Riforme necessarie, è il premier a bloccarle

Matteo Renzi, ahimè, a dispetto del suo empito attivistico-oratorio-riformistico, sembra intenzionato a tenersi lontano dalle materie elettoralmente scottanti. Basta considerare le principali misure finora adottate o messe in cantiere dal suo governo. Escludendo evidentemente le misure che in realtà costituiscono esborso di quattrini e/o agevolazioni economiche di varia entità e destinazione (bonus, abolizione delle tasse sulla casa e dell’Imu agricola, sblocco dei cantieri fermi, eccetera), sono tre le riforme propriamente dette, avviate o compiute dal governo attuale: il Jobs act, la riforma del Senato, la riforma della legge elettorale. Quanto al primo provvedimento, esso innova sì ma non colpisce alcun interesse costituito, dal momento che o migliora le condizioni contrattuali già in vigore o si applica a contratti di lavoro che vedono la luce solo dopo la sua entrata in vigore. L'editoriale di Ernesto Galli Dlla Loggia sul Corriere della Sera.

Le riforme che Renzi non vuole fare

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L'Italia in un vicolo cieco e l'Europa non ci aiuta

Le riforme in Italia. La valutazione della Commissione sull'Italia non è però una promozione. Infatti si rileva che il nostro Paese ha due squilibri macroeconomici eccessivi: quello del debito pubblico e quello di una bassa crescita con caratteristiche strutturali dovute a inadeguata produttività e competitività. Dietro questi squilibri ci sono molte e note cause che richiedono riforme strutturali. Un editoriale di Alberto Quadrio Curzio su Il Sole 24 Ore.

L'Europa non è al riparo da un'altra crisi finanziaria

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Quel che Renzi non sta realizzando

Un dubbio tormenta la politica di casa nostra: nasce prima l’uovo o la gallina? Da qui l'unica certezza: anche per oggi, non mangeremo l’uovo e non vedremo razzolare la gallina. Non è affatto vero, però, che nel dubbio la politica stia con le mani in mano. No, su ogni riforma rimugina, riflette, ripensa. E cambia idea come san Paolo sulla via di Damasco. L’Italicum? Premio di maggioranza alla coalizione, anzi alla lista. La riforma costituzionale? Licenziata con l’impegno del governo di modificarla su aspetti per nulla secondari, come l’elezione del capo dello Stato. Significa che i mezzi risultati fin qui raggiunti sono in realtà falsi risultati. La revisione della Costituzione richiede 4 letture; ma se la seconda correggerà la prima, ne serviranno 5. Quanto alla legge elettorale, se cambia il suo principio fondativo toccherà riscriverla. Così Michele Ainis sul Corriere della Sera.

Le bugie del governo hanno le gambe corte

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