Big Vocal Orchestra: Natale al Goldoni

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Dentro una Storia che compie quattro secoli, sul palco del Goldoni, il più antico teatro veneziano, ieri per ben due volte, la musica, le canzoni e le parole del coro Big Vocal Orchestra hanno saputo ricreare l’atmosfera magica che caratterizza il Natale, ricco per ognuno di noi di mille aspettative, fra cui quella piacevole di stare accanto alle persone che amiamo. Un tripudio di mani che volteggiavano nell’aria seguendo il ritmo dei brani suonati e cantati, animava il clima  di una festa condivisa con gioia.

Le braccia dei duecento cantori tracciavano nell’aria linee di congiunzione con noi spettatori e, sembravano allargarsi a circoscrivere un mondo fatto di pace, di amicizia fra i popoli e di gentilezza e simpatia verso chi ci sta accanto. Dirigeva la formazione corale Marco Toso Borella, artista del vetro di Murano, conosciuto anche  come il “Leonardo di Venezia” per la molteplicità delle forme d’arte nelle quali si distingue.

Il repertorio musicale mostrava caratteri imprevedibili che mescolava tanti generi diversi: dalle colonne sonore di film a celebri brani di musical, dagli spirituals al contemporary gospel e alla polifonia classica, senza  dimenticare alcuni capolavori del pop-rock internazionale. L’effetto di spettacolo multisensoriale era costruito anche attraverso immagini. Fotografie come gigantografie a volte diventavano il luogo dove appariva improvvisamente il coro, immerso dentro un veliero in fondo al mare o  sullo sfondo di montagne, o ancora a pelo d’acqua, quasi che camminasse  sulla superficie della laguna veneziana, fra i monumenti di una città che galleggia senza apparente fatica.

Volti di donne e di uomini di decenni fa, colti nelle loro aspirazioni e desideri che trasparivano dai  volti  e i grandi  miti di un’epoca che avevano saputo appassionare, si proiettavano davanti a noi regalandoci pezzi di vita di un bel tempo trascorso. Le loro “storie” tornavano a rivivere dentro una festa di un Natale che  stringeva presente e passato per salvaguardare lo spirito e la cultura dell’uomo. L’invenzione di questa parte dello spettacolo  è di Matteo Bevilacqua, fotografo in grado  di catturare nelle sue immagini,  le emozioni di cose, luoghi e persone.

Si alzavano nel teatro, a modulare  il sentire di chi ascoltava, le voci soliste di  Elisabetta Sfriso e Francesca Bellemo, con sfumature e cadenze di suono in grado di trasferirci la varietà mutevole delle  percezioni e delle impressioni. L'organico del coro unisce più di 200 voci provenienti dal centro storico, dalle isole e dalla terraferma veneziana. Esso ci parla ancora di Venezia. Un gruppo dove incontriamo persone con età e formazione musicale diverse,  accomunate  dalla gioia di cantare insieme. 

Le parole e i canti  hanno voluto tuttavia ricordarci anche la fragilità del nostro pianeta. L’acqua, elemento vitale, si trasforma in  timore e paura, quando il vento a Venezia costringe ad alzare le barriere del Mose per impedire che questa città cosi magica nelle sue trasparenze e vicende storiche affondi  nelle sue calli e piazze. Maggiore cura e attenzione sembrano necessarie al nostro ecosistema a rischio, dove gli errori che potevano non essere commessi, hanno provocato distruzione e morte.

9 Ottobre 1963: la tragedia del Vajont. Il racconto  diventa ora suono per ricordare un dolore che si poteva evitare. I canti del coro vengono dedicati a  tutte quelle persone, i cui nomi vediamo scorrere su pietre bianche, perché possano vedere altre montagne lassù, in quel luogo ricco di Speranza che chiamiamo Paradiso. E poi tante canzoni perché il messaggio della Big Vocal Orchestra è in primis desiderio di rompere l’isolamento fra le persone e di far brillare come una mina al sole, capace di esplodere e di cambiare le nostre vite, l’importanza di non sentirci più soli, ma amici.

Patrizia Lazzarin, 11 dicembre 2023

 

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La dogaressa

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“La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento” è la mostra  che aprirà al Palazzo Vescovile di Portogruaro, dal 16 dicembre 2023 al 19 maggio 2024. Essa proporrà un percorso espositivo unico ed originale che per la prima volta farà luce sulla figura della dogaressa, la consorte del doge veneziano. Si potrà capire ruolo e importanza ai tempi della Serenissima di quella che oggi potremmo considerare  una First Lady ante litteram.

La mostra consentirà di esplorare la venezianità al femminile attraverso un’antologia di significativi episodi catturati dalla vita di alcune tra le più celebri dogaresse, spesso importatrici di mode forestiere. Esse si resero  promotrici di progettualità imprenditoriali e di molte altre iniziative innovative e visionarie.

Sono cinque le sezioni in cui si articolerà l’esposizione  e occuperanno ognuna, le cinque sale del Palazzo Vescovile.

La prima “Opulenza bizantina e morigeratezza veneziana” racconterà come, sulla scia dell’ultima dogaressa straniera, la greca Teodora moglie del doge Domenico Selvo (1071–1084), venga introdotta a Venezia la raffinata arte profumiera che ebbe poi nei secoli successivi un impulso senza eguali, raggiungendo nel Rinascimento l’apice che la portò ad essere riconosciuta come capitale del profumo. Saranno esposti porta profumo veneziani in vetro di Murano del XVII e XVIII secolo e una selezione di materie prime impiegate nell'arte dei profumi che consentirà l’interazione con il pubblico attraverso un’interessante esperienza sensoriale olfattiva e tattile.

In questa prima sala si passano inoltre in rassegna gli abiti indossati negli anni dalle dogaresse, le loro trasformazioni, partendo da quello morigerato della dogaressa Felicita Malipiero nel dipinto di Bellini, proseguendo con quelli evidenziati nelle riproduzioni incise in alcuni importanti volumi a stampa.

La seconda sezione “Patrocini virtuosi e nobile erudizione” consolida l’autorevole e virtuoso  ruolo ricoperto dalle dogaresse nel concorrere, con i loro patrocini, a difendere ed incrementare la locale produzione artigianale. La dogaressa Giovanna Dandolo, moglie di Pasquale Malipiero (1457-1462) e discendente da una delle famiglie più illustri della Repubblica, è passata alla storia come patronessa della stampa e dei merletti.

Si deve infatti a lei se Burano divenne allora il primo centro al mondo del merletto. Fu lei a riunire pressodi sé un gran numero di giovani donne del popolo e ad avviarle al delicato lavoro dell’intreccio che dava lustro alla cittàper la squisitezza del prodotto e mezzi di sostentamento a molta gente del popolo, in particolare alle donne di Burano, dove sorse una vera e propria scuola d’arte.

Nella terza sezione “La cerimonia d’incoronazione della dogaressa” vengono esposti quadri e stampe a testimonianza di questa originalissima pratica. Marchesina, moglie di Lorenzo Tiepolo (1268-1275) passò alla storia per essere stata la prima dogaressa a fare l’ingresso solenne in Palazzo Ducale, insieme al doge, in una processione capeggiata dalle corporazioni delle arti e dei mestieri. A quarant’anni dal trionfo di Zilia Dandolo Priuli, ebbe luogo a Venezia un’altra famosissima e ancor più pomposa incoronazione, quella di Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani (1595-1606). La Rosa d’oro che le fu donata nell’occasione venne alla sua morte assegnata al Tesoro della Basilica di San Marco.

La quarta sezione “Miti e revival del mondo dogale” vede protagonista il quadro di Francesco Hayez I due Foscari, in prestito dalla Galleria degli Uffizi, che ben illustra lo strazio vissuto da Marina Nani, seconda moglie del doge Francesco Foscari (1423-1457), quando il figlio Jacopo venne incarcerato, per aver accettato doni e denari da gentiluomini e persino dal duca di Milano. Essendo egli figlio del doge, tale operazione gli era preclusa: si configurò pertanto il reato di peculato. A nulla valsero le suppliche della donna. La ragion di stato prevaleva su tutto. A questa vicenda Lord Byron dedicò il dramma I due Foscari, rappresentato poi a teatro da Giuseppe Verdi nel 1944.

Infine, la quinta sezione “Le dogaresse del XX secolo” è riservata all’Ultima Dogaressa, appellativo che venne riservato a quelle donne che si distinsero per il patrocinio riservato alle arti, e che diedero lustro a Venezia in un’epoca in cui la Serenissima Repubblica era già decaduta. Titolo assegnato a Peggy Guggenheim, e prima di lei alla contessa Anna Morosini (di cui è esposto il ritratto di Lino Selvatico, conservato al Museo Fortuny di Venezia), amica di Rilke, did’Annunzio, di Maeterlinck e di Shaw, del Principe von Bulow e dello Scià di Persia, nonché di sovrani di tutta Europa: donna dotata di una personalità affascinante e complessa.

 Si affiancano inoltre alcuni Focus del Territorio dedicati ad altre donne, da Isabella da Passano signora della Frattina (1542-1601) a Lucia Memmo (1770-1854) a Marta Marzotto (1931-2016).

L’allestimento pensato in forma dinamica e interattiva oltre ad importanti opere pittoriche di scuola veneta, tra le quali si annovera il ritratto del Doge Alvise I Mocenigo di Jacopo Tintoretto delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, da spazio a disegni, incisioni, vetri, stoffe, merletti ed altri manufatti della cultura materiale veneta, provenienti dalle collezioni civiche veneziane.

Il Distretto Turistico Venezia Orientale è il soggetto proponente e organizzatore dell’esposizione, nell’ambito dell’importante Protocollo Operativo siglato nel giugno del 2021 tra la Fondazione Musei Civici Venezia – MUVE, il Comune di Portogruaro e lo stesso Distretto, al fine di realizzare progetti culturali di respiro e di comprovata qualità scientifica in grado di valorizzare il legame storico e culturale tra la grande Venezia e la piccola Venezia affacciata sulle sponde del fiume Lemene.

La mostra  coordinata da Chiara Squarcina Dirigente Attività Museali della Fondazione MUVE coadiuvata da Pietroluigi Genovesi, è curata, per MUVE, da Daniele D’Anza e Luigi Zanini e per il Distretto Turistico Venezia Orientale  da Pierpaola Mayer, responsabile anche della direzione tecnica.

Patrizia Lazzarin, 9 dicembre 2023

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I libri stranieri che vengono tradotti in Italia. E viceversa?

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Nel 2022, l’editoria italiana ha comprato dall’estero 9.423 diritti di traduzione di opere straniere e ha venduto 7.889 diritti di traduzione di opere italiane. Il 29% dei contratti di acquisto e il 27% dei contratti di vendita sono stati realizzati da editori medio-piccoli, ovvero con un valore del venduto a prezzo di copertina nei canali trade, ossia librerie fisiche e online e supermercati, fino a 5 milioni di euro.

I dati sono stati presentati a Più libri più liberi, la Fiera nazionale della piccola e media editoria organizzata dall’Associazione Italiana Editori, nell’incontro Import export e altre forme di internazionalizzazione nell’era post-Covid. Destinazione Francoforte, realizzato in collaborazione con Aldus Up, il programma è co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito di Europa Creativa. All’incontro hanno partecipato Bruno Giancarli ,ufficio studi AIE, Lorenzo Rocca  di Mimesis Edizioni e Lorenzo Flabbi delL’orma editore.

“A dieci mesi dalla Fiera del Libro di Francoforte che vedrà l’Italia Ospite d’Onore, occasione quindi per incrementare la nostra presenza sui mercati esteri, i numeri restituiscono il panorama di un’editoria che si è molto internazionalizzata rispetto a 20 anni fa: se nel 2001 era pari al 4% l’incidenza dei diritti di traduzione venduti all’estero rispetto ai titoli pubblicati in un anno, oggi siamo al 9% – ha commentato Lorenzo Armando, presidente del Gruppo Piccoli editori di AIE .

 I piccoli editori, tuttavia, pur avendo raggiunto una quota del 27% sul totale dei contratti di vendita con l’estero, fanno fatica a penetrare i mercati internazionali e il numero medio di contratti siglato per editore, pari a quattro, è basso e rende costoso l’impegno in questo campo. Per questo abbiamo affrontato il tema delle altre forme di internazionalizzazione che soprattutto alcuni settori editoriali stanno perseguendo, anche in considerazione dell’aumento della produzione da parte di case editrici italiane di libri direttamente in lingua straniera (arte, architettura, design, storia, saggistica letteraria) per pubblici specializzati”.

L’Italia esporta soprattutto libri per bambini e ragazzi (2.744 nel 2022, pari al 35% del totale), quindi saggistica (1.992 contratti, 25%), narrativa (1.496 contratti, 19%), manualistica non universitaria e self help (708 contratti, 9%), fumetti (416 contratti, 5%), libri religiosi (395 contratti, 5%), illustrati (138 contratti, 2%).

In questo panorama, gli editori medio-piccoli si sono ritagliati un loro spazio soprattutto in determinati settori: il 76% dei contratti riferiti ai libri religiosi, il 64% di quelli riferiti ai libri illustrati e il 42% di quelli riferiti ai libri per bambini e ragazzi è stato chiuso da case editrici con vendite nei canali trade (librerie fisiche e online e supermercati) sotto i 5 milioni di euro.

Se guardiamo alle aree di destinazione dei titoli ceduti per la pubblicazione in traduzione, domina l’Europa con il 62% dei contratti, seguita dall’Asia (18%), Sud e Centro America (6%), Medio Oriente (5%), Africa (4%), Nord America (3%), Pacifico (2%).

In Europa, il primo Paese di sbocco è la Spagna con 1.044 contratti, seguita da Francia (529), Polonia (481), Grecia (374), Germania (273), Russia (256), Portogallo (214), Paesi Bassi (152), Regno Unito (142), Slovacchia (137). I Paesi della penisola balcanica, tutti assieme, pesano per 687 contratti: con la Bulgaria sono stati siglati 136 contratti, 118 con la Slovenia, 106 con la Romania, altri a seguire.

 Le prime dieci lingue di provenienza dei libri pubblicati in traduzione sono invece: inglese, francese, tedesco, giapponese, spagnolo, coreano, svedese, cinese, olandese e portoghese. L’Italia, come altri Paesi dell’Europa continentale, soffre un forte squilibrio rispetto all’area anglofona: nel 2022 sono stati acquistati da Regno Unito, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa 6.027 diritti di traduzione, il 64% del totale, e ne sono stati venduti 645, l’8% del totale.

 L’internazionalizzazione non passa solo dalla vendita di diritti: l’editoria italiana ha esportato nel 2022 50 milioni di euro di libri (valore a prezzo di copertina), 1.716 le coedizioni pubblicate nello stesso anno. Inoltre un numero rilevante di case editrici, anche medio e piccole, sono presenti all’estero con propri marchi e imprese editoriali.

Patrizia Lazzarin, 7 dicembre 2023

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