Nel '700 cattolici contro protestanti, oggi sunniti contro sciiti

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Una delle possibili chiavi di lettura per i combattimenti in Siria è la rivolta della maggioranza sunnita contro il regime alawita - cioè quasi-sciita - di Bashar al Assad. Questo è il rovescio, si potrebbe osservare, di quanto successo in Iraq: i fanatici seguaci dell'autoproclamato Stato Islamico hanno avuto successo anche grazie al supporto dei sunniti iracheni estromessi dal potere dopo la caduta di Saddam Hussein. Le linee di demarcazione sul terreno sono importanti. Tuttavia, come nell'Europa del 17° secolo, ciò che ha mantenuto vivo il fuoco è stato il coinvolgimento di potenze esterne. La Siria è diventata l'arena dove si sviluppa la contesa a lungo latente tra l'Arabia Saudita (sunnita) e i suoi alleati del Golfo, da una parte, e l'Iran (sciita), dall'altra. La Russia ritiene di avere un suo vitale interesse nazionale nel sostenere il regime di Damasco e la Turchia, invece, nel rovesciarlo. L'editoriale di Philip Stevens su Il Sole 24 Ore.

E' scoppiata una guerra di religione, come in Europa secoli fa

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La guerra tra sunniti e sciiti insanguina l'Occidente

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Gli obiettivi delle cellule che obbediscono al Califfato sono terrore e paura. La loro classe dirigente è posizionata nel triangolo che include le zone confinarie tra Siria, Turchia e Iraq, con un distaccamento libico-tunisino che fronteggia direttamente l'Europa mediterranea. Il Califfato ha i suoi soldati, sono qualche migliaio e bene armati. Il Califfato è ricco, ha petrolio, ha l'appoggio di uomini di affari degli Emirati e finanziamenti mascherati ma evidenti che garantiscono la tranquillità saudita e degli Emirati. A guardar bene anche l'Io del Califfo e dei suoi compagni è assai sviluppato, vuole potere, ricchezza, piaceri. Deriva da Al Qaeda ma è tutt'altra cosa rispetto a Bin Laden. Crudele quanto lui e più di lui, ma estremamente più sofisticato. Non è escluso che divenga un vero e proprio Stato arabo sunnita. In fondo Ibn Saud cominciò così la sua carriera e trasformò una tribù in un Regno tra i più potenti del Medio Oriente. La sua famiglia conta ormai circa trecento persone, possiede molte banche, imprese, alleanze d'affari in tutto l'Occidente, in Francia, in Inghilterra, in Italia, in America, in Germania, ovunque. Detesta gli sciiti ma si distingue anche dai sunniti. Tra i capi del Califfato è un esempio da imitare e magari da conquistare. Senza sangue, possibilmente. Il sangue scorre altrove. L'editoriale dei Eugenio Scalfari su la Repubblica.

Impedire che il sedicente stato islamico diventi uno Stato vero

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Lotta all'Isis, le ambiguità di Washington e Riad

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I sauditi pagano e gli americani guidano coalizioni internazionali che ai loro occhi non devono abbattere il Califfato ma prima di tutto contenere l’Iran e un giorno magari liquidare Assad in Siria. La Saudi Connection condiziona la politica estera americana quanto l’alleanza con Israele. Ora questo patto leonino tra Riad e Washington, dopo la strage di Parigi, è entrato in collisione con la nuova “santa alleanza” tra la Russia di Putin e la Francia di Hollande. Il problema è capire quali obiettivi si pongono i belligeranti. Se assestare una punizione esemplare al Califfato oppure demolire l’Isis. Nel secondo caso la Francia si scontra con Riad. Se si limita a una spedizione punitiva Parigi conserva le lucrose relazioni con la monarchia saudita, principale cliente degli armamenti francesi che quest’anno, con l’acquisto di reattori nucleari per 12 miliardi di dollari, ha salvato l’Areva dal fallimento. L'editoriale di Alberto Negri su Il Sole 24 Ore.

Il ruolo dell'Arabia nella lotta contro l'Isis

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