I nodi da sciogliere in attesa del nuovo Cancelliere

  • Pubblicato in Esteri

Ci sono tre questioni chiave tra Italia e Germania che dovranno essere affrontate dal prossimo cancellierato: la riforma della governance europea superando il voto all’unanimità, i tempi e i modi della transizione energetica, la sicurezza comune cioè in sostanza il rapporto con gli Stati Uniti (...) I Gruenen escludono qualsiasi ritorno all'austerità, ma nel caso in cui si formasse una coalizione insieme a loro (con i liberali e senza i democristiani o viceversa), i verdi concentrerebbero le loro forze sulla transizione digitale e non sul Patto di stabilità.Il commento di Stefano Cingolani su il Sussidiario.

Speranze per una nuova Europa se a vincere sarà Scholz, altrimenti...

Leggi tutto...

"Aiuti europei senza troika e austerità "

  • Pubblicato in Esteri

Questo virus non conosce né confini, né colore della pelle, né nazionalità. Noi tutti condividiamo la sofferenza della gente a Bergamo, Madrid, Strasburgo e in tante altre città in Italia, Spagna e Francia. L'eroica lotta degli operatori sanitari e dei medici per la vita degli ammalati ci commuove profondamente. La pandemia da Covid-19 mette tutti gli Stati europei dinanzi alla maggior sfida sanitaria, sociale ed economica dalla fondazione dell'Unione europea. È vero che, in questa terribile pandemia, all'inizio l'Europa non era sufficientemente preparata a tutti gli aspetti e che in un primo momento non ha trovato una risposta europea convincente a ogni problema. Adesso quello che conta è dare una risposta complessiva europea in uno spirito di solidarietà. Ognuno dei nostri Paesi uscirà rafforzato dalla crisi solo se l'Europa ne uscirà forte e unita.
La protezione delle cittadine e dei cittadini ha la massima priorità per noi tutti nell'Unione europea. Aiutare è per noi una cosa scontata. Impieghiamo, quindi, le capacità disponibili in Germania per curare da noi pazienti di terapia intensiva in gravissime condizioni provenienti da ospedali italiani e francesi o per aiutare in Spagna e Italia con medici. Abbiamo inviato in Italia dispositivi medici e ventilatori. E a bordo di velivoli tedeschi abbiamo evacuato migliaia di turisti europei da Paesi in cui l'assistenza medica spesso è molto peggiore che in Europa.
Per rallentare la diffusione del virus quasi tutti gli Stati europei hanno adottato massicce restrizioni per le loro cittadine e i loro cittadini. In molti posti, la vita pubblica è quasi paralizzata per evitare contagi. Queste misure sono giuste. Tuttavia provocano profonde ferite nelle nostre economie nazionali. Se i negozi chiudono, gli eventi vengono annullati e le fabbriche devono fermare temporaneamente la loro produzione, milioni di europee ed europei temono per i loro posti di lavoro e la loro esistenza. Gli Stati dispongono di margini finanziari diversi per reagire a questa crisi economica di cui non hanno colpa.
Praticamente tutti gli Stati membri hanno già approntato programmi di aiuto per proteggere l'occupazione e le imprese. In brevissimo tempo in tutti i Paesi sono state attivate enormi somme per dotare ditte e imprese di urgenti prestiti ponte e per aiutare la gente in modo non burocratico. Tuttavia questo da solo non basta. Le madri e i padri fondatori dell'Europa sapevano che la solidarietà europea non è una strada a senso unico, ma un'assicurazione sulla vita per il nostro continente. È in questo spirito che dobbiamo agire in questa crisi epocale. Ci serve un chiaro segnale di solidarietà europea nella pandemia da coronavirus. La Germania è pronta a darlo. Il compito comune dell'Europa è ora quello di affiancare i programmi esistenti, colmare lacune e tendere una rete di sicurezza per tutti gli Stati dell'Ue che necessitano di ulteriore sostegno. Bruxelles ha già allentato molto i criteri del Patto di stabilità e crescita e le regole per gli aiuti di Stato. Con l'annuncio di un ulteriore programma di acquisto di titoli di Stato e di altri enti, la Banca Centrale Europea ha provveduto a stabilizzare i mercati finanziari. Ulteriori somme miliardarie provenienti dai fondi straordinari del bilancio dell'Ue confluiscono come aiuti nei Paesi membri in difficoltà.
Ora è necessario compiere un altro passo: gli Stati più duramente colpiti dalla crisi da coronavirus devono essere stabilizzati a livello finanziario in modo rapidissimo, non complicato e in misura sufficiente. Quindi la nostra proposta è la seguente: assieme provvediamo velocemente a sufficiente liquidità in tutti gli Stati dell'Unione europea affinché la tutela dei posti di lavoro non dipenda dall'umore degli speculatori. Qui i mezzi finanziari non devono essere vincolati a condizioni inutili che equivarrebbero a una ricaduta nella politica dell'austerità del periodo successivo alla crisi finanziaria e che porterebbero a una disparità di trattamento di singoli Stati membri.
Il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) offre già ora la possibilità che i Paesi dell'euro possano ottenere assieme capitale alle stesse condizioni di favore. Per l'Italia questo significherebbe 39 miliardi di denaro fresco. Queste risorse dovrebbero poter essere utilizzate per tutte le spese necessarie nella lotta contro il coronavirus. Non ci servono troika, controllori, una commissione che sviluppi programmi di riforma per un Paese, bensì aiuti veloci e mirati. Esattamente questo è quanto il Mes può offrire se lo adeguiamo in modo ragionevole.
Proponiamo, inoltre, un Fondo di garanzia paneuropeo che può garantire i crediti con cui la Banca Europea degli Investimenti (Bei) approvvigiona di liquidità le piccole e medie imprese nei rispettivi Paesi. In questo modo, tramite le banche d'affari o gli istituti di promozione nazionali, si garantirebbero finanziamenti ponte, scadenze prolungate dei prestiti e nuovi prestiti. E con il progetto Sure (Support mitigating Unemployment Risks in Emergency), appena adottato dalla Commissione Ue, si possono sostenere, sul piano finanziario, i membri Ue che vengono in aiuto delle imprese affinché, nonostante il crollo congiunturale, mantengano i loro dipendenti, come avviene in Germania con lo schema di lavoro ridotto.
Infine, una volta superata la crisi, bisognerà che l'economia europea ritorni su un cammino di ripresa e crescita. Qui noi Stati dell'Ue dobbiamo agire assieme, in uno spirito di solidarietà europea e unendo le energie per rafforzare l'Unione europea. Noi tutti, anche la Germania, ne terremo conto nei negoziati per il Quadro Finanziario Pluriennale, ovvero il bilancio dell'Ue, per i prossimi sette anni.
Tutto ciò comporta grandi sforzi finanziari per noi tutti, questo è fuori dubbio. Noi siamo però sicuri: assieme possiamo superare questa crisi storica. Anzi, se l'Europa ora compie i passi giusti, l'Unione europea, la nostra comunità di destini, uscirà più forte dalla crisi. Vi esortiamo a essere uniti – per l'Europa e contro il virus.

Heiko Maas* E Olaf Scholz** - La Stampa – 6 aprile 2020

* Ministro degli Esteri della Germania
** Vicecancelliere e ministro delle Finanze della Germania

Leggi tutto...

Su Eurobond e Mes non si trova l’intesa. Ora tocca ai leader

Dopo due ore di video conferenza sulla crisi da Covid-19, i ministri delle Finanze della zona euro si salutano senza sottoscrivere un testo condiviso. Tra loro non c’è accordo. L’utilizzo del Fondo salva-Stati (Mes) contro il coronavirus non passa. Per l’Italia sarebbero 36 miliardi per tamponare la crisi. Tutto fermo anche sugli Eurobond, lo strumento per Roma, Parigi e Madrid vitale per uscire dalla pesante recessione che la pandemia si lascerà alle spalle. «Resta lavoro da fare», spiega al termine dell’Eurogruppo il presidente Mario Centeno. Domani saranno i leader a riprendere il dossier nel loro terzo vertice in tre settimane. Con la speranza di un avvicinamento tra i due schieramenti: Macron, Conte e Sanchez opposti a Rutte e Kurz, per ora accompagnati dall’ambiguo silenzio di Merkel.

Si litiga sulle condizioni per sbloccare i 410 miliardi del Mes. Per accedere alle sue linee di credito (Eccl) è necessario sottoscrivere un programma con forti impegni sulla riduzione del debito, comunemente identificati in austerità e Troika. Il vantaggio è che il suo intervento sblocca anche l’Omt, il programma di acquisto illimitato di titoli da parte della Bce utile ad abbassare i tassi e liberare risorse. Austria, Olanda, Finlandia e Germania vogliono mantenere questi pesanti vincoli per paura che nazioni altamente indebitate, come l’Italia, un domani possano finire in mano ai sovranisti.

I mediterranei vogliono invece accedere al Mes senza vincoli: la crisi – argomentano – questa volta non è dovuta agli errori di un singolo governo, colpisce tutti e mette in discussione la stessa tenuta dell’Unione. E, tra l’altro, ritengono che firmare un memorandum sarebbe il modo migliore per far vincere i nazionalisti. Le istituzioni Ue sono della stessa opinione. Ieri il numero uno del Mes, il tedesco Klaus Regling, ha presentato all’Eurogruppo una proposta che prevede un prestito del Mes fino al 2% del Pil (per l’Italia 36 miliardi) da spendere contro il virus (sanità, imprese e ammortizzatori sociali) e con una vaga condizionalità futura: giusto il rispetto delle regole del Patto di Stabilità. Troppo poco per i nordici, compreso il tedesco Olaf Scholz. Centeno in conferenza stampa ha cercato di smussare parlando di un «impegno alla stabilità».

Nel chiuso dell’Eurogruppo il ministro Gualtieri ha fatto capire che l’Italia non chiederà l’intervento del Mes se ci sarà una qualsiasi forma di condizionalità. Reperire 36 miliardi sui mercati costerebbe 600-700 milioni al Tesoro. Non uno sforzo impossibile. L’importante, ha notato ancora Gualtieri, è che la rete di protezione del Fondo sia solo il primo passo verso gli Eurobond. Quella del Mes infatti sarebbe una risposta alla crisi immediata. Così come le due nuove azioni messe in campo ieri su pressione del commissario Ue Paolo Gentiloni sostenuto dallo stesso Gualtieri: la Banca europea degli investimenti con 20 miliardi ne mobiliterà 200 di liquidità per le imprese e l’uso da parte della Commissione degli 11 miliardi rimasti nel suo bilancio per smuoverne 80-90 da riversare in un Fondo Ue contro la disoccupazione.

Tasselli della risposta immediata alla crisi che si aggiungono alla sospensione del Patto di Stabilità e ai 750 miliardi della Bce. Ma non risolvono il vero problema: come ripartirà l’Europa? Come faranno i Paesi che ne usciranno ancora più indebitati? «Avremo bisogno di un grande piano per la ricostruzione», afferma Gentiloni citando gli Eurobond. È dall’emissione di titoli comuni che l’Europa potrà mobilitare almeno 1000 miliardi per ripartire. Ma la Germania non ci sta: «È un dibattito fantasioso», afferma il ministro dell’Economia Peter Altmaier. I colloqui proseguiranno, ma il rischio è che questa volta un insuccesso metta la parola fine alla Ue.

Alberto D’Argenio – la Repubblica – 25 marzo 2020

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .