Quelle parole suggerite da una collega tedesca

La frase è di una sua collega tedesca, ma l’ha detta lei. E così Christine Lagarde ha vissuto la sua Caporetto. La presidente della Banca centrale europea ha ammaccato la sua credibilità ieri alle tre.

Doveva illustrare le misure che la Bce sta prendendo per sostenere i cittadini, le imprese e i governi nella guerra — economicamente tossica — a un virus subdolo. La frase che ha causato il peggior crollo di nel mercato dei titoli di Stato è ormai celebre: «Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni».

Era l’opposto del «whatever it takes» del predecessore Mario Draghi, quell’impegno a fare «qualunque cosa» per contrastare le scommesse contro alcuni Paesi in vista della rottura dell’euro. Se ieri Lagarde ha sfilato quella pietra di volta dell’intera architettura con apparente noncuranza, è perché non erano parole sue. Era una frase di Isabel Schnabel, la tedesca nel comitato della Bce. Quand disponibili per l’Italia, siamo impegnati contro la frammentazione. Ci saremo, non deve esserci alcun dubbio l’aveva pronunciata Schnabel pochi se n’erano accorti. Lagarde si sarà sentita libera di ripeterla, senza capire che il suo peso è diverso. L’aspetto più rivelatorio di questa «gaffe» di Lagarde non è dunque l’apparente impreparazione, ma i punti di riferimento della francese. Ieri è iniziato a trasparire che oggi sono quelle dei tedeschi, soprattutto il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, le voci più influenti ai vertici della Bce. E non è difficile vedere come per la Germania — ma non solo — la profonda recessione inflitta dall’epidemia, con il balzo del debito pubblico che già s’intuisce, possono diventare il momento nel quale l’Italia deve chiedere un salvataggio al resto d’Europa. L’intenzione di Lagarde ieri non era avvicinare quel momento. Ma nel ripetere le parole di Schnabel, la francese ha lasciato capire quale Paese è il suo riferimento a Francoforte. Già prima che lei finisse di parlare, mentre lo spread di Italia, Grecia, Spagna, Portogallo e Francia subiva sbalzi violenti, erano partite telefonate furenti da Roma. C’è stata anche una minaccia di sfiduciare la presidente, che aveva peggiorato le condizioni finanziarie di un Paese già aggredito dall’epidemia. Alla fine, poco prima delle 17, Lagarde ha letto alla Cnbc una completa retromarcia: «Siamo impegnati a evitare qualunque frammentazione dell’area euro. Gli spread più alti dovuti al coronavirus impediscono la nostra politica monetaria». Ma le Borse"e il mercato dei titoli di Stato hanno ignorato le rassicurazioni, come se il genio fosse ormai fuori dalla lampada. Per rimettercelo, la Bce dovrà mostrare presto non parole ma molto denaro in acquisto sui Paesi danneggiati: Italia, Spagna, Francia, Portogallo. Del resto non è stata la sola «gaffe» di giornata che ha lasciato vedere, ieri, la tela di fondo. Lagarde ha anche letto nella dichiarazione iniziale che l’aumento del «quantitative easing» — l’acquisto di titoli pubblici e privati di tutta l’area — sarebbe stato di cento miliardi fino a fine anno. In realtà il comunicato della stessa Bce parla di 120 miliardi: dunque interventi per 15 miliardi al mese, non dieci. Chiaramente Lagarde si era presentata in conferenza stampa con una versione vecchia dell’accordo. Aldilà del proprio pressappochismo, la presidente ha così rivelato che la Bce si era divisa fino a poco prima fra chi voleva aiutare di più e chi di meno le economie contagiate dal virus: è la frattura che attraversa oggi l’Europa.

Federico Fubini – Corriere della Sera – 13 marzo 2020

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Problemi per l'Italia dalla Bce targata Lagarde?

Il mandato di Mario Draghi alla Banca Centrale Europea (Bce) è al termine e cresce l’attacco alla linea espressa nel famoso «Whatever it takes». Sul Financial Times (4 Ottobre) Oliver Baete, Ceo della compagnia Allianz, attacca Draghi; nega la sua indipendenza, così affermandone la dipendenza, certo dai politici. Per lui Draghi vuol evitare a certi Paesi (Italia in primis, si presume), le dure decisioni altrimenti obbligate. Le critiche peserebbero più se non venissero da chi ha perso la gara per succedere a Draghi e non volessero intimidire chi gli succederà, Christine Lagarde. Il presidente della Deutsche Bundesbank Jens Weidmann, davanti alla propria Corte Costituzionale attaccò una decisione del Consiglio dei Governatori, di cui fa parte. Ora, in un’intervista alla Bild data subito dopo che essa ha ritratto Draghi a mò di Dracula che succhia il sangue dei risparmiatori tedeschi, egli lamenta i danni da loro subiti perché Draghi ha abusato del mandato. Farlo ove si parla di sangue tedesco stona a orecchi anziani, ma c’è ben altro. Il commento di Salvatore Bragantini sul Corriere della Sera.

Bce, Draghi lascia, la Lagarde sotto attacco

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