Obama ha chiesto all'Italia di armare i Tornado

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Se qualcuno avesse in mente un peace enforcing che sarebbe rischiosissimo e richiederebbe l’utilizzo di decine di migliaia di uomini per essere efficace, se si volessero occupare le coste, se si dovesse affrontare la testa di ponte creata dall’Isis (che ieri a Sirte ha imposto il niqab alle studentesse), se insomma per riportare l’ordine in Libia si dovesse fare la guerra a terra, avrebbero senso le nostre ripetute richieste? L'editoriale di Franco Venturini sul Corriere della Sera. 

Renzi, bombardo sì o bombardo no?

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Le sfide degli Stati Uniti

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Tre eventi si stanno sviluppando in aree differenti, ma sono tra loro connessi. E' la potenza militare Usa che garantisce i confini in tutto il mondo. In Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno un'imponente presenza navale e area. Nell'Asia orientale, la Marina americana è cresciuta abituandosi a trattare il Pacifico come un “lago americano”, garantendo libertà di navigazione e fornendo rassicurazioni ai suoi alleati. In Europa, infine, la Nato preserva l'integrità territoriale dei suoi Stati membri – e gli Stati Uniti pesano per il 75% della spesa militare dell'Alleanza Atlantica. Le cose, tuttavia, stanno cambiando. L'intervento russo nella guerra civile siriana ha reso evidente la portata effettiva della perdita di controllo in Medio Oriente da parte degli Usa, dopo gli sconvolgimenti della primavera araba e il ritiro delle truppe americane dall'Iraq. Con gli Stati Uniti riluttanti a schierare nuovamente proprie forze di terra in Medio Oriente, Mosca ha individuato un vuoto di potere e si è mossa per riempirlo. Scagliando missili da crociera sulla Siria, i russi hanno persino inscenato un'emulazione beffarda dei precedenti interventi militari Usa nella regione. L'editoriale di Gideon Rachman su Il Sole 24 Ore.

Il declino degli Usa

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Devastanti le conseguenze della guerra in Siria

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La moderna guerra totale assomiglia tanto al caos dell’era pre-moderna in Europa. Oggi come allora alla radice c’è la totale assenza di una leadership internazionale in grado di mantenere in equilibrio i vari poteri. Né Washington, né Bruxelles hanno una visione chiara del futuro del Medio Oriente ed improvvisano a seconda di come gira il vento dell’opinione pubblica. Siamo passati dalla politica egemonica di Bush al soft-power di Obama ottenendo gli stessi disastrosi risultati. Ma anche gli europei hanno le loro responsabilità, se è vero che Berlusconi, Aznar e Blair hanno sottoscritto con entusiasmo la dottrina dell’attacco preventivo in Iraq, i politici attuali hanno seguito come fedeli cagnolini lo stile politico di Obama. Troppo presi delle perenni campagne elettorali hanno dimenticato l’importanza della politica estera per la pace nel mondo. Un articolo di Loretta Napoleoni su Il Fatto Quotidiano.

Medio Oriente in fiamme e l'Europa non sa che fare

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