Dr. Fauci e mr. Trump

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Un’influenza” è stato a lungo il ritornello del presidente degli Stati Uniti Donald Trump), ha messo la lotta al Covid-19 nelle mani espertissime di un luminare della immunologia come Anthony Fauci, 79 anni, italoamericano di Brooklyn, scienziato e funzionario pubblico. E’ lui il Colin Powell, tanto per assecondare la nostra metafora bellica. Suo aiutante di campo, Deborah “Debbie” Birx, distaccata dal dipartimento di Stato dove ha lo status di ambasciatrice, medico militare, sotto le armi dal 1980 al 1994 fino a raggiungere il grado di colonnello, grande esperta, anche sul campo, di virus ed epidemie. Nel 2014 è stato Barack Obama a nominarla alla testa del piano di emergenza per la lotta all’Aids da lui voluto. Ciò poteva renderla sospetta a Donald Trump, ma per lei ha garantito il vicepresidente Mike Pence che l’ha introdotta alla Casa Bianca per coordinare la task force messa in piedi allo scopo di combattere il Covid-19.

Fauci-Birx, il generale e il colonnello, una coppia solida, esperta, affiatata, eppure ha dovuto sudare sette camicie prima di convincere il presidente che la faccenda si stava facendo davvero seria. Tanto da non evitare gli errori iniziali (messaggi pubblici contraddittori, ritardi persistenti nei test e nelle forniture sanitarie necessarie), per colpa dei quali gli Stati Uniti sono precipitati nell’inferno della pandemia e battono giorno dopo giorno ogni record di vittime tra infetti, malati e morti. Ancor oggi il team di scienziati si trova in contrasto con il primo cerchio dei consiglieri politici ed economici che hanno messo in discussione l’accuratezza dei loro modelli, fino al punto da negare l’evidenza, lamentandosi in privato della loro enorme influenza.

Il gioco del potere non si ferma davanti alla morte. E l’entourage trumpiano è perennemente diviso tra i lealisti e gli esperti sui quali viene gettata l’ombra del sospetto. L’ultimo caso riguarda il rimedio miracoloso, l’idrossiclorochina utilizzata, tra le altre cose, contro la malaria. Trump ci crede in base a quelli che egli stesso chiama “aneddoti”. Fauci è contrario: non si fida, non ci sono risultati clinici validi. In realtà, anche qui è in atto un braccio di ferro per ottenere le grazie del sovrano, perché a insufflare il presidente è il cerchio magico formato da fedelissimi come Rudy Giuliani, Larry Ellison e Laura Ingraham, tutte personalità di valore, ma digiuni di immunologia: il primo è un avvocato ed ex magistrato, campione della lotta alla mafia; il secondo, fondatore di Oracle è un guru high tech; la terza non sa nulla di preciso e di tutto un po’, è una conduttrice di Fox News la rete televisiva conservatrice, e proprio lei ha più degli altri l’orecchio di Trump. La settimana scorsa, racconta il Washington Post, ha accompagnato alla Casa Bianca due medici ospiti abituali della sua rubrica in tv, ferventi adoratori della colorochina.

Forse hanno ragione, però Fauci non si piega e non esita a contraddire Trump anche in pubblico, durante i briefing per la stampa. Lo scienziato riprende il presidente il quale trattiene a stento la sua irritazione. Il primo dice che il vaccino è ancora lontano e la situazione non può che peggiorare, il secondo sostiene che ci siamo quasi e a Pasqua sarà tutto finito. Il battibecco tra i due è diventato una situation comedy televisiva, anche se bisogna dire che Trump, impaurito e incerto, è pronto a cambiare rapidamente idea, più presto del solito. “Abbiamo discusso vigorosamente con il presidente di non ritirare queste linee guida dopo 15 giorni, ma di estenderle e ascoltarle”, ha raccontato Fauci alla Galileus Web: “Il dottor Birx e io siamo entrati insieme nell’ufficio ovale, ci siamo chinati sulla scrivania e abbiamo detto: ecco i dati, diamo un’occhiata. Il presidente li ha guardati, ha capito, e ha semplicemente scosso la testa replicando: ‘Credo che abbiamo da fare’”. Il vantaggio è che The Donald, sebbene detesti essere contraddetto (fin da quando era piccolo sostengono i suoi biografi), apprezza l’approccio diretto e chi gli tiene testa lealmente. Una volta ha ricordato l’abilità di Fauci come giocatore di basket, definendo lui e la Birx “grandi geni”, un po’ per celia un po’ per sincerità. La dottoressa colonnello ha un approccio meno frontale, forse perché, sostengono le malelingue, essendo di nomina politica può essere cacciata in ogni momento. In realtà, è proprio la sua formazione militare a spiegare un atteggiamento ispirato a disciplina e obbedienza alla catena di comando, diverso da quello scanzonato e irriverente del proprio mentore.

Il tono è certamente meno terra terra alla corte di sua maestà britannica, ma le tensioni tra politica e scienza non sono minori, anzi sono aggravate dal conflitto interno allo stesso mondo della medicina. All’ombra della “immunità di gregge” che aveva conquistato il primo ministro Boris Johnson desideroso di mostrarsi ancora una volta degno del suo mito Winston Churchill, si svolge lo scontro tra gli scienziati di Oxford e quelli londinesi dell’Imperial College. I primi, guidati dalla professoressa Sunetra Gupta, sostengono, cifre alla mano, che la mortalità del Covid-19 è inferiore rispetto alle stime ufficiali e il visus, il Sars-Cov-2, è meno aggressivo di quel che sembra. Gli altri, guidati da Roy Anderson e sostenuti dal suo protetto Neil Ferguson, hanno rigettato lo studio oxoniense considerandolo “fondamentalmente speculativo”. E mentre gli esperti si schiaffeggiavano a suon di rapporti e contro-rapporti, il governo esitava, gli ospedali si riempivano di malati, la pandemia colpiva a ritmo accelerato, come in Italia, come in Spagna, forse anche di più. C’è chi insinua che dietro lo scontro tra Oxford e l’Imperial College ci siano antiche rivalità: il trait-d’union sarebbe Anderson il quale vent’anni fa, quando era a Oxford, fece pesanti apprezzamenti sull’allora giovane collega Sunetra Gupta, arrivando a sostenere che aveva ottenuto la cattedra perché andava a letto con il capo dipartimento. Ne seguì uno scandalo, Anderson ci rimise il posto e si trasferì a Londra. Non sappiamo se abbia perdonato, certo non ha dimenticato. In ogni caso, alla fine, anche BoJo si è convinto a seguire l’Imperial College, pagando personalmente il prezzo della hybris. La politica al primo posto, ma quando la politica non è in grado di conoscere la realtà, quando in politica prevale l’incompetenza e quando vince la presunzione? Che fare allora, una volta delegittimato chi è in grado di sapere? “Conoscere per deliberare”, il monito platonico di Luigi Einaudi risuona in questi giorni, ovunque, e naturalmente anche in Italia.

Una volta scoppiata la crisi del 2008, la regina Elisabetta con il candore che solo una sovrana può permettersi, chiese ai massimi esponenti della London School of Economics perché mai non avessero capito quel che stava accadendo. Ricevette una risposta compita e contrita, piena di spiegazioni razionali e di una conclusione anch’essa candida, cioè sincera: non abbiamo capito, ci siamo sbagliati. L’episodio torna attuale ora che si scatenano le polemiche sul collasso dei sistemi sanitari e proprio nei loro punti più alti: Milano, Londra, New York. Ci vorrebbe qualcuno altrettanto sincero da porre la stessa domanda e qualcun altro così onesto da rispondere “ci siamo sbagliati”. Invece è tutto un rimpallo di responsabilità: la regione Lombardia, alla quale spetta la gestione della sanità, se la prende con Palazzo Chigi il quale replica elencando giorno dopo giorno le incongruenze e i ritardi di Milano. Intanto, il Veneto gonfia il petto arrogandosi un modello più efficace. Bella forza, replicano i lombardi, da voi si è abbattuto un temporale, su di noi un uragano. E sì che anche il governo giallorosso si è affidato a un quartetto di esperti: Walter Ricciardi, consulente numero uno, proviene dall’Università cattolica e dal policlinico Gemelli, attore per diletto, politicamente vicino a Luca Cordero di Montezemolo ai tempi di Italia Futura; accanto a lui Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità; Angelo Borrelli, un funzionario pubblico, capo della Protezione civile, è il controllore supremo; Domenico Arcuri, sceso in campo per ultimo, fa il commissario straordinario. Insomma, due medici e due amministratori. Nemmeno loro si trovano sempre d’accordo, le dichiarazioni televisive sono talvolta contraddittorie, i messaggi confusi, ma bisogna capire che Fauci-Birx, il generale e il colonnello, hanno dovuto sudare per convincere il presidente che la faccenda si stava facendo seria.

La politica al primo posto, ma quando in politica prevale l’incompetenza oppure quando vince la presunzione, come si fa?

Anche in Italia, ora che appaiono barlumi di speranza e serve una road map per la fase due, sono tornati gli scontri tra politica e scienziati nessuno possiede la ricetta, finché non ci sarà (se ci sarà) il vaccino o finché non verrà trovato un cocktail di farmaci efficace, come per l’Aids.

L’idea di mettersi nelle mani di personalità super partes è senza dubbio corretta. Tuttavia questo continuo ripetere “lo dicono gli scienziati, ci affidiamo alle loro decisioni” può sembrare un modo per diluire le responsabilità ultime che sono di chi decide sullo stato d’eccezione. Ora che appaiono barlumi di speranza ed è arrivato il momento di scegliere se e quando riaprire le gabbie in cui siamo rinchiusi da un mese, politica e scienza tornano a dividersi. Prima è cominciata la cacofonia. Poi il dissenso. Ricciardi è netto: “Sconsiglio l’apertura di fabbriche e scuole”. Conte replica: “Non siamo in Cina, la gente non può stare troppo a lungo in casa”. Gli industriali premono: “L’economia deve ripartire”. I sindacati frenano: “La salute innanzitutto”. Gli unici a tacere, sconfitti dalla falce nera del Covid-19 sono i no vax. Ma non per molto, siamo pronti a scommetterlo.

La gestione del dopo, la riapertura progressiva, è ancora più difficile. Passare dalla strategia della soppressione a quella del contenimento flessibile è rischioso (a Singapore siamo alla terza ondata, a Hong Kong alla seconda, in Cina il virus si sposta da un distretto all’altro) e soprattutto estremamente complesso, richiede controlli a tappeto e la mobilitazione di una struttura sanitaria oggi sotto stress e in pieno collasso nelle regioni più colpite, dalla Lombardia all’Emilia. Affinché riesca occorre una collaborazione stretta tra tutte le istituzioni e la politica, ci vuole soprattutto fiducia negli amministratori e negli esperti. Torniamo così a Clemenceau. Si potrebbe replicare che la pace è troppo seria per lasciarla ai governi, del resto il vecchio radicale francese fu tra i protagonisti del rovinoso trattato di Versailles che nel 1919 emarginò l’Italia vincitrice e aprì la strada a Mussolini, ma soprattutto umiliò la Germania, innescando quel sentimento di rivalsa cavalcato dai nazionalisti e da Hitler. Allora, attenti al primato della politica, che ha le sue ragioni anche se la ragione talvolta non riesce a comprenderle.

Stefano Cingolani  - Il Foglio – 13 aprile 2020

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L’incompetenza della Cina ha trasformato il Covid-19 in una pandemia mondiale

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Dall’insabbiamento delle prove al mancato blocco dei voli internazionali, Niall Ferguson propone sei domande per Xi Jinping. Nel romanzo di fantascienza Il problema dei tre corpi di Liu Cixin, la Cina prima crea e poi risolve una minaccia esistenziale per l’umanità, scrive Niall Ferguson. “Pensavo fosse una strana trama quando ho letto il libro l’anno scorso. Uno scienziato cinese rivela la posizione della Terra a un pianeta ostile di nome Trisolaris, ma un suo connazionale compromette il piano di invasione di Trisolaris e salva il mondo. I romanzi di fantascienza occidentali generalmente seguono una trama diversa. I cattivi (i tedeschi, i russi, i cinesi o semplicemente gli alieni) fanno i danni mentre i buoni (che parlano inglese) salvano il mondo. Leggendo il libro di Liu Cixin ho imparato che in Cina le cose funzionano diversamente. Per i cinesi è accettabile rovinare il mondo per poi salvarlo. La minaccia a cui ci troviamo di fronte oggi non è ovviamente l’invasione degli alieni. Il coronavirus non proviene dallo spazio anche se, come Trisolaris, si pone l’obiettivo di colonizzarci. I primi casi di coronavirus si sono verificati in Cina, così come i primi messaggi a Trisolaris erano stati inviati dalla Cina''.

Se siete vittime dell’ossessione moderna con l’inclusione culturale e la sensibilità, potreste essere infastiditi dal fatto che Donald Trump si riferisca al Covid-19 come ‘il virus cinese’. Ma il presidente americano ha il diritto di usare questo termine così come le persone nel 1968 avevano il diritto di rivolgersi all’influenza A (H3N2) come ‘l’influenza di Hong Kong’, ovvero il luogo in cui si erano verificati i primi casi. Come nel romanzo di Cixin, la Cina ha causato il disastro del coronavirus ma oggi vuole prendersi il merito per averci salvato. Attraverso l’esportazione di tamponi (la maggior parte dei quali non funzionano) e di mascherine (la maggior parte funzionano, ma ho acquistato la mia da Taiwan, grazie mille), il governo cinese cerca di trasformare una sconfitta in una vittoria.

Il vice direttore del dipartimento di informazione del ministero degli Esteri cinese ha avuto il coraggio di sostenere la teoria complottista secondo cui il coronavirus sarebbe originato negli Stati Uniti. La cosa peggiore è che molte persone nel mondo occidentale sono così accecate dall’odio verso Trump, così corrotti dai soldi dei cinesi o, nel caso dell’Italia, così delusi dalla risposta egoista dei loro vicini europei, che finiscono per credere a queste ipocrite menzogne. Quest’anno c’è stato qualcosa di più sciocco della campagna ‘Abbraccia un cinese’ promossa del sindaco di Firenze?”.

Ferguson riassume l’assurda propaganda del Partito comunista cinese in risposta al coronavirus e propone una lista di sei domande da fare a Xi Jinping.

Primo, cosa è successo a Wuhan tale da provocare il coronavirus? Sarebbe già piuttosto grave se l’epidemia si fosse originata nei mercati che il tuo regime non ha chiuso. Ma se il contagio si fosse diffuso a causa delle inefficienze nella sede di Wuhan del Centro cinese per la prevenzione e il controllo delle malattie, sarebbe anche peggio. E’ assurdo fare ricerca su alcune epidemie potenzialmente letali come il coronavirus in una metropoli come Wuhan.

Secondo, è vero che il governo di Pechino ha occultato le prove dopo che è emerso che la trasmissione del virus avveniva attraverso gli esseri umani? Oggi sappiamo che tra il 12 dicembre e la fine del mese ci sono stati 104 casi di coronavirus, che hanno generato 15 morti. Perché il governo ha ripetuto fino al 31 dicembre che non c’erano prove chiare che la trasmissione avvenisse tra esseri umani? E perché la linea ufficiale è cambiata solo il 20 gennaio?

Terzo, perché il 23 gennaio hai vietato i voli dall’Hubei al resto della Cina ma non dall’Hubei al resto del mondo? Solitamente gennaio è il mese con il più alto traffico aereo dalla Cina all’Europa e all’America per i festeggiamenti del capodanno cinese. Secondo le informazioni disponibili, i voli da Wuhan a Londra, Roma, Parigi, New York e San Francisco sono proseguiti per tutto il mese di gennaio e in alcuni casi fino a febbraio. Non hai perso tempo a limitare i voli internazionali verso la Cina una volta che il Covid-19 è diventato un fenomeno globale, ma il tuo approccio è stato molto diverso quando voi avete esportato l’epidemia in occidente.

Quarto, per quale ragione il portavoce del ministero degli Esteri ha diffuso una teoria complottista falsa sui social media, e perché non è stato licenziato? Anche il vostro ambasciatore in America ha smentito la fake news. Restiamo in attesa di capire chi dei due riceverà il vostro appoggio.

Quinto, dove sono il tycoon Ren Zhiqiang e il medico di Wuhan Ai Fen, solo per citare due dei cittadini cinesi che sono scomparsi dopo avere criticato il modo in cui il governo ha gestito il Covid-19? Infine, quante persone sono state uccise dall’epidemia? Non mi aspetto delle risposte nitide a queste domande, così come non abbiamo avuto delle risposte nitide dall’Unione sovietica dopo il disastro di Chernobyl. Ma credo che dobbiamo continuare a porci queste domande, anche solo per vaccinarci dall’altro virus proveniente dalla Cina, ovvero la disinformazione digitale che Xi ha imparato dal suo amico russo Vladimir Putin. La Cina ha un problema. Non si tratta del ‘Problema dei tre corpi’, un libro brillante che ci ricorda che gli scrittori cinesi possono produrre grande letteratura, così come i ricercatori cinesi sono capaci di prodigiose scoperte scientifiche. Lo stesso valeva per i russi che vivevano sotto il comunismo. Il problema della Cina, come quello della Russia prima del 1991, è il ‘Problema del Partito unico’. E finché un quinto dell’umanità verrà sottoposto alla volontà di un’organizzazione corrotta, senza vincoli e assetata di potere, il resto dell’umanità non potrà stare al sicuro”.  Dal Sunday Times del 4 aprile 2020

Niall Ferguson - Sunday Times -4 aprile 2020 - Il Foglio – 13 aprile 2020

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I dem a guida Biden tornano in corsa per la Casa Bianca

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Ad oggi i sondaggi “nazionali” danno Biden avanti di diversi punti su Trump (circa 48-49% su 41-42%), ma il sistema elettorale è tale per cui il numero totale dei voti non è indicativo della vittoria di un candidato sull’altro, come insegna la vittoria di Trump nel 2016. Quel che al dunque decide sono i voti dei singoli Stati nel “collegio elettorale”, in particolare i risultati degli Stati che oscillano tra i due partiti. Il commento di Massimo Teodori, americanista, su Huffington Post.

Usa, a novembre lo scontro Trump-Biden per la Casa Bianca

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