazione economica dell’Italia era perfettamente sotto controllo e che a fine anno gli indici avrebbero dato ragione a lui ed al superministro Padoan. Putroppo i gufi erano annidati a Palazzo Chigi. Se Renzi, insieme al sodale Padoan, non volta pagina, i triste destino del Bel Paese è già bello e segnato. In previsione un autunno caldo, con i sindacati sulle barricate ed elezioni nella prossima primavera e non è affatto detto che a stravincerle sarà il partito democratico. Intanto continuiamo a baloccarci sulle riforme del Senato e della legge elettorale, considerando che siano la panace di tutti  mali italiani. Non è così. Da mesi non si parla d’altro. La situazione economica è nuovamente sull’orlo del precipizio e bisogna reagire immediatamente. Occorre affrontare di petto il nodo della riduzione dell’elevatissima pressione fiscale, non più tollerabile. Risponde a verità che le tasse le pagano i soliti noti (lavoratori dipendenti e pensionati), che l’evasione fiscale ha raggiunto vette assurde (c’è chi quantifica in oltre 150 miliardi il gettito che sfugge al Fisco), che il costo della corruzione supera ormai i 60 miliardi di euro l’anno, che il fatturato della Malavita SpA (completamente esentasse) ha raggiunto 1 136 miliardi di euro, e che appare necessaria una svolta. E’ anni che ci si crogiola in dibattiti che non risolvono i problemi. Sarebbe opportuno che il premier impostasse una legge di stabilità in cui al centro inserisse l’obiettivo di una drastica riduzione del peso dello Stato con diminuzione immediata del prelievo fiscale su tutti i redditi, aderendo magari alla richiesta della Lega Nord che ha proposto un’aliquota fissa del 20% che potrebbe permettere a chi evade (e si sa che sono tanti, tra imprenditori e liberi professionisti, commercianti e artigiani, perché negarlo?) di mettersi in sintonia con una nuova stagione di fedeltà fiscale. Renzi imiti Reagan degli anni Ottanta. Questo per un periodo di 5 anni. Dopo si cambierà registro. L’Italia è con l’acqua alla gola. Il paese non ce la fa più. E la prima mossa spetta al governo. Si è in piena emergenza. E quest’emergenza dura da oltre 7 lunghi anni. Ne è passata di acqua sotto i ponti: governo Berlusconi-Tremonti, governo Monti-Grilli, governo Letta-Saccomanni e, oggi, governo Renzi-Padoan. Qualcosa non funziona in questo martoriato paese. Chi dirige il concerto a Palazzo Chigi è Matteo Renzi. Tocca a lui ammettere il segno di un fallimento della sua proposta poitico-programmatica (l’Enrico stai sereno deve diventare un Matteo stai sereno…) e finalmente cambiare registro, e anche (perché no?) alcuni musicisti della sua orchestra. Il paese gliene sarà grato.

Marco Ilapi

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Responsabilità civile dei magistrati, chi sbaglia paghi

Troppi errori giudiziari, anche i magistrati devono pagare (se sbagliano). Il caso di Giovanni Novi, e se ne potrebbero citare tanti altri, deve farci riflettere. Il presidente del porto di Genova  era stato accusato di innominabili nefandezze, arrestato e, dopo anni, prosciolto dalla Suprema Corte di Cassazione. Non è possibile andare avanti di questo passo. Non vogliamo riferirci ai fatti in cui a trovarsi coinvolto in vicende giudiziarie è l’ex premier Silvio Berlusconi, questo no. Però sussistono con frequenza casi di malagiustizia in cui vengono letteralmente travolti persone comuni, come, appunto, il signor Giovanni Novi di Genova. Si ricorda la vicenda di Enzo Tortora, completamente prosciolto da ogni accusa e che, però, è finito in carcere (come Novi) ed, in conseguenza, ne ha subito drammatici contraccolpi che lo hanno condotto, ancor giovane, al camposanto. Anche Novi ha perduto la moglie e, per anni, ha dovuto subire l’ignominia della galera e l’allontanarsi di amici e conoscenti (succede sempre così: quando sei forte, quando sei in auge, hai un nugolo di amici intorno a te, quando cadi in disgrazia, nessuno ti guarda più in faccia). Non, non si può più ammettere tutto questo. I magistrati che sbagliano, dolo o meno, devono pagare con la cacciata dall’ordinamento giudiziario. Così che a fare i pm e i giudici siano i magistrati più in gamba e non i cialtroni che ogni tanti sputano sentenze che neanche stanno in piedi, costruite a tavolino giusto per far parlare di sé e, magari, fare qualche scatto di carriera. Magari la maggioranza degli operatori di giustizia sono pure bravi e inattaccabili sotto il profilo professionale. Ma ci sono stati (troppi) casi di pubblici ministeri che hanno imbastito processi temerari  che sono lentamente evaporati per inconsistenza probatoria, magari dopo lungi anni di tribolazione per i malcapitati nelle loro grinfie (e che però hanno causato danni irreparabili per molte persone), di giudici che hanno fatto sentenze da fare accapponare la pelle a loro colleghi più avveduti  e questi hanno avuto addirittura avanzamenti di carriera. Il caso Enzo Tortora insegna. Non vorremmo che anche le vicende dell’ex premier Berlusconi risentissero del virus della malagiustizia. Il problema non è quando queste tristi vicende riguardano le persone facoltose (che hanno i soldi per andare fino in fondo e resistere in Cassazione) ma i cittadini comuni, spesso le uniche vittime di macroscopici errori giudiziari. Contro cui restano assolutamente impotenti. La magistratura deve darsi una regolata. Chi sbaglia paga. Se noi commettiamo un’infrazione al codice della strada ci becchiamo una robusta sanzione pecuniaria. Perché il pm non deve pagare quando sabaglia? Renzi, per favore, mettici una pezza.

Marco Ilapi

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Così vanno avanti le larghissime intese (a scorno dell'Italia)

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