I problemi non risolti sul tavolo del governo Conte

I due partiti a trazione Di Maio-Salvini hanno subito un inaspettato smacco. O meglio dire, era nelle previsioni un calo dei consensi, ma non nella misura di una disfatta. Una Caporetto così non se l’era certo immaginata il segretario del M5S.  Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sta facendo da tappo sulle pretese dei due vice presidenti del Consiglio. Sul deficit hanno fatto marcia indietro. Di dimissioni del presidente del Consiglio, paventate, non si fa più cenno. Lo stesso dicasi per il ministro dell'economia Tria. Di andare al voto prima delle elezioni europee del prossimo maggio non si parla. Ma i problemi restano. Anzi, si fanno ogni giorno più complicati da affrontare e risolvere.  Gli accordi del giugno 2018, tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, cominciano a traballare. Quando, poi, a fine settembre il gerente del movimento penta stellato si è affacciato sul balcone di Palazzo Chigi, urlando che “questo governo” aveva abolito la povertà con l’approvazione del Def per il 2019, innalzando l’asticella del deficit al 2,4%. Naturalmente nessuno ci ha creduto. Oggi i due baldi governanti italici si stanno rendendo conto che c’è l’Europa, c’è la legge di bilancio e che deve tenere conto delle nostre carenze, delle nostre difficoltà che vengono da lontano. Molto lontano. Queste manovre durano per lo meno dal 2008. In questi anni si sono alternati governi ispirati dal Quirinale, con regia Giorgio Napolitano. Nel 2010 ci sono stati i cosiddetti “responsabili”, da Domenico Scilipoti ad Antonio Razzi, Catia Polidori e altri che si sono assunti il compito di sostenere artificialmente, quasi con respirazione bocca a bocca, l’esanime esecutivo Berlusconi, consentendogli di sopravvivere ancora per qualche mese. Nell’estate dell’anno seguente c’è stata la richiesta di Bruxelles di provvedimenti non più rinviabili una serie di riforme. Draconiani Riproponiamo la lettera dei due governatori della Bce, Trichet (uscente) e Draghi (entrante). Da quel fatidico 7 agosto 2011 hanno inizio i drammi italici:

“Caro Primo Ministro,
Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 Agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori.

Il vertice dei capi di Stato e di governo dell’area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che «tutti i Paesi dell’euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali».

Il Consiglio direttivo ritiene che l’Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali. Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti.

Nell’attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:

1.Vediamo l’esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di più ed è cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.

a) È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.

b) C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.

c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.

2.Il Governo ha l’esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.

a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L’obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. È possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.

b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.

c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.

Vista la gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.

3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione). C’è l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.
Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate.
Con la migliore considerazione,

Mario Draghi, Jean-Claude Trichet

Francoforte / Roma, 5 Agosto 2011”

L’Italia nel frattempo ha cercato di ottemperare alle richieste della Bce, conniventi lo stesso ex premier Silvio Berlusconi, l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e oggi il governo Conte. I quali ultimi si sono alternati a Palazzo Chigi senza che il popolo italiano lo avesse voluto “con un voto chiaro”. Con le elezioni. Che sono state rinviate quasi sine die, fino al febbraio del 2013. Poi c’è stata la pantomima della rielezione di Napolitano al Colle, con tutto quello che è seguito. La legislatura ha ultimato il suo corso. Il Paese è stato chiamato a votare. L’esito  stato funesto per tutti coloro che hanno dato il proprio contributo a che la situazione precipitasse nell’abisso più profondo. Il 4 marzo hanno vinto Cinquestelle e Lega. A loro il compito di portare il Paese fuori dal caos in cui è precipitato. Dopo sei mesi di governo, qualche dubbio sorge. Tenendo conto dei sondaggi elettorali che vendono la Lega in forte crescita ed il M5S i decisa caduta. Ecco perché Luigi Di Maio insiste sull’assicurare la tenuta su alcuni punti qualificanti del suo programma di governo: il reddito di cittadinanza si farà. Costi quello che costi. E nel frattempo, lo spread (il costo del denaro per chi lo prende in prestito è più elevato) vola a livelli assai preoccupanti, il debito pubblico non cala, anzi sale ogni minuto di 31.000 euro. Fate voi il calcolo di cosa significa non assumere ancora provvedimenti (che piacerebbero tanto all’Unione europea) per tagliare la spesa pubblica che è arrivata a livelli monstre. E la manovra dell’esecutivo sta andando in direzione contraria. Il debito pubblico (che pagheranno i nostri figli) continuerà a crescere. Già con i governi Berlusconi, Monti, Renzi e Gentiloni abbiamo constatato l’aumento del debito che nel 2012 era di 1.900.000 e adesso sfiora i 2.350.000 miliardi di euro. Segno che le politiche adottati negli ultimi 7 anni non hanno dato gli esiti auspicati da Palazzo Chigi. Anzi, la situazione si ulteriormente deteriorata. Non c’è da stare tranquilli. E dall’anno venturo non ci sarà più l’ombrello del Quantitative Easing. Anzi, Mario Draghi sloggerà dalla Bce e, molto probabilmente, la poltrona verrà occupata da Jens Weidmann, non proprio una colomba. Buio fitto nell’orizzonte del Belpaese. Auguri al governo del cambiamento.

Marco Ilapi, 17 dicembre 2018

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B&R, ovvero sulla scena (elettorale) la presa in giro

Abbiamo suggerito, qualche settimana fa, alcune riflessioni sul comportamento dei politici big, in prima linea gli ex premier Matteo Renzi e Silvio Berlusconi che brigano per tornare in pompa magna a Palazzo Chigi e dalla porta principale.  Tutti quanti, anche, per la verità, gli esponenti di primo piano degli altri partiti, Movimenti 5 Stelle compresi, stanno promettendo mari e monti. Si tratta, in maniera palese, di promesse da marinaio. Si parte dall’abolizione dell’Imu  (Forza Italia), dell’abolizione delle legge Fornero (Matteo Salvini, Lega non più Nord), dell’abolizione delle tasse universitarie per tutti, ricchi e poveri (Liberi e Uguali guidato da Pietro Grasso), l’abolizione del canone Rai e via elencando. Sono i Cetto La Qualunque nostrani. Nessuno che faccia conto, del dimagrito bilancio dello stato, anche considerando gli sforzi del governo Renzi, in particolare, di sostenere con mance elettorali (si rammentino gli 80 euro precedenti le europee del 2014) i lavoratori dipendenti con stipendi tra gli 8 mila ed i 25 mila euro annui. Non si è mai ben compreso come mai, poi, questo beneficio non sia stato concesso a quei lavoratori con salari inferiori agli 8 mila euro, il discrimine è assolutamente poco comprensibile, stante che sarebbe stato più corretto magari abbassare la soglia a 20 mila euro e ricomprendere tutti quelli, pensionati compresi, 8 mila euro. Un giorno Renzi e Padoan spiegheranno l’arcano mistero. Il Paese ha un debito gigantesco. Si è sottolineato più volte che l’Italia è un po’ come quella famigliola che sperpera allegramente i suoi denari e ricorre al cravattaio. Il quale è ben disposto ad aprire i cordoni della borsa. Si tratta di un ragionamento di buon senso. Vi pare possibile che il signor Mario Neri o Rossi o Verdi possa avere entrate periodiche (annuali) per 24 mila euro e che ne spenda sistematicamente quasi 32 mila? La risposta è no. L’ipotesi è pura fantascienza. Improponibile.  Eppure è quel che da decine d’anni ormai, è realtà per il Belpaese. Che succede allora al nostro buon padre di famiglia? Si rivolge a chi gli può far credito: la banca. Ma questa banca, quando verifica che il castelletto del suo debitore è sempre in rosso, che fa? Chiede il rientro del prestito. Anzi, sollecita questo rientro e chiude immediatamente il rubinetto del credito, lasciando nella disperazione la famiglia del signor Neri o Rossi o Verdi. Cosa combina il nostro “saggio” (in senso ironico) ministro dell’economia? Emette dei titoli del debito pubblico, i cosiddetti Bot o Cct o Ctz. Questo non possono farlo i signori Neri, Rossi e Verdi, naturalmente. Verrebbero spernacchiati, anzi si vedrebbero la loro casa a rischio esproprio qualora non si rimettessero in carreggiata restituendo seduta stante i soldi presi a prestito. Con uno Stato il discorso è diverso. Le medesime banche, arcigne nei nostri confronti, con chi governa il pubblico Erario (entrate ed uscite), per l’Italia il buon Padoan, sono assai più benevole. E’ sufficiente che lo fornisca qualche garanzia. E di che si tratta? Chiede, anzi sollecita il buon cuore dell’Europa che sia maggiormente comprensiva delle nostre necessità di bilancio, dell’emigrazione incontrollata che costa svariati miliardi di euro l’anno e che affligge, primariamente, Italia e Grecia, paesi di primo approdo per centinaia di migliaia di disperati che dalle coste del Nord Africa e dal Medioriente cercano di sbarcare in Europa. Molto sollievo ci è stato regalato dal governatore della Bce, con la discesa dei tassi di interesse in proporzioni inimmaginabili. Sono finiti sotto zero, irritando grandemente Jens Weidmann, re della Bundesbank e prossimo successore di Dragi a Francoforte. Tutto questo non è bastato. Come il fatto che, l’introduzione del jobs act, l’abolizione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori le regalìe varie non hanno prodotto i risultati auspicati. Per cui le narrazioni, prima quella berlusconiana, quando lui era a Palazzo Chigi, di seguito quella renziana hanno chiaramente toppato alla grande. La voragine del debito si è ulteriormente allargata e nessuno vuole farci più credito. Quando, poi, Mario Draghi lascerà la Bce (fra un anno) per l’Italia saranno solo spine. Un elevato tasso di interesse sull’ammontare del prestito è previsto per i prossimi mesi, quando cesserà il Quantitative Easing e il costo del denaro riprenderà la sua ascesa. Il nostro Paese ogni anno deve finanziare oltre 400 miliardi di euro emettendo titoli del debito tutti i candidati a Camera e Senato e di quelli a Palazzo Chigi sono aria fritta. Se poi si considera il logo di Forza Italia con la scritta “Berlusconi Presidente”, pur sapendo che fino al 2019 l’uomo di Arcore non potrà essere residente neanche di una bocciofila,in questa modo traendo in inganno milioni di elettori, beh, la conclusione è che l’Italia è ben lontano dall’essere un Paese serio. Magari anche per questo l’Europa ci manda a stendere, pur se molte delle nostre richiesta a Bruxelles sono più che giustificate. Anzi opportune. Come quella che riguarda la modifica dello sciagurato trattato di Dublino (rivelatosi una calamità per Grecia e Italia), l’abolizione del fiscal compact (di questi tempi un’assurdità, a meno che non venga visto in chiave europea, una volta costituita un’unione politica). Germania e Francia non ci sentono. Come sono sordi, per altri aspetti, i Paesi facenti parte del gruppo di Visegrad, Ceka, Slovacchia, Polonia, Ungheria a cui sembra che si assocerà anche l’ Austria. Nubi sempre più dense sull’orizzonte a gogò e a vuoto, dunque. Certamente a vincere le elezioni saranno gli astensionisti. E questo non è un bel biglietto da visita per chi vuole il bene del Paese. Un “grazie” (in senso ironico, evidentemente) al Rosatellum, una vera schifezza. Sarebbe stato mille volte preferibile importare il modello francese, stante che pure in Germania il sistema proporzionale, pure in Spagna, pure in Olanda. La campagna elettorale impazza e vanno sulla scena le proposte più irrealizzabili, dall’abolizione della legge Fornero al suggerire allìelettore che il prossimo Presidente del Consiglio possa essere l’incandidabile Silvio Berlusconi. E siamo solo ai primi vagiti di una campagna elettorale truffaldina. Preferibile sarebbe stato che i partiti promettessero una nuova riforma elettorale di tipo maggioritario con doppio turno sul modello francese ovvero su quello inglese. Agli italiani la scelta più opportuna. Il sistema proporzionale ha dimostrato le sue carenze e la sua inefficienza. Vedi quel che sta accadendo in Germania, quel che è accaduto in Grecia, in Portogallo e Spagna.

Marco Ilapi, 11 gennaio 2018

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