I difensori dei valori dell’Occidente e i pupazzi di Putin

È il tempo delle scelte

Ogni democrazia ha i governanti che si merita, d’accordo. Fa comunque una certa impressione, e anche parecchia tristezza, che mentre negli Stati Uniti Joe Biden pronuncia uno dei suoi discorsi più limpidi sulla sfida di fronte all’occidente, in Italia la bandiera dei «valori dell’occidente» sia imbracciata e strumentalizzata, con effetti inevitabilmente caricaturali, proprio da Matteo Salvini. Nelle stesse ore in cui il presidente americano spiega le ragioni per cui il suo paese continuerà a sostenere tanto l’Ucraina quanto Israele (senza dimenticare la necessità di rispettare il diritto di guerra, far arrivare aiuti alla popolazione di Gaza, continuare a lavorare per la pace e per la soluzione dei due Stati), il leader della Lega, dismessa la maglietta di Vladimir Putin e idealmente indossata per l’occasione quella di Oriana Fallaci, lancia una provocatoria «manifestazione nazionale a difesa dei valori e delle libertà occidentali, dei diritti, della sicurezza» per il 4 novembre, peraltro mentre lo stesso governo di cui Salvini sarebbe vicepresidente sta pensando al contrario di ridimensionare persino la tradizionale parata delle forze armate. Il commento di Francesco Cundari su Linkiesta.

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Le due anime della Meloni

Gorgia Meloni di fronte ad un bivio e deve scegliere

Si è parlato molto dello spettacolo contraddittorio offerto dal governo in questi giorni: nelle stesse ore in cui Matteo Salvini accoglieva Marine Le Pen sul pratone di Pontida, Giorgia Meloni volava a Lampedusa insieme a Ursula Von der Leyen. Un fatto che non poteva passare inosservato, e infatti è stato variamente analizzato e commentato, come segnale inequivocabile di una crescente divaricazione tra Lega e Fratelli d'Italia, nonché tra i rispettivi leader, in una competizione inevitabilmente destinata a inasprirsi con l'avvicinarsi delle elezioni europee. Ma la contraddizione tra la posizione di Salvini, abbracciato all'esponente più rappresentativa della destra antieuropeista, contrarissima a qualunque forma di solidarietà europea sui migranti, e la posizione di Meloni, al fianco della presidente della Commissione europea, è nulla in confronto alla contraddizione tra la posizione di Meloni e quella della stessa Meloni di appena due giorni prima, quando la nostra presidente del Consiglio volava in Ungheria a omaggiare Viktor Orbán. Il commento di Francesco Cundari su Linkiesta

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Le due anime della Meloni

Immigrrazione, le contraddizioni di Giorgia

La contraddizione tra la posizione di Salvini, abbracciato all'esponente più rappresentativa della destra antieuropeista, contrarissima a qualunque forma di solidarietà europea sui migranti, e la posizione di Meloni, al fianco della presidente della Commissione europea, è nulla in confronto alla contraddizione tra la posizione di Meloni e quella della stessa Meloni di appena due giorni prima, quando la nostra presidente del Consiglio volava in Ungheria a omaggiare Viktor Orbán. Insieme al governo polacco (altro alleato-chiave di Meloni), Orbán è infatti il principale avversario di qualunque accordo sulla redistribuzione dei migranti, e più in generale di ogni passo avanti nel processo di integrazione europea. Non a caso è anche il principale cavallo di Troia a disposizione di Vladimir Putin all'interno dell'Unione, almeno a fino a quando Le Pen non dovesse vincere le elezioni presidenziali in Francia (i rapporti, anche economici, tra la Russia di Putin e il partito di Le Pen sono ampiamente documentati, così come il pieno sostegno dei nazional-populisti francesi alle posizioni di Mosca, a cominciare dall'annessione della Crimea). Prima di accreditare evoluzioni di scarsa consistenza e conversioni di dubbia affidabilità, bisognerebbe ripensare a un caso assai simile, quello del Movimento 5 stelle, che ha già fatto lo stesso percorso, in entrambe le direzioni: antieuropeista e filo-russo prima (dai tempi dell'opposizione fino al primo governo Conte compreso), europeista e atlantista poi (dal secondo governo Conte fino al governo Draghi), adesso sostanialmente rifluito sulle posizioni iniziali, specie per quanto riguarda la Russia, giusto con un po' di ipocrisia in più per salvare le apparenze. Oggi, ad esempio, nessun esponente del M5s si sognerebbe di partecipare al congresso del partito di Putin e tantomeno di definire l'Ucraina uno «stato fantoccio della Nato» (del resto, non ne hanno bisogno, per questo bastano gli analisti del Fatto quotidiano).Il commento di Francesco Cundari su Linkiesta.

 

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