Il caos da Palazzo Chigi ad Arcore, passando per Bari

Detto fuori dai denti, i nostri uomini politici non brillano per chiarezza di comportamenti. L’opinione pubblica è confusa, e questa condizione è determinata dalle parole dei parlamentari di primo piano. Renzi stringe un patto con Berlusconi (il patto del Nazareno) quando ancora non era a Palazzo Chigi. Quasi come se avesse preparato insieme al suo avversario politico, cacciato dal Senato anche per suo determinante impulso nell’autunno del 2013, la pugnalata alla schiena del povero Enrico Letta, colpevole di non avere raggiunto significativi risultati nei suoi otto mesi di governo. Non è che Renzi abbia raggiunto nel suo primo anno di guida dell’esecutivo esiti straordinari. Anzi, c’è da sottolineare che negli ultimi anni l’unico trimestre in cui il pil italiano ha avuto un micro segnale positivo è stato il quarto del 2014 (+0,1%) quando governava proprio Letta. Dopo si sono susseguiti periodi di negatività con aumenti della disoccupazione e discesa nella recessione. Colpa di Renzi? No. Ma le mirabolanti promesse del figliolo di Nicolò Machiavelli non si sono appalesate. Con grande scorno dell’ex primo cittadino di Firenze. Che sperava, nel momento in cui cacciava da Palazzo Chigi il povero Enrico Letta, di invertire il trend della nostra economia, regalando 10 miliardi di euro a chi il lavoro ce l’aveva e negando quel che il paese reale chiedeva, una drastica diminuzione del prelievo fiscale ad aziende e sulle magre buste paga dei lavoratori, una riduzione degli immensi sprechi della pubblica amministrazione (qualcuno ha calcolato che nel solo settore della sanità sussistono sprechi per non meno di 30 miliardi di euro!), nonché un sostegno ai milioni di senza lavoro, con interventi mirati per il perseguimento dell’obiettivo di aumento dei livelli dell’occupazione, in particolare quella giovanile. Matteo Renzi galleggia, come prima di lui Enrico Letta e, prima ancora, Mario Monti. Quest’ultimo responsabile del più sciagurato provvedimento legislativo che la storia repubblicana abbia registrato: l’inserimento del fiscal compact nella Costituzione. Ma di questo fatto sono responsabili un po’ tutti i nostri parlamentari. E con loro il vecchio presidente Napolitano. Con la situazione drammatica dei conti pubblici (indebitamento del 133% sul Pil), il Paese in recessione, non era la ricetta giusta per guarire i mali dell’Italia. Nel 2011 Giorgio Napolitano avrebbe dovuto mandare il Paese ad elezioni anticipate attribuendo a Mario Monti il laticlavio per imbarcarlo a Palazzo Chigi a guida dell’esecutivo. Monti ha fatto sfracelli e se avesse un minimo di dignità dovrebbe dimettersi dal senatore a vita (scelta che non gli passa per l’anticamera del cervello) e ammettere pubblicamente di avere fallito nell’impresa di cercare di tirar fuori il Paese dalle sabbie mobili della recessione. Anche Giorgio Napolitano dovrebbe fare analoga ammenda di errore politico mostruoso. Diceva Dante che del senno di poi son piene le fosse. D’accordo, ma un minimo di resipiscenza non guasterebbe. L’Italia, i suoi cittadini, non meritano figure politiche così meschine. Prima o poi anche al signor Renzi chiederà conto delle mille promesse non mantenute. Il Patto del Nazareno? Una follia. Come può un uomo di governo che ogni giorno che passa parla di trasparenza stipulare dei patti segreti con il nemico? Male hanno fatto gli opinionisti a non chiederne conto. Male ha fatto il Parlamento ad accettarlo così supinamente. Il comportamento del premier è assolutamente inaccettabile. Questa non è democrazia. Hanno avuto ragione da vendere i parlamentari del Movimento 5 Stelle ad indignarsi e a criticare aspramente questi pseudo-accordi di cui si è parlato e discusso per un anno intero, gettando nella confusione un Paese intero. Determinato dai contradditori comportamenti del duo Matteo&Silvio. o Sono consapevoli di un legame profondo che unisce i loro cuori o sono amanti a loro insaputa? Cosa c’era scritto nel patto del Nazareno? Esiste? Non esiste?  Ognuno ha raccontato la sua verità. Berlusconi la sua. Renzi la sua. Verdini e Fitto la loro. Adesso abbiamo Sergio Mattarella al Quirinale e qualche cosa cambierà. Lo capiremo fra qualche settimana.

Marco Ilapi

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Matteo rischia tutto e iI Pd perde pezzi

Riforma del Porcellum: quel che è accaduto a Palazzo Madama autorizza il sospetto che davvero Bersani & co, più Fitto & co dall’altra parte, possano passare all’opposizione del governo, oltre che del partito del Nazareno. Se così fosse il terreno ideale per la resa dei conti, col favore del voto segreto, è ovviamente l’elezione del nuovo capo dello Stato. Ne uscirebbe definitivamente sancito un tale rimescolamento tra sinistra e destra che perfino Giorgio Gaber non sarebbe più in grado di riconoscerle. Potrebbe diventare l’apoteosi di Renzi, l’homo novus che libera la sinistra dai suoi rompiscatole. Ma potrebbe anche essere un cambio di pelle costoso per il giovane leader. Perché una cosa è appoggiarsi a Berlusconi, un’altra è mettersi nelle sue mani. Un editoriale di Antonio Polito sul Corriere della Sera.

Renzi ha virato a destra

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Gennaio, un mese disseminato di ostacoli

Le scadenze ravvicinate del nostro premier: l’Italicum rivisitato che non piace troppo all’altro contraente del Patto del Nazareno, Silvio Berlusconi, la riunione della Bce il 22, elezioni politiche anticipate in Grecia il 25, subito dopo elezione del presidente della Repubblica a seguito del pensionamento volontario di re Giorgio Napolitano, saranno un viatico forse amaro per Matteo Renzi. Che, da par suo, continua a mostrarsi sorridente, sicuro di sé, convinto intimamente di essere sulla strada giusta per rivoltare l’Italia come un calzino. Purtroppo l’incidente può sempre accadere. Non è dato per scontato che la legge elettorale così come il premier l’ha ipotizzata passi indenne l’esame del parlamento. Ogni partito cerca di tirare l’acqua al suo mulino e, così facendo, scontenta i partner di governo nonché chi sta all’opposizione. I capilista che possono candidarsi in più circoscrizioni e che, per di più, sono calati dall’alto delle segreterie dei partiti, non va giù a molti. L’Italicum sembra dare l’impressione di un Porcellum addirittura peggiorato, con il rischio che la Corte Costituzionale intervenga ancora una volta sulla sollecitazione di qualche avvocato che rileva la scarsa democraticità della legge proposta dal duo Matteo & Silvio. Insomma, il sogno di avere una legge elettorale accettabile e che rifletta la composizione assai frammentata del nostro elettorato sembra sfuggire anche al Matteo nazionale. Il quale si è fatto scudo dell’accordo del Nazareno che ai più fa venire dei sospetti di un inciucio con Berlusconi.  Altrimenti perché non rivelarne i contenuti? Gli italiani hanno diritto di sapere cosa bolle in pentola nei palazzi romani, ad Arcore come a Rignano sull’Arno.

La Bce deve decidere se aiutare l’economia del vecchio continente ad avere un po’ di ossigeno. Finora non la ha fatto per impedimento dei Paesi nordici guidati da Angela Merkel. Mario Draghi riuscirà a fare lo strappo che il sistema delle imprese gli chiede? Così andando la situazione economica dell’Unione Europea precipiterà verso una stagnazione che non conviene neanche alla Germania. Se il Pil non cresce in Francia, Grecia, Italia e Spagna, per non parlare degli altri Paesi della Ue, a chi venderà le sue macchine la cancelliera tedesca? Renzi ha sprecato un intero semestre in cui l’Italia avrebbe potuto dettare l’agenda delle cose da fare e che il premier non ha realizzato. E’ vero che la Federica Mogherini è diventata la signora Pesc ma il ministro degli esteri dell’Europa non conta nulla. Contasse qualcosa non ci si troverebbe in queste disastrose condizioni: l’immigrazione clandestina sta crescendo ogni giorno di più e l’Ue è inerte; si sarebbero affrontate la crisi ucraina e  il colpo basso dell’annessione della Crimea alla Russia con ben altro spirito e da una posizione di forza. L’Europa da l’impressione di non esistere come entità politica. L’Unione Europea è ancora assai lontano dal realizzarsi. Che farà Draghi? C’è la necessità di una Bretton Woods europea, c’è poco da fare. La situazione economica dell’eurozona è sempre più drammatica. Lo conferma l’andamento dei mercati finanziari, se qualcuno nutrisse qualche dubbio. Riuscirà la Mogherini ad imporsi alle diverse cancellerie per portare Vladimir Putin ad un tavolo di confronto in una conferenza di pace da convocare con assoluta urgenza per definire una situazione accettabile per entrambe le parti? L’Ucraina è in una crisi profonda, economica e sociale. L’Europa non la sta aiutando, la Russia finirà per cannibalizzarla, perché risponde a verità che se Putin lo volesse, in poche settimane distruggerebbe Kiev, con l’Occidente che sta a guardare, capace solo di minacciare nuove sanzioni in grado di produrre enormi difficoltà a sé stessa. Questa non è lungimiranza. Occorre parlare con il leader russo. La Mogherini che iniziative sta intraprendendo? Buio nei cieli di Bruxelles.

Elezioni anticipate ad Atene. Può essere che vincano le sinistre, ma sarebbe un risultato più che atteso. La popolazione greca è stata martoriata dalla Troika. L’ultimo governo Samaras non è riuscito a dare le risposte che ci si attendeva, la crisi è letteralmente precipitata e la Grecia  è nuovamente ad un bivio: uscire dall’euro e far da sé ovvero continuare a seguire le ricette del Fondo Monetario Internazionale, della Commissione Europea e soffocare le istanze di un popolo più che immiserito e che è ridotto alla fame? E che dire delle prossime elezioni in Francia, Gran Bretagna e Spagna? Nel Paese transalpino, se si votasse oggi, stravincerebbero le destre; in Spagna forse le sinistre. L’Italia deve eleggere il nuovo capo dello Stato e le fibrillazioni stanno dietro e dentro i Palazzi romani. Renzi e Berlusconi vorrebbero sul Colle del Quirinale una figura sbiadita che non ostacolasse il cammino riformistico (?!?) dell’ex sindaco fiorentino. Il Paese avrebbe invece fortemente bisogno di una personalità autorevole che possa contribuire al processo di rinnovamento della politica, vecchia e anchilosata, e sappia interpretare la Carta Costituzionale secondo lo spirito dei Padri costituenti e non stravolgerla come sta pervicacemente facendo Matteo Renzi.

In questo percorso, tortuoso e ricco di incognite, la speculazione ha già deciso chi sponsorizzare: l’instabilità. In Grecia pretende che le elezioni le vincano i politici che non si sono dimostrati in grado di affrontare i nodi della crisi. Tsipras fa paura. In Italia, per il Colle, si fa un tifo per l’uomo che indicheranno Renzi e Berlusconi (Mattarella? Gentiloni? Gianni Letta? O altri personaggi incolori?...)

Intanto l’Italicum non è ancora legge. Il Senato sopravvive e la riforma lo farà rivivere sotto spoglie stranissime (pensateci, potrebbe un Franco Fiorito essere eletto senatore e godere dell’immunità parlamentare … un paradosso delle proposte renziane). Le provincie sono state soppresse ma per la verità non se ne è accorto nessuno. La giustizia non  stata riformata. Il Fisco è ancora lì a far paura ai piccoli contribuenti, con i grandi evasori è sempre piuttosto comprensivo, lo dimostra quanto è accaduto il 24 dicembre 2014.

Renzi di strada ne deve fare ancora tanta e forse sarebbe meglio che gettasse la spugna prima che possa combinare troppi guai. Ma all’orizzonte non si intravede una personalità capace di interpretare i bisogni d 45 milioni di elettori, tant’è che alle recenti amministrative ha disertato le urne la maggioranza degli aventi diritto al voto. Segno che il quadro politico non è entusiasmante. Renzi può apparire un gigante solo perché Berlusconi lo sostiene. In cambio di che? E’ ciò che vogliono sapere gli italiani. Cosa c’è scritto nel Patto del Nazareno? A quando una pugnalata sulla schiena di Matteo? Enrico Letta non desidererebbe rendergli la pariglia?

Marco Ilapi

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