Ulisse, l’arte e il mito

Ulisse, l’arte e il mito

L’Odissea è il racconto del viaggio di Ulisse, ma al tempo stesso è la metafora  del desiderio di conoscenza  dell’essere umano e del suo  spirito estremamente  vitale d’avventura. Nello spazio ampio dell’ex chiesa di San Giacomo Apostolo e nelle sale dell’antico convento domenicano della città di Forlì, si narra la vicenda di Ulisse, dell’eroe omerico che seppe, con l’astuzia, mettere la parola fine all’assedio della città di Troia, durato dieci anni, a seguito al rapimento da parte del giovane Paride della bellissima e contesa Elena, moglie del re greco Menelao.  In fondo alla lunga navata della basilica, il Cavallo realizzato in alluminio dall’artista contemporaneo Mimmo Paladino, nel suo colore grigio che rimbalza con i toni chiari delle pareti dell’edificio, sembra far ripartire la moviola di una narrazione antica e far scorrere davanti ai nostri occhi le vicende che portarono alla conquista della città troiana. Immaginiamo scendere i soldati da quel cavallo e …  restiamo bloccati ed esterrefatti a guardare il bel calco del XVIII secolo dei Musei Vaticani del sacerdote Laocoonte, di cui ci narra Virgilio nell’Eneide, che cerca invano di far comprendere ai troiani il pericolo e viene stritolato assieme ai  figli, fra dolorosi contorcimenti, dalle spire dei serpenti inviati dalla dea Atena, favorevole alle sorti dei Greci. Ulisse. L’arte e il Mito la mostra che si e’ aperta nell’antico monastero forlivese e che sarà visibile fino al 21 giugno, racchiude il significato universale di questo eroe greco che è diventato nei secoli un simbolo in grado d’incarnare i valori o meglio il sentire della civiltà antica e al tempo stesso di quella moderna. Eterno viaggiatore, il suo ritorno a casa nella sua cara Itaca,  è lungo e costellato di avventure in luoghi che mescolano reale e fantasia, vicino a maghe e ninfe, tentato dal canto delle sirene, prima di poter riabbracciare la moglie Penelope e il figlio Telemaco, insidiati dai Proci che vogliono usurparne il potere, sposando Penelope. La donna, come tutti sanno, resiste tessendo quella famosa tela, diventata un simbolo della perseveranza e della fedeltà femminile. Duecentocinquanta opere in mostra, dall’antico al Novecento, provenienti dai più famosi musei nazionali ed internazionali, alcune mai uscite dalle loro sedi originarie, sono i tasselli di un mosaico che testimonia l’accoglienza e l’attenzione riservata alle vicende del poema omerico e  ai suoi protagonisti nella cultura occidentale. Accanto ad Ulisse incontriamo Penelope, la maga Circe, il mostro Polifemo, la ninfa  Calipso, le Sirene che ammaliano con il loro canto  e l’Olimpo degli Dei, da Zeus a Poseidone, da Afrodite ad Atena, che diventano emblemi dei vizi e delle virtù degli esseri umani. Sensibilità, idealità, convinzioni diverse nei secoli saranno espresse dagli artisti e dagli scrittori, che nella pittura, scultura, nelle pagine miniate, nella poesia e nei trattati di scienza, riserveranno spazi maggiori o minori alle diverse figure del mito di Ulisse, ai suoi compagni di viaggio e di vita. L’idea del viaggio, soprattutto nei mari che appaiono infiniti, ci suggerisce, appena entrati negli spazi della mostra, la nave greca di Gela del V secolo a.C., che dopo una lunga permanenza nelle profondità delle acque marine, possiamo ora ammirare in parte, miracolosamente ricostruita. Essa diventa quasi  il simbolo della parabola esistenziale di Ulisse, ma può essere  anche il comune denominatore dell’uomo di ogni tempo che viaggiando cerca il nuovo, l’altro, o ancora se stesso. E tutti quegli dei, attorno, accanto alle pareti, nella bellezza della nudità dei loro corpi, come nella statua di Venere, tipo Landolina, del II sec d.C. del Museo Archeologico del Molise o nell’Afrodite pudica del I secolo a. C., di collezione privata,  o ancora  nella forza della loro muscolatura tesa nello sforzo, come, in quella copia in gesso dipinto, dello Zeus bronzeo dell’Artemision dell’Università di Ginevra, sono gli interlocutori privilegiati  di un dialogo dove l’uomo s’interroga del suo ruolo nel mondo. Dei litigiosi e dei solidali che mutano le sorti di eroi e di  uomini semplici. Nelle sale dell’esposizione scorrono soggetti ed avvenimenti  del grande poema omerico dell’Odissea che  hanno avuto fortuna e sono entrati nel patrimonio comune di idee. Omero, di cui sono ammirabili due ritratti del tipo ellenistico cieco del II secolo, è stato interprete di un sentire umano ricco di poesia e non solo di racconti di guerre,  di un  gusto della vita che si alimenta di contrasti.  I vasi greci nelle loro forme eleganti,  siano essi un’hydria, un’oinochoe o una kylix mostrano la fortuna nell’antichità dell’episodio dell’accecamento del mostro Polifemo. Con esso si  rivela  l’intelligenza  di Ulisse  che  insieme ai compagni riesce ad infilzare un grosso e lungo  palo  nell’occhio di Polifemo e non finire così ingoiato nel ventre  del  gigante. Questo successo  continuò anche in epoca romana. Nella villa della Sperlonga  l’imperatore Tiberio aveva commissionato un ciclo  di sculture sulle imprese di Ulisse di cui faceva parte l’accecamento di Polifemo. Scene dell’Odissea sono visibili negli affreschi, risalenti al I secolo a.C., strappati da una casa romana a metà dell’Ottocento, e ora di proprietà dei Musei Vaticani. Colori luminosi, a volte avvolti in una nebbiolina pronta a dissolversi, riempiono la tavolozza dell’affresco che ci conduce ai luoghi della Discesa di Ulisse negli Inferi. Fu notevole la fortuna di Ulisse in epoca imperiale: la caduta di Troia dovuta alla sua astuzia è anche il punto d’avvio di un mito  che conduce ad Enea, eroe della stirpe troiana da cui trae origine la famosa gens Iulia, fino ai lidi laziali e alla fondazione di Roma, a quella  Roma che diventerà poi un impero. Un altro mito quello delle Sirene sembra accompagnare con il loro canto, nelle forme prima di donne – uccello e poi di donne - pesce l’immaginario occidentale. Donne che diventate in maniera progressiva nello scorrere dei tempi, sempre più belle e seducenti, incarneranno in epoca simbolista l’idea  di un amore passionale e coinvolgente, dove l’elemento acqueo e il mare in particolare, sembrano lo scenario ideale per la manifestazione di istinti fortemente vitali e dove il fascino femminile si unisce  alle meraviglia del mondo naturale. Si possono citare come esempi: l’opera Tritone e Nereide del 1895 di Max Klinger, le Sirene di Cesare Viazzi  e la Sirena di John William Waterhouse dei primissimi anni del 900’. Le sirene sono viste come   dispensatrici di sapienza ma anche di morte. Due temi importanti nella vita di Ulisse  e di ogni uomo. Ulisse che Dante collocò nell’ottava bolgia dell’Inferno, quella dei fraudolenti, assieme a Diomede con il quale ha rubato il palladio da Troia e come  artefice dell’inganno del cavallo. Al poeta fiorentino Ulisse interessa soprattutto per la sua umanità: per quel suo desiderio di conoscenza proprio di ogni essere umano dotato di intelletto, che si scontra nella ricerca dell’infinito e della natura dell’universo con i limiti della ragione. Voci  ancora, non più  delle Sirene stavolta, si sentono  fuoriuscire da una sala dell’esposizione, dove si proietta un’immagine che avvolge l’eroe greco in lingue di fuoco. Voci, echi  di ieri … che affascinano per le suggestioni dei quesiti. In un  video, quasi alla fine del percorso espositivo, in Encounter, opera di Bill Viola, famosissimo artista contemporaneo, due donne camminano in viaggio verso poli opposti e  s’incontrano, per pochi attimi, all’intersezione dei loro percorsi. La conoscenza della donna anziana passa così  alla più giovane. Un sapere è ancora qui, nel video, il significato principale  delle vite di noi uomini. Una figura  portatrice di un significato emblematico riconosciuto è Penelope, da quella  in marmo del I secolo d.C. dei Musei Vaticani, assorta in pensieri, a quella  del Beccafumi del 1514, nella sua eleganza rinascimentale, da quella della pittrice svizzera Angelica Kauffmann dal volto chino sul telaio e vestita di preziose vesti degli anni 60’ del Settecento  a quella infine, dove si vede intenta a disfare la sua tela, al lume di candela, nel dipinto di Joseph Wright of Derby,  negli anni  80’ dello stesso secolo. La rassegna, come si è detto, ricchissima di opere è articolata in sedici sezioni e  fa focus su Ulisse, un mito diventato storia, non su un periodo o su un autore come ha spiegato Gianfranco Brunelli, direttore del progetto espositivo.  Essa è la quindicesima mostra forlivese ideata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì in collaborazione con il Comune e ha la main partnership di Intesa Sanpaolo. Il comitato scientifico della mostra è composto dal presidente Antonio Paolucci, dal direttore Gianfranco Brunelli, dai curatori della mostra  Francesco Leone, Fernando Mazzocca, Fabrizio Paolucci, Paola Refice e da numerosi studiosi fra cui Daniela Vullo della Soprintendenza ai Beni Culturali di Caltanissetta a siglare un’intesa di collaborazione con la Regione Sicilia. Il catalogo è edito da SilvanaEditoriale e speciale menzione merita l’allestimento dello studio Lucchi e Biserni che ha realizzato anche il cavallo sul piazzale antistante l’ingresso, che nella sua mole bianca annuncia la mostra ai visitatori.

Patrizia Lazzarin, 16 febbraio 2020

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