Determined women - Donne determinate

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“Determined Women, ossia “Donne determinate”,  al  Museo di Roma in Trastevere  dal 17 Maggio al 6 Ottobre 2024, è  la prima mostra italiana di Angèle Etoundi Essamba, un'artista camerunense che nel suo lavoro riflette sull'identità della donna africana mettendola al   centro della sua espressione artistica.

Nata in Camerun e cresciuta in Francia, Angèle Etoundi Essamba si è diplomata alla Dutch Photography School di Amsterdam, dove vive. Ha conseguito anche una laurea in Storia dell'Arte. Dalla sua prima mostra nel 1985, nella capitale dei Paesi Bassi, il suo lavoro è stato spesso esposto in musei, istituzioni, Biennali (Biennale di Venezia, Biennale dell'Avana e Biennale di Johannesburg), fiere e gallerie in Europa, Africa, Stati Uniti, America Latina e Asia.

La retrospettiva al Museo di Trastevere presenta alcuni cicli del suo lavoro fotografico  eseguito negli ultimi anni. Essi  potranno fornire allo spettatore una lettura quasi completa del suo percorso creativo. Vedremo un’alternanza tra opere dai colori forti che fanno da contrappunto ad alcune serie di un levigato bianco e nero.

Angèle Etoundi Essamba pone il suo occhio attento sull'identità della donna africana. Osserva, da quasi quarant'anni  il mondo attraverso le donne che fotografa con una visione allo stesso tempo estetica, idealistica, realistica e sociale. Il suo procedere rompe con le rappresentazioni stereotipate delle donne nere, spesso raffigurate come sottomesse, passive, dipendenti ed esotiche. Preferisce  invece far emergere la dimensione simbolica ed estetica del corpo femminile. Fa questo realizzando composizioni armoniose dove  si concentra sui gesti, espressioni ed emozioni per catturarne la bellezza interiore. Le parole chiave del lavoro di Essamba sono orgoglio, forza e consapevolezza di sé.

Per fornire allo spettatore una lettura quasi completa del percorso creativo dell'artista, questa prima mostra personale in Italia presenterà una selezione di 40 opere in bianco e nero e a colori realizzate tra il 1985 e il 2022. Include anche la sua serie, A-Fil-iations, presentata al padiglione inaugurale del Camerun alla Biennale di Venezia nel 2022.

Tra i cicli fotografici presenti nell’esposizione: Renaissance  ossia Rinascimento.  Esso riceve ispirazione dai colletti, pizzi e ventagli che per  il loro potente immaginario visivo ed estetico affascinano Essamba tanto quanto le domande sul significato della loro raffigurazione. Essi simboleggiano il  lusso, l’eleganza e la  raffinatezza, ma sono anche emblemi  del potere che si legano al mondo elegante del Seicento olandese. Nel XVII secolo in Olanda “gli abiti fanno l'uomo”.

 L’identità dell’individuo non andava ricercata  nella sua interiorità, ma veniva definita dal suo aspetto che egli costruiva attraverso il suo  abbigliamento e i suoi ornamenti. Renaissance reinterpreta questi simboli in un sottile gioco di sovversione dei codici di vestizione. Le modelle rivendicano colletti, pizzi e ventagli attraverso pose maestose che appartengono a loro stesse e mostrano che sono accessibili a tutti e non più riservati a un'élite. La figura nera esce dall'anonimato e  dallo sfondo e occupa un posto centrale nell'opera.

Fra i cicli presenti si cita  per comprendere il pensiero dell’artista anche   Unveilings - Svelamenti .“Come il bianco e nero – spiega Angèle Etoundi Essamba -  i colori mi sono venuti in mente e li ho abbracciati. Colori saturi. Un tale livello di esaltazione potrebbe essere espresso solo nel colore. Leggo il colore come leggo il bianco e nero, sempre alla ricerca del contrasto e dell'intensità.”

Questa serie vuole sfidare l'immagine più semplicistica attribuita al velo dove si riduce  a emblema  di sottomissione, reclusione, repressione e violenza. Proprio come la nudità assoluta non simboleggia necessariamente la libertà, il velo non rende indifesi e oppressi tutti coloro che lo indossano. Il velo qui mostrato appartiene a  chi osa, invita e seduce, proprio perché lo autorizza il gesto dello svelamento.

Le fotografie di Essamba sono state commentate in diverse pubblicazioni. Il suo lavoro si trova anche in rinomate collezioni pubbliche come il Museum of Modern Art (MoMA) di New York, il Museo d'arte Memphis Brooks di Memphis, il Museo d'arte di Boca Raton, Florida,  il Museo Nazionale delle Donne nelle Arti, Washington DC, il Museo d'arte di Fitchburg, Massachusetts, il Hood Museum, Dartmouth New Hampshire e il World Bank Art Program, Washington D.C.

Patrizia Lazzarin, 16 maggio 2024

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Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento

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Fino al 25 agosto 2024, a Palazzo Caffarelli a Roma, una mostra racconta il talento di Filippo Lippi, uno degli artisti più importanti della stagione fiorentina di Cosimo de' Medici e, di quello del figlio Filippino che eredita dal padre l'ingegno e diventa l'interprete del gusto nella Roma della fine del Quattrocento.

Filippo Lippi nasce all'arte nella Cappella Brancacci e la sua formazione avviene all'ombra del grande Masaccio. Il frate pittore era uno spirito libero e inquieto e andava dove lo portavano le occasioni e la fortuna. Fu sicuramente a Padova nel 1431, alfiere del Rinascimento fiorentino dieci anni prima di Donatello. Appena trentenne gode già di una grande considerazione e non solo a Firenze, come dimostra anche la lettera inviata da Perugia dal pittore Domenico Veneziano al signore Piero di Cosimo de' Medici, dove viene definito, a pari merito di Beato Angelico, bon maestro.

Nel quarto decennio del Quattrocento egli toccherà nel ciclo di Prato il vertice delle sue capacità espressive. Fra la Pala Barbadori del 1437, realizzata per Santo Spirito e l'Incoronazione della Vergine ora agli Uffizi, ci sono in costante progressione i capolavori degli anni '50 come il Tondo Bartolini del 1452, la Madonna del Ceppo della Pinacoteca di Prato e l'Adorazione del Bambino per il convento di Annalena del 1455 circa. Se è vera la testimonianza di Giorgio Vasari che racconta che l'artista fu catturato dai Mori sul mare di Ancona per poi essere liberato dopo aver dipinto a carboncino l'immagine del loro signore, il Lippi dovette vivere una vita avventurosa che lo vide negli anni Cinquanta a Prato, dove dipinge gli affreschi per il coro della Pieve e, dove seduce e rapisce la bella e giovanissima ragazza del convento della città, Lucrezia Buti, dal cui amore nasce, nel 1457, Filippino Lippi.

Nei primi anni Ottanta del Quattrocento il figlio Filippino riceverà l'incarico di completare gli affreschi della Cappella Brancacci al Carmine, cioè quegli affreschi che tanta importanza avevano esercitato sulla formazione del padre. Seguiranno poi altri incarichi importanti come i tondi per il Palazzo Comunale di San Gimignano che potremmo vedere in mostra. Essi sono una magnifica prova di uno stile maturo capace di creare una nuova intimità monumentale in spazi quotidiani. In seguito esegue le pale d'altare per Tanai de' Nerli, Rucellai, per Prato, Lucca e Bologna e la Visione di San Bernardo (c. 1484-86) commissionata da Piero di Francesco del Pugliese per la cappella di famiglia nel convento delle Campore dei monaci di Badia, fuori Porta Romana a Firenze.

Nel 1488 è a Roma, chiamato dal cardinal Carafa su suggerimento di Lorenzo de' Medici per dipingere la sua monumentale cappella privata nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. L'esperienza romana segna un'ulteriore tappa nell'invenzione figurativa di Filippino sia nelle opere su tavola sia negli affreschi della Cappella Strozzi cui lavora al suo ritorno a Firenze.

L'esposizione di Palazzo Caffarelli, a cura di Claudia La Malfa, intende quindi illustrare, attraverso una selezione di dipinti, disegni e documenti d'archivio, il talento del pittore fiorentino Fra' Filippo Lippi (Firenze 1406-Spoleto 1469) e quello di suo figlio Filippino (Prato 1457-Firenze 1504). Essa viene promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è organizzata da Associazione MetaMorfosi, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura.

In mostra si ammireranno alcuni capolavori dell'arte di Filippo Lippi su tavola, dalla magnifica Madonna Trivulzio del Castello Sforzesco di Milano, manifesto della pittura del Lippi della quarta decade del Quattrocento, alla Madonna con angeli e committente della Collezione Cini di Venezia in cui si comprende il modo in cui il Lippi conia un linguaggio intimo per la devozione privata.

Il percorso espositivo include una selezione di importanti disegni, concessi in prestito dalla Galleria degli Uffizi e dall'Istituto Centrale per la Grafica di Roma, in cui si evidenzia il debito di Filippino Lippi oltre che con il padre, nella cui bottega si forma, anche con Sandro Botticelli nella cui bottega fiorentina Filippino entrò in seguito alla morte del padre del 1469.

Ne capolavoro di Filippino Lippi: l'Annunciazione dei Musei Civici di San Gimignano, l'artista conia le geometrie prospettiche e l'intima narrazione degli interni del padre con il respiro più ampio delle figure sinuose di Botticelli, in un'inedita concezione del contrappunto pittorico tra una nuova profondità prospettico - paesaggistica e un primo piano caratterizzato da preziosi colorismi e trasparenze che determinerà la fortuna di Filippino Lippi nella grande produzione pittorica delle ultime decadi del Quattrocento sia a Firenze che a Roma.

In mostra è incluso anche un disegno di Filippino Lippi proveniente dall'Accademia di Venezia che illustra l'ingegnosa invenzione realizzata nell'affresco per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma nella cappella del cardinale napoletano Oliviero Carafa. La parete della cappella dove sono raffigurate l'Annunciazione alla Vergine e l'Assunzione della Vergine è infatti una scatola cinese di immagini all'interno di immagini. Apice della produzione pittorica di Filippino Lippi, la Cappella Carafa è un condensato di citazioni dall'antico – le grottesche, la statua equestre del Marco Aurelio che all'epoca si trovava ancora a San Giovanni, il grande fregio antico che si trovava a San Giovanni, la statua di re barbaro prigioniero oggi nel cortile dei Capitolini, la piccola statua di putto che gioca con oca, – che rivelano il fascino incondizionato di Roma sulla produzione artistica dei maestri del Rinascimento.

Il catalogo, edito da Gangemi Editore, è a cura di Claudia La Malfa.

Patrizia Lazzarin, 15 maggio 2024

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Io non scendo

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Ci pone più domande scoprire un libro fotografico dove appaiono ritratte donne arrampicate sugli alberi e magari, con noncuranza, indossano   gli abiti che un tempo si usavano per andare a casa di un’amica o a passeggiare nel centro del paese o di una città.   Io non scendo è il titolo che campeggia e il sottotitolo recita più o meno così: Storie di donne che salgono sugli alberi e guardano lontano. L’autrice Laura Leonelli è una giornalista che  collabora al supplemento culturale de Il Sole 24 Ore, ad Arte e AD. Da tempo  studia e colleziona fotografie anonime, ma in questo libro fra i nomi  troviamo anche donne famose come Louisa May Alcott, Simone de Beauvoir, Voltairine de Cleyre, Astrid Lindgren, Beah E. Richards e Bianca Di Beaco.

Incredibile appare subito il messaggio che queste foto ci trasmettono. Arrampicarsi sugli alberi è sembrata sempre un’attività riservata a uomini e bambini desiderosi di guardare dall’alto e più avanti. Cosa che le donne spesso relegate ad essere l’angelo del focolare domestico non potevano neppure immaginare di fare. Abbracciare un albero, salirci indica anche per le donne la possibilità di innalzarsi, di poter aspirare ad altro, di uscire dall’ambito ristretto che le convenzioni sociali le hanno spesso assegnato.

E i loro sguardi sono seri o invitano al sorriso mentre ci insegnano con l’esempio che ogni prospettiva cambia se la guardiamo come lo possono fare gli uccelli o anche  gli scoiattoli o le api. L’albero è anche simbolo di vita che dalle radici che si nutrono nella terra prolunga i suoi rami fino al cielo.

Un centinaio di ritratti di donne sugli alberi sono fotografie anonime per la maggior parte eseguite tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’70 del Novecento. Pezzi di carta che racchiudono anche i desideri dell’emancipazione femminile e ricordano alle nostre “sorelle”, amiche, figlie, nipoti che sugli alberi dobbiamo imparare a salire se vogliamo cambiare il mondo.  Un progetto che mantiene la sua attualità e se qualcuno ci invita a tornare a terra, la risposta è e sarà una sola: «Io non scendo».

«Le donne salgono sugli alberi quando disubbidiscono. E ogni donna che disubbidisce è figlia della prima, più celebrata e dannata delle disubbidienti: Eva. Ascoltando la voce delle nuove Eva, dal dodicesimo secolo a oggi, questo libro riporta gli slanci, le delusioni, le battaglie, le ascese di alcune di loro, mistiche, scrittrici, filosofe, fotografe, ecologiste, imprenditrici, alpiniste, che hanno disubbidito e sono salite sull’albero della consapevolezza e della propria realizzazione.» — Laura Leonelli

Leonelli è curatrice della Collezione Ettore Molinario. Ha pubblicato i volumi Siberia per due. Madre e figlia lungo lo Enisej  con Feltrinelli, Lem. Viaggio iniziatico di un piccolo Buddha con Contrasto, Paolo Ventura. Autobiografia di un impostore (Johan & Levi), Rosalia Rabinovich. Stella Rossa (Biffi Arte), Bruno Corali. Il volo della gazzella (Lubrina), È Nestlè. Un viaggio all’origine di tanti sapori italiani (Peliti Associati).

Patrizia Lazzarin, 14 maggio 2024

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