Banche, contrasti tra Roma e Bruxelles

Sui mercati borsistici l’allarme è scattato quando si è diffusa una notizia che probabilmente in altri momenti non avrebbe quasi prodotto sussulti. I mercati hanno registrato la notizia, segnalata dal «Sole 24 Ore», che la Banca centrale europea ha inviato un questionario sui crediti inesigibili agli istituti di credito. Molti vi hanno letto l’intenzione dell’autorità di vigilanza di Francoforte di preparare una stretta e obbligare le banche a nuove svalutazioni nei propri bilanci. Questo del resto è esattamente il nervo scoperto nel confronto sulle banche fra il governo italiano e la Commissione europea di Bruxelles. L'editoriale di Federico Fubini sul Corriere della Sera . 

Mercati, le banche nel mirino della speculazione

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Crack banche, l'Italia figlia di un dio minore

Le cose cambiano radicalmente quando i tempi diventano straordinari: se le regole bancarie sono disegnate o applicate male, possono esserci danni per i risparmiatori, più o meno diffusi. Al crescere dei danni, effettivi o presunti, di regole o politiche bancarie errate, i costi reputazionali salgono esponenzialmente. In quei momenti il politico ha una doppia reazione: accusare le burocrazie a cui la gestione delle regole sono state delegate di inefficacia ed inefficienza; riavocare a sé il diritto/dovere di gestione delle regole, per migliorarle. È questa la fase che stiamo vivendo nelle ultime settimane. L'editoriale del prof. Donato Masciandaro su Il Sole 24 Ore.

La commissione europea ha gigli e figliastri

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Ci vuole un'Europa più pragmatica

Il Pil della Ue crescerà dell’1,9% nel 2015 al 2,1% del 2017 con una crescita media annua inferiore a quella Usa di quasi 0,8 punti percentuli che aggrava i nostri ritardi degli anni precedenti. Se l’“accelerazione” Ue continua dello 0,1 annuo ci vorrebbero 8 anni a raggiungere il tasso di crescita Usa. Un tasso di disoccupazione Ue tra i 4 e i 5 punti più alto di quello Usa è altrettanto grave. La Ue ha poi un deficit su Pil che dal 2015 al 2017 scende dal 2,5% all’1,6% e un debito pubblico sul Pil che passa da 87,8% a 85,8%. Gli Usa (arrivando da livelli ben più alti) passano nel triennio dal 3,8% al 3,3% del deficit sul Pil e dal 104,8% al 105,8% del debito sul Pil. Dunque gli Usa, con pragmatismo, hanno scambiato più deficit e debito con meno disoccupazione e più crescita. Per questo (e altro) le istituzioni Ue, che non hanno gestito bene la crisi, dovrebbero adesso riscattarsi nel gestire bene la ripresa. L'editoriale di Alberto Quadrio Curzio su Il Sole 24 Ore.

Quest'Europa si vuole dare la zappa sui piedi

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