Colori e forme in dialogo, nell’incantevole Venezia

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“Affinità elettive”: la duplice rassegna apertasi in questo fine settimana alla Casa dei Tre Oci, nell’isola della Giudecca e alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, richiama nel titolo  il romanzo di Johann Wolfgang Goethe, poeta, saggista e filosofo tedesco che aveva trascorso alcuni mesi a Venezia, durante il suo “gran tour”  in Italia.  Nel nome si  lega  anche all’aspirazione  della stessa  mostra che rende nuovamente fruibile, dopo il restauro, la casa dei Tre Oci, il gioiello neogotico progettato e costruito nel 1913, come casa e studio privato, dall’artista Mario De Maria e, diventato ora la  nuova sede del Berggruen Institute Europe.

L’esposizione ha la curatela di Giulio Manieri Elia e di Michele Tavola, direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e di Gabriel Montua e Veronika Rudorfer, direttore e curatrice del Museum Berggruen di Berlino. Quest’ultimo è uno dei più importanti istituti statali europei di arte moderna che prende il nome dal collezionista tedesco Heinz Berggruen (1914-2007).

Nel 2000, la Stiftung Preussischer Kulturbesitz (Prussian Cultural Heritage) è riuscita ad acquistare la collezione di Heinz Berggruen, per la Nationalgalerie, con il finanziamento del governo tedesco e dello stato di Berlino. L'edificio dove si trova il museo è attualmente in restauro e riaprirà nel 2026.

Dal 24 marzo al  23 giugno 2024  per la prima volta in Italia, saranno messi a confronto  quadri e disegni del Museo Berggruen di Berlino con i capolavori delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Un dialogo alla ricerca di nuovi significati e legami nel mondo dell’arte, fra le 40 straordinarie opere di Picasso, Matisse, Klee, Giacometti e Cézanne, provenienti dal museo tedesco, e  le creazioni di Giorgione, Sebastiano Ricci, Pietro Longhi, Giambattista Tiepolo e Canova del museo veneziano.

Alle Gallerie dell’Accademia 17 opere provenienti dal museo berlinese verranno a  far parte del percorso del museo, coinvolgendo i visitatori in un gioco paragonabile ad una caccia al tesoro. Tra gli accostamenti più suggestivi e curiosi per le riflessioni che ne potrebbero scaturire vale la pena di segnalare due capolavori assoluti: il ritratto di Dora Maar realizzato da Picasso posizionato accanto alla Vecchia di Giorgione. Opere molto diverse ma entrambe riguardanti una relazione intima con il ritrattista. Due studi di Picasso per Les Demoiselles d’Avignones sono posti poi accanto ad una serie di bozzetti di Tiepolo come anche  i due grandi scultori Giacometti e Canova stimoleranno nuovi pensieri e invenzioni.

Alla Casa dei Tre Oci il percorso espositivo prosegue nella nuova sede del Berggruen Institute Europe. Finalmente dopo mesi di chiusura il Palazzo sarà visitabile. Esso diventerà un luogo di studio e di confronto internazionale ospitando mostre, workshop e simposi. Qui si potranno ammirare 40 opere su carta della collezione grafica delle Gallerie dell’Accademia e 26 provenienti dal Museum Berggruen: acquerelli e opere su carta di Klee, Picasso, Cézanne e Matisse. Il confronto tra le creazioni delle due collezioni è il file rouge dell’esposizione e consentirà ad ogni visitatore di scoprire  le affinità che le legano a partire  dall’analisi delle loro forme e colori.

Patrizia Lazzarin, 24 marzo 2024

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Venezia bianca

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A  Venezia, città che galleggia sull’acqua, popolata di barche e gondole mentre i suoi palazzi si affacciano su una distesa liquida attraversata da canali e ponti, quando nevica evento rarissimo,  ognuno vive attimi di meraviglia. Venezia romantica per antonomasia, diventa ancora più preziosa.  La neve bianca e soffice copre tutto di  un candore che trasforma il paesaggio in un dolce al marzapane dove distinguiamo modificate le sembianze delle cose.

I fiocchi come  gioielli naturali in forma di cristallo si appoggiano riempiendo di luce ogni luogo. Immagini di questo evento racchiudono in sé una profonda magia che avvolge anche le persone che vediamo camminare tra la neve. L’esposizione che possiamo ammirare da dicembre presso la Fondazione Wilmotte grazie alla  partecipazione del Circolo Fotografico la Gondola e dell'Archivio della Fondazione Querini Stampalia - presenta - per la collezione Luigi Ferrigno - 49 immagini in bianco e nero dal titolo "Venezia bianca".

Questa raccolta di fotografie rende omaggio all'eterna bellezza dell’antica città che era stata regina dei mari. La mostra, concepita come un viaggio fotografico, è divisa in tre temi principali: Piazza San Marco, le gondole e la gente.

Una foto del 1956 ritrae un bambino vestito con un cappotto e un berretto spruzzati di neve che, seduto su dei gradoni poco sopra un canale d’acqua sorride con la testa china  guardando il piccolo mondo intorno a lui. Un mondo fatto anche dei suoi piccoli scarponi imbiancati e di un freddo che sembra intirizzire e stupire alla stessa maniera. Le foto raccontano attimi di vita catturati, racchiusi nella memoria e consegnati al nostro sguardo curioso.

Sono salti e rincorse di bambini e adulti tornati a giocare che si lanciano palle di neve sulla piazza vestita di un manto candido. Un signore anziano cammina lungo le Fondamenta e sulla parete un vecchio poster di più di cinquanta anni fa che ci restituisce le atmosfere di Carosello, si legge a malapena perché la neve ha veramente coperto anche le pareti dei palazzi. Le gondole portano carichi diversi ora, soffici e bianchi che le riempiono. Attraccate ai moli, sono imprigionate nella loro immobilità, dentro l’incantesimo di una fata buona che  ha reso ogni cosa più bella. Il silenzio ha maturato un suono diverso.

Dentro un universo in cui camminiamo in punta di piedi, il candore e lo stupore hanno fermato le attività dell’uomo. Pace: attimi sospesi. Uno sguardo nuovo su una città che narra vicende che si dipanano nei secoli. In questo luogo dal sapore speciale la  Fondation Wilmotte favorisce  l'incontro tra due mondi: il patrimonio architettonico di Venezia e le forme architettoniche contemporanee. È allo stesso tempo un laboratorio e una vetrina.

E sempre parlando di Venezia, Paolo Monti,  uno dei primi fondatori del Circolo Fotografico La Gondola ha scritto le seguenti parole. “Ricordare come nacque "La Gondola" vuol dire soprattutto ricostruire un tempo perduto: quello dei primi anni successivi alla guerra quando le nostre attese e le nostre speranze erano acutissime e incoraggiate da una vita nuova piena di scoperte e di possibilità future. Venezia era per me così eccezionale che mi eccitava in molte direzioni del conoscere e del fare, soprattutto del fare fotografie. Gli altri fondatori furono Gino Bolognini, Giorgio Bresciani e Luciano Scattola.

Patrizia Lazzarin, 4 gennaio 2024

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Quando... le donne si misero a comporre

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“Conoscete qualche donna compositrice?” Un quesito che rivolto a numerose persone durante un’indagine svolta da un gruppo di studenti, in una piazza di un mercato cittadino, ha ricevuto per lo più come risposta: “Non ci sono state”. A Palazzetto Bru Zane, Centro di Musica Romantica a Venezia, la ricorrenza dell’otto marzo è diventata l’occasione per cercare di risolvere un mistero …    Ancora oggi se noi andiamo a cercare nelle presenze delle principali manifestazioni musicali, vediamo  che le compositrici sembrano quasi scomparse. Il Maggio fiorentino di quest’anno include nel suo programma 29 concerti e 53 compositori, di cui 19 contemporanei e fra quest’ultimi, solo 3 sono donne. Il fenomeno non è diverso anche se andiamo a guardare i manifesti di altre famose manifestazioni concertistiche. Tranne qualche rarissimo caso poi, le compositrici anche molto brave, ma vissute un tempo, sembrano sparite.

Eppure fino all’Ottocento le donne, si sono espresse, anche nella ritualità del passaggio delle stagioni, con canti, balli e suonando strumenti. Per poter comprendere questo fatto straordinario, uno dei più grandi “gialli” della storia, andiamo a consultare le fonti. Le indicazioni ci vengono fornite dalla studiosa di Musica, Monique Ciola, nell’ambito della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, in una conferenza tenutasi nella sala affrescata del piano nobile di Palazzetto Bru Zane. Del Paleolitico, intorno al 20.000 a.C., è conservata una scultura che raffigura la Dea del Corno, in cui appare una donna con uno strumento musicale. Tanti millenni fa abbiamo così una chiara testimonianza, scolpita nella pietra, di un essere umano femminile che si dedicava alla musica. In un sarcofago nel museo egizio di Torino incontriamo la Cantatrice di Amon, ossia di una delle più importanti divinità religiose di quell’antico regno.

Esistono nei secoli centrali del Basso Medioevo trovatrici e non solo trovatori, come dimostrano i nomi di donne preservati dall’oblio dei secoli, i brani delle loro poesie e delle loro musiche, ma è soprattutto  a partire dal IX fino al XVII secolo, nei  monasteri benedettini femminili, dove la musica rivestiva un ruolo importante nella liturgia, che le donne in queste oasi di pace, sono pienamente libere di creare.  Pensiamo che la  seconda figura più importante, dopo la badessa, in questi conventi era  la direttrice di coro, colei che insegnava e componeva i canti. Fra queste monache ricordiamo Isabella Leonarda, di nobile famiglia,  che entrò a 16 anni nel monastero delle Orsoline a Novara. Vissuta fra il Seicento ed il Settecento, fu la prima musicista a scrivere sonate per vari strumenti. Nel Rinascimento, Maddalena Casulana, liutista e cantautrice, visse alla Corte dei Medici e  compose  500 madrigali. In uno dei suoi  primi testi stampati a Venezia, nella dedica scritta da un italiano, compare una  difesa  dell’intelletto delle compositrici che vuole contestare le convinzioni del tempo sulla presunta incapacità femminile in questo campo. Potremmo considerarlo un primo manifesto politico a favore delle compositrici. Cosa ha impedito allora  alle donne di arrivare sui palcoscenici? Purtroppo gli impedimenti sociali.

La sorella di Mozart, Marianna, bambina virtuosa al pari del fratello, quando raggiunse i diciotto anni, rimase a casa e smise di suonare in tournée, perché non era opportuno che una ragazza in età da marito viaggiasse. Maria Rosa Coccia, siamo ancora a metà del Settecento, riceve un’educazione musicale e supera l’esame per essere Maestra di Cappella della Congregazione di Santa Cecilia, ma non poté dirigere a seguito di una querelle, anche pubblicata, che la denigrava ingiustamente. Marianne von Martines, compositrice non poté ricevere uno stipendio, pur essendo brava e stimata, poiché era  nobile e non poteva essere pagata.  Fanny Mendelssohn, ricevette la stessa educazione del fratello Felix, ed era bravissima, ma non poté pubblicare. Cécile Chaminade, che comunque ebbe una vita ricca  di successi e fu premiata con la Legione d’onore francese, non poté iscriversi al Conservatorio per divieto del padre e ricevette solo lezioni private. Donne che avevano talento da vendere, ma subirono molte costrizioni.

Patrizia Lazzarin, 10 marzo 2022

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