L’impressionista Berthe Morisot in Italia

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Berthe Morisot avrà per la prima volta in Italia una mostra a lei interamente dedicata. La pittrice francese nata a Bourges nel 1841 è stata un’esponente di rilievo della corrente dell’Impressionismo. Di lei  i libri d’Arte  nelle scuole fino ad ieri hanno parlato  nulla o quasi. Ma, … Berthe Morisot è stata assieme a Claude Monet, Edgar Degas, Camille Pissarro, Alfred Sisley e Pierre-Auguste Renoir fra coloro che hanno dato vita al Movimento che con la sua luce, capace di riverberare il mondo, ha incantato e affascina dal suo nascere persone di differente formazione.

L’artista della luce, come è stata definita, ma anche della toccante intensità delle opere in cui ritrae i suoi affetti familiari,  sarà protagonista a Genova dell’esposizione  allestita a Palazzo Ducale dal 12 ottobre 2024 al 23 febbraio 2025, nei sontuosi spazi dell’Appartamento del Doge. Essa è organizzata in collaborazione con il Museo di Belle Arti di Nizza e con i  prestiti inediti degli eredi di Berthe Morisot. Verranno presentate   al pubblico interessanti novità scientifiche correlate ai soggiorni della pittrice sulla Riviera ligure tra 1881 e il 1882 e il 1888 -1889 e all’influenza della luce del Mediterraneo sulla sua opera.

“Nessuno rappresenta l’impressionismo con un talento più raffinato e con maggiore autorità” affermava nel 1881, un estasiato critico d’arte e romanziere , Gustave Geffroy.

Eppure i tempi in cui visse Berthe non erano certo favorevoli alle donne e fra i suoi primi maestri, ancora prima del paesaggista Corot, uno si espresse così in una lettera alla madre della pittrice. Il maestro Joseph Guichard, allievo dei grandi Ingres e Delacroix e che aveva come allieve Berthe e la sorella Edma, scriveva:

“Con una natura come quella delle vostre figlie, non è qualche gradevole nozione artistica da sfoggiare in società che il mio insegnamento procurerà loro: no, le ragazze diverranno pittrici. Vi rendete bene conto di cosa significhi questo? In un ambiente di grande borghesia come la vostra, sarà una rivoluzione, anzi direi quasi una catastrofe. Siete sicura che un giorno non maledirete l’arte che una volta entrata nella vostra casa, diverrà la sola guida della vita delle vostre figlie?

Edma poi si sposerà e lascerà i colori, non cosi Berthe che convolerà a nozze tardi per i tempi in cui visse. Nella sua carriera fu importante l’incontro nel 1868 con uno dei pittori più contestati e scandalosi della Parigi del tempo: Edouard Manet. Fu sua modella, ma da lui apprese anche degli insegnamenti. Egli  divenne anche un tramite  per conoscere gli esponenti delle avanguardie, i famosi Impressionisti passati alla Storia non senza uno strascico di polemiche.   Ricordiamo gli esordi …

Il nome Impressionismo si fa risalire ad un commento ironico di Louis Leroy, critico del giornale satirico Le Charivari, il quale, fermandosi davanti alll’opera Impression, soleil levant di Monet, disse:

Che rappresenta questo quadro? Come dice il catalogo? Impression, soleil levant. L’avrei giurato! Dicevo giusto a me stesso che ci doveva essere qualche impressione che mi aveva colpito … E che libertà; che bravura! Una carta da parati al suo stato embrionale è più rifinita di questa marina.

 Sarebbe stata una giornata primaverile come tante quella del 15 aprile 1874, se il fotografo Nadar non avesse invitato ad esporre un gruppo di artisti “indipendenti” proprio nel suo studio situato al numero 35 del Boulevard des Capucines. La facciata era interamente dipinta di rosso e le stanze, spaziose e ben illuminate valorizzavano al massimo la maggior parte dei quadri. La mostra si aprì il 15 aprile, due settimane prima del Salon ufficiale, tanto avverso alla nuova Société anonyme des artisies: essa comprendeva 163 opere, l’orario d’apertura era insolito, ovvero dalle 10 di mattina fino alle 18 e poi dalle 20 alle 22, e il prezzo del biglietto era di un franco.

Marianne Mathieu, tra le più rinomate esperte dell’opera di Berthe Morisot e studiosa della storia dell’impressionismo, protagonista di molte scoperte scientifiche in questo ambito, guiderà gli ospiti di Palazzo Ducale alla scoperta di 86 capolavori, tra dipinti, acqueforti, pastelli, acquerelli, documenti fotografici e d’archivio, molti dei quali inediti, invitando a ripercorrere l’esistenza di colei che seppe conciliare vita familiare e carriera artistica, intrattenendo fecondi rapporti con i più grandi pittori dell’epoca, ma anche con intellettuali quali Mallarmé e Zola.
Il percorso, che rientra nelle celebrazioni ufficiali del 150º anniversario dell’Impressionismo, è incluso nella stagione commemorativa avviata dal Museo d’Orsay di Parigi insieme alla mostra di Nizza Berthe Morisot. Escales impressionistes.

L’esposizione  è un progetto di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura con Electa, editore del catalogo di entrambe le mostre dedicate a Berthe Morisot.  Essa si avvale del sostegno della Regione Liguria e del Comune di Genova e del patrocinio dell’Ambasciata di Francia in Italia.

Patrizia Lazzarin, 12 agosto 2024

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Artenumero. Gli artisti e il numero

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La Valle d’Aosta,  con i suoi “Giganti delle Alpi”: il Monte Bianco una montagna, seconda in Europa solo all’Elbrus nel Caucaso, il Monte Cervino (4.478 m),  e  il Monte Rosa (4.634), offre la sensazione di essere sul tetto d’Europa. In questi giorni di vacanze estive, se ci troviamo in questi luoghi  possiamo approfittarne per visitare assieme alle bellezze naturali,  nella città di  Aosta, presso il Museo Archeologico Regionale di Piazza Roncas, la mostra ArteNumero. Gli artisti e il numero tra XX e XXI secolo.

L’esposizione guarda all’arte degli ultimi sessant’anni da un’angolazione particolare concentrandosi sul Numero. Oltre settanta opere di importanti artisti italiani e internazionali sono divise in cinque sezioni, in un percorso trasversale che attraversa linguaggi, tematiche e pensieri della storia in cui il numero diviene momento fondamentale di riflessione per l’artista e per l’osservatore.

La rassegna è promossa dall’Assessorato Beni e attività culturali, Sistema educativo e Politiche per le relazioni intergenerazionali della Regione autonoma Valle d’Aosta. Ha la curatela  di Angela Madesani ed è  prodotta da Nomos Edizioni.

”Nelle mani degli artisti il numero, entità creata della mente umana per misurare la realtà, il tempo e lo spazio, da strumento diventa riflessione, elemento concettuale e segno grafico, nozione astratta ma anche oggetto concreto, offrendoci visioni del mondo a volte ludiche e rassicuranti, più spesso sottilmente inquietanti e drammatiche – scrive nel  catalogo Daria Jorioz, dirigente della struttura Attività espositive e promozione identità culturale .

 Sulle orme dell’antico, da Piero della Francesca ai maestri della prospettiva, il numero diventa un elemento semantico densissimo di contenuti, che nel corso del XX secolo, dall’Arte concettuale alla Pop Art, ha rappresentato un potente catalizzatore di attenzione e che anche gli artisti contemporanei più vicini a noi maneggiano con cura e grande intensità espressiva.”

Nella prima sezione, dedicata al rapporto tra il numero e il tempo, sono esposti i lavori di alcuni fra i più importanti artisti dell’ambito concettuale internazionale come On Kawara. La grande opera di Luca Pancrazi 24 ore su 24 è un omaggio alla pratica del disegno, esercizio quotidiano di cura e di dedizione nei confronti del proprio operare.

Il numero è strettamente legato alla dimensione temporale anche nelle raffinate opere di Elena Modorati. Di Alighiero Boetti sono in esposizione due arazzi di diverse dimensioni, calendari, libri e cartoline a tema.

Un minuto di fotografia di Franco Vimercati è una sorta di manifesto in cui l’artista dichiara il punto nodale della sua ricerca: il tempo e la sua misurazione. Nella stessa stanza di quest’ultimo sono cinque opere di Roman Opalka, tra fotografie e Carte da viaggio. L’artista polacco ha realizzato dal 1965 sino al 2011 uno dei più importanti lavori sul tempo. Nell’opera di Daniela Comani Sono stata io. Diario 1900-1999 ci troviamo di fronte a una sorta di diario del XX secolo, in cui l’artista sembra vivere in prima persona ciascun evento narrato.

Nella seconda sezione, si indaga il legame tra numero e narrazione, in esposizione una Linea di Piero Manzoni, con cui l’artista crea un patto con lo spettatore, accettare quanto da lui dichiarato: la lunghezza della linea stessa.
In 1,2,3,4 del 1974 Antoni Tàpies lo utilizza per raccontare la storia delle tragiche vicende del suo paese natale, la Spagna. Il calcolo numerico, inoltre, diventa storia personale nella Via Crucis laica di Elisabetta Casella realizzata con la scagliola sul cui retro sono piccole immagini fotografiche.

Tra le opere più significative in mostra, Five Fives (to Donald Judd) di Joseph Kosuth del 1965, un’opera al neon composta da numeri che il grande artista americano dedica all’altrettanto grande artista Judd. Rimedi di Pietro Bologna del 2002 sono una serie di particolari ingrandimenti dei bugiardini degli psicofarmaci, uno dei simboli del nostro tempo, realizzati con una particolare tecnica fotografica appositamente studiata per quel lavoro.

L’artista concettuale tedesco Peter Dreher dal 1974 al 2020 ha dipinto, con la stessa luce, lo stesso bicchiere numerando le diverse opere. All’inizio del lavoro dichiarava di voler dipingere un quadro invisibile: un’utopia che per certi versi, è riuscito a realizzare.

 Paolo Pessarelli utilizza le pagine rosa piene di numeri del Financial Times per realizzare lavori di diverso tipo, a muro e a terra in cui, i numeri incolonnati sono scansioni istantanee di storie e di vite. Pagine che si fanno supporto per accogliere e sostenere le immagini di ragazze e ragazzi ripescati dall’oblio, volti scelti fra i tanti abbandonati nei mercatini dell’antiquariato.

La terza sezione è costituita dalla relazione tra numero e spazio. Una scoperta è costituita dai lavori di Andrea “Bobo” Marescalchi, affascinato dalla matematica, dalla simbologia numerica, dalla ripetizione e dalla perfezione aritmetica. Twentysix Gasoline Stations è il titolo del libro di Ed Ruscha che viene considerata a tutti gli effetti un’opera concettuale, che documenta il viaggio fatto dall’artista da Los Angeles a Oklahoma City attraverso quella che allora era la Route 66.

Nella quarta sezione il numero si rapporta con segno e immagine ed è utilizzato nella sua accezione semiotica e indicale: dalle opere pop di Ugo Nespolo alla fotografia di Luigi Ghirri, al mondo concettuale di Maurizio Nannucci, sino alle raffinate sculture di Robert Tiemann, che fanno parte della prestigiosa collezione Panza di Biumo.

Due le preziose carte di Hanne Darboven, per la quale i numeri sono un veicolo verso la musica, a sua detta unica vera scoperta dell’umanità.
Giocose le tele di Mimmo Iacopino realizzate con i metri da sarto. La casualità, il lancio dei dadi determina la scelta dei colori nelle carte di Vincenzo Merola, il più giovane degli artisti in mostra.

Il rapporto tra numero e aritmetica è il tema della quinta sezione, dove sono presenti opere di artisti concettuali, come Bernar Venet, forse uno degli autori che negli anni Sessanta si è avvicinato alla matematica con maggiore consapevolezza  e Mel Bochner che interroga le intersezioni tra linguaggio e matematica.

In mostra Pebbles, una grande opera di Laura Grisi del 1973 composta da centocinquanta immagini fotografiche, a colori, di sassi, raccolti in piccoli gruppi.
In esposizione inoltre, una grande opera con neon di Mario Merz della serie dedicata alla sequenza di Leonardo Fibonacci, tre lavori di Vincenzo Agnetti, che nel corso degli anni si è dedicato al rapporto tra matematica e linguaggio, e Era soltanto un gallo, tesoro, una installazione di sette elementi, sette dipinti di piccole dimensioni di Beatrice Pasquali che riflettono sul tema dell’ars combinatoria.

Il catalogo della mostra, bilingue italiano-francese, pubblicato da Nomos Edizioni, contiene i testi di Angela Madesani e Daria Jorioz.

Patrizia Lazzarin, 9 agosto 2024

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Giuseppe Bergomi come un Pascoli contemporaneo

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Nel museo di Santa Giulia, l’antico monastero di età longobarda è in corso una retrospettiva dedicata allo scultore Giuseppe Bergomi, che racchiude il suo lavoro di oltre quarant’anni.

Dal 12 luglio al 1 dicembre 2024 la Fondazione Brescia Musei fa focus su questo artista con una mostra  diffusa tra il Museo di Santa Giulia e il Castello. Essa include 84 opere in terracotta e bronzo realizzate dall’artista nel corso della sua carriera.

Un lessico figurativo quello di Bergomi che appare subito contraddistinto dalla presenza ricorrente di alcune donne. Fanno parte del suo universo privato: figlie, moglie, nipoti … dall’inizio della sua carriera fino ad oggi.  Si può parlare di un’opera che scorre lungo una vita. Partiamo dalla fine, da quella prodigiosa Colazione a Letto presentata, ora per la prima volta, al Museo di Santa Giulia.

Una laica sacralità: un tempo che si è fermato a condensare un momento intimo che vede riuniti nel lettone per il primo pasto della giornata, genitori, nonni e nipotine. Alma è la moglie, anch’essa artista, che spesso vedremo ritratta cogliendo momenti di vita privati, biografici di una Storia che diventa grande, tale perché capace di dare spessore ai valori quotidiani e semplici, ma per questo non meno preziosi, dell’esistenza umana.

 

Colazione a letto è un’opera capace di fermare l’istante. Un’emozione simile  la potremmo cogliere osservando il Sarcofago degli Sposi del Museo Etrusco di Santa Giulia a Roma.

Lo scultore può donare agli spettatori di ogni tempo, attimi della sua vita, come appare fin da subito, a inizio rassegna, mentre osserviamo il quadro di stampo neorealista ricavato da una foto in bianco e nero del 1978. Qui, come nelle altre dodici tele che costituiscono il nucleo della sua prima esposizione al Museo dell’Incisione di Brescia, risalta la sua poetica dedicata agli affetti familiari.

Giuseppe Bergomi nasce a Brescia nel 1953, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera, nel ’78 tiene la sua prima personale come pittore nella sua città natale.

Da quella prima rassegna comincerà a tessere relazioni  con alcune delle più importanti gallerie italiane e straniere e otterrà  il consenso della critica più prestigiosa.

 

Geometrie del cuore potrebbe essere anche il titolo che funge da leit motiv nel suo atto creativo. Spazi interiori scolpiti attraverso i  volti definiti  nell’espressione letta negli occhi, nelle labbra, nelle pose e negli atteggiamenti. Una quotidianità che si legge nella sua modernità anche grazie agli oggetti di moda che la definiscono. Una nudità a volte che si stacca dal consueto per trovare un’originalità che si lega all’occasione immediata, alla spontaneità di una posa o di uno sguardo indefinito, come in Nudo orientale con poltrona e cuscino o Naba rannicchiata in poltrona.

 Nel 1992 Jean Clair lo invitò a partecipare al premio istituito dal Centro internazionale d’Arte Contemporanea Château Beychevelle. Per questo evento lo scultore realizzò una grande terracotta raffigurante l’allegoria della Giustizia, con la quale vinse il Grand prix Château Beychevelle 1993. Nel 1996 venne invitato alla XII Quadriennale d’arte di Roma e in tale occasione la Camera dei deputati acquistò una sua opera. L’ anno successivo gli venne conferito il “premio Camera dei deputati” e si inaugurò una esposizione personale a palazzo Montecitorio.

Nel 2000 ha realizzato una grande opera in bronzo per l’acquario di Nagoya in Giappone, “Uomini, delfini, parallelepipedi”. Qui una monumentale balaustra con figure che si affaccia sull’Oceano, di circa 19 mq, raffigura bagnanti di ogni età che guardano al mare o giocano con mani e piedi con l’acqua e con i delfini che saltano verso di loro.

Grazie all’invito di Furio Colombo e Vittorio Sgarbi la sua opera «Valentina in piedi» è entrata  a far parte della collezione permanente di Montecitorio.

Oggi egli vive e lavora a Ome, in provincia di Brescia.

Patrizia Lazzarin, 8 agosto 2024

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