Le stragi dell'Isis colpiscono indiscriminatamente tutti noi
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Se gli attentati non sono diretti verso obiettivi militari, istituzionali o simbolici (come nel terrorismo classico, compreso quello delle Brigate Rosse negli anni ’70), ma si indirizzano contro persone normali, colte nei gesti della vita quotidiana, e in più lo fanno con elevata frequenza, allora nelle nostre menti non può non verificarsi una sorta di “salto quantico”. È il salto dalla percezione di un rischio astratto e remoto a quella di un rischio concreto e, per così dire, in servizio permanente effettivo, ovvero sempre e comunque in agguato. Di un simile salto io stesso ho un ricordo piuttosto vivido, risalente agli anni ’70 e ’80: quando il terrorismo ebbe a mostrare il suo volto “stragista”, dalla Banca dell’Agricoltura al treno Italicus, dalla strage di Piazza della Loggia a quella della stazione di Bologna, molti di noi cessarono di vivere il pericolo terrorista come un’eventualità teorica (la classica tegola in testa, che può capitare a chiunque in qualsiasi momento), per sentirlo invece come una possibilità reale e molto concreta, capace di modificare piani di vita e stati d’animo, ad esempio in occasione di un viaggio o della partecipazione ad un evento pubblico. Un editoriale d Luca Ricolfi su Il Sole 24 Ore.