Rivincita dell'euro grazie ad Atene

La doppia decisione del Parlamento greco di accettare le condizioni preliminari per avviare le trattative sul terzo salvataggio fiscale della Grecia ad opera principalmente della Unione Europea ha – almeno momentaneamente - deluso la vasta tribù di politici ed economisti che si riconosce nell'avversione all'euro, così come è oggi in opera. Una uscita della Grecia dalla moneta unica europea – possibilmente non coordinata e caotica – sarebbe stata saporito antipasto per l'auspicato piatto forte: la crisi dell'euro. Ma il vero guastafeste che ha rovinato il pranzo ai No euro è stata la politica messa in atto dalla Bce. Non è un caso che la tribù dei No euro – o meglio i vari clan che la compongono – auspicavano una politica monetaria affatto diversa, soprattutto per quanto riguarda le scelte di Mario Draghi e del suo consiglio direttivo sulla politica di finanziamento delle banche greche.Un articolo di Donato Masciandaro su Il Sole 24 Ore.

I "No-euro" in ritirata

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Cresce la sfiducia in questa unione Europea

Nella Ue ci vuole la fiducia reciproca di stare condividendo uno spazio di norme sociali comune, di una progettare un futuro europeo fatto sì di differenze locali, ma di grande unità culturale, coesione sociale, solidarietà, e non di umiliazioni. Il diktat che “gli accordi devono basarsi sui fatti, non sulla fiducia” è incoerente, i fatti futuri sono probabilità influenzabili dal presente, non categorie assolute dello spirito (pagherà? non pagherà?). Impariamo dall'America che ha scelto di dare fiducia all'Iran e alla sua volontà di diventare un paese diverso (benché Obama per rassicurare l'opinione pubblica usi proprio la retorica opposta di un accordo «sui fatti e non sulla fiducia»). Un articolo di Andrea Goldstein e Gloria Origgi su Il Sole 24 Ore. 

A questa Ue non crede più nessuno

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Grecia, occorre mostrarsi saggi

  • Pubblicato in Esteri

Negli anni Ottanta gli Stati Uniti furono un cattivo creditore quando pretesero pagamenti eccessivi dai Paesi dell'America Latina e dell'Africa; negli anni Novanta e oltre si sono fatti più furbi, mettendo sul piatto l'alleggerimento del debito. Le pretese tedesche hanno portato la Grecia quasi al collasso, con conseguenze potenzialmente disastrose per la reputazione globale della Grecia, dell'Europa e della Germania. È l'ora di mostrarsi saggi, non rigidi. E saggezza non vuol dire mollezza. Conservare la pace e la prosperità dell'Europa è la responsabilità primaria della Germania: ma di sicuro è anche il suo interesse nazionale primario. Un articolo di Jeffrey Sachs su Il Sole 24 Ore. 

Atene, gli errori dei creditori

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