Gennaio, un mese disseminato di ostacoli

Le scadenze ravvicinate del nostro premier: l’Italicum rivisitato che non piace troppo all’altro contraente del Patto del Nazareno, Silvio Berlusconi, la riunione della Bce il 22, elezioni politiche anticipate in Grecia il 25, subito dopo elezione del presidente della Repubblica a seguito del pensionamento volontario di re Giorgio Napolitano, saranno un viatico forse amaro per Matteo Renzi. Che, da par suo, continua a mostrarsi sorridente, sicuro di sé, convinto intimamente di essere sulla strada giusta per rivoltare l’Italia come un calzino. Purtroppo l’incidente può sempre accadere. Non è dato per scontato che la legge elettorale così come il premier l’ha ipotizzata passi indenne l’esame del parlamento. Ogni partito cerca di tirare l’acqua al suo mulino e, così facendo, scontenta i partner di governo nonché chi sta all’opposizione. I capilista che possono candidarsi in più circoscrizioni e che, per di più, sono calati dall’alto delle segreterie dei partiti, non va giù a molti. L’Italicum sembra dare l’impressione di un Porcellum addirittura peggiorato, con il rischio che la Corte Costituzionale intervenga ancora una volta sulla sollecitazione di qualche avvocato che rileva la scarsa democraticità della legge proposta dal duo Matteo & Silvio. Insomma, il sogno di avere una legge elettorale accettabile e che rifletta la composizione assai frammentata del nostro elettorato sembra sfuggire anche al Matteo nazionale. Il quale si è fatto scudo dell’accordo del Nazareno che ai più fa venire dei sospetti di un inciucio con Berlusconi.  Altrimenti perché non rivelarne i contenuti? Gli italiani hanno diritto di sapere cosa bolle in pentola nei palazzi romani, ad Arcore come a Rignano sull’Arno.

La Bce deve decidere se aiutare l’economia del vecchio continente ad avere un po’ di ossigeno. Finora non la ha fatto per impedimento dei Paesi nordici guidati da Angela Merkel. Mario Draghi riuscirà a fare lo strappo che il sistema delle imprese gli chiede? Così andando la situazione economica dell’Unione Europea precipiterà verso una stagnazione che non conviene neanche alla Germania. Se il Pil non cresce in Francia, Grecia, Italia e Spagna, per non parlare degli altri Paesi della Ue, a chi venderà le sue macchine la cancelliera tedesca? Renzi ha sprecato un intero semestre in cui l’Italia avrebbe potuto dettare l’agenda delle cose da fare e che il premier non ha realizzato. E’ vero che la Federica Mogherini è diventata la signora Pesc ma il ministro degli esteri dell’Europa non conta nulla. Contasse qualcosa non ci si troverebbe in queste disastrose condizioni: l’immigrazione clandestina sta crescendo ogni giorno di più e l’Ue è inerte; si sarebbero affrontate la crisi ucraina e  il colpo basso dell’annessione della Crimea alla Russia con ben altro spirito e da una posizione di forza. L’Europa da l’impressione di non esistere come entità politica. L’Unione Europea è ancora assai lontano dal realizzarsi. Che farà Draghi? C’è la necessità di una Bretton Woods europea, c’è poco da fare. La situazione economica dell’eurozona è sempre più drammatica. Lo conferma l’andamento dei mercati finanziari, se qualcuno nutrisse qualche dubbio. Riuscirà la Mogherini ad imporsi alle diverse cancellerie per portare Vladimir Putin ad un tavolo di confronto in una conferenza di pace da convocare con assoluta urgenza per definire una situazione accettabile per entrambe le parti? L’Ucraina è in una crisi profonda, economica e sociale. L’Europa non la sta aiutando, la Russia finirà per cannibalizzarla, perché risponde a verità che se Putin lo volesse, in poche settimane distruggerebbe Kiev, con l’Occidente che sta a guardare, capace solo di minacciare nuove sanzioni in grado di produrre enormi difficoltà a sé stessa. Questa non è lungimiranza. Occorre parlare con il leader russo. La Mogherini che iniziative sta intraprendendo? Buio nei cieli di Bruxelles.

Elezioni anticipate ad Atene. Può essere che vincano le sinistre, ma sarebbe un risultato più che atteso. La popolazione greca è stata martoriata dalla Troika. L’ultimo governo Samaras non è riuscito a dare le risposte che ci si attendeva, la crisi è letteralmente precipitata e la Grecia  è nuovamente ad un bivio: uscire dall’euro e far da sé ovvero continuare a seguire le ricette del Fondo Monetario Internazionale, della Commissione Europea e soffocare le istanze di un popolo più che immiserito e che è ridotto alla fame? E che dire delle prossime elezioni in Francia, Gran Bretagna e Spagna? Nel Paese transalpino, se si votasse oggi, stravincerebbero le destre; in Spagna forse le sinistre. L’Italia deve eleggere il nuovo capo dello Stato e le fibrillazioni stanno dietro e dentro i Palazzi romani. Renzi e Berlusconi vorrebbero sul Colle del Quirinale una figura sbiadita che non ostacolasse il cammino riformistico (?!?) dell’ex sindaco fiorentino. Il Paese avrebbe invece fortemente bisogno di una personalità autorevole che possa contribuire al processo di rinnovamento della politica, vecchia e anchilosata, e sappia interpretare la Carta Costituzionale secondo lo spirito dei Padri costituenti e non stravolgerla come sta pervicacemente facendo Matteo Renzi.

In questo percorso, tortuoso e ricco di incognite, la speculazione ha già deciso chi sponsorizzare: l’instabilità. In Grecia pretende che le elezioni le vincano i politici che non si sono dimostrati in grado di affrontare i nodi della crisi. Tsipras fa paura. In Italia, per il Colle, si fa un tifo per l’uomo che indicheranno Renzi e Berlusconi (Mattarella? Gentiloni? Gianni Letta? O altri personaggi incolori?...)

Intanto l’Italicum non è ancora legge. Il Senato sopravvive e la riforma lo farà rivivere sotto spoglie stranissime (pensateci, potrebbe un Franco Fiorito essere eletto senatore e godere dell’immunità parlamentare … un paradosso delle proposte renziane). Le provincie sono state soppresse ma per la verità non se ne è accorto nessuno. La giustizia non  stata riformata. Il Fisco è ancora lì a far paura ai piccoli contribuenti, con i grandi evasori è sempre piuttosto comprensivo, lo dimostra quanto è accaduto il 24 dicembre 2014.

Renzi di strada ne deve fare ancora tanta e forse sarebbe meglio che gettasse la spugna prima che possa combinare troppi guai. Ma all’orizzonte non si intravede una personalità capace di interpretare i bisogni d 45 milioni di elettori, tant’è che alle recenti amministrative ha disertato le urne la maggioranza degli aventi diritto al voto. Segno che il quadro politico non è entusiasmante. Renzi può apparire un gigante solo perché Berlusconi lo sostiene. In cambio di che? E’ ciò che vogliono sapere gli italiani. Cosa c’è scritto nel Patto del Nazareno? A quando una pugnalata sulla schiena di Matteo? Enrico Letta non desidererebbe rendergli la pariglia?

Marco Ilapi

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E Matteo cade da cavallo!

Il premier ha sbagliato due mosse. Quella sul fisco, le cui ricadute vanno molto al di là del caso Berlusconi perché si toglie rilevanza penale a un numero eccessivo di reati tributari, dando l'impressione (magari solo l'impressione) di voler inseguire qualche tornaconto elettorale. E quella che riguarda il volo per Courmayeur. Qui il premier si è esposto alla polemica capziosa dei "grillini". I quali hanno torto nel merito, perché un capo di governo ha diritto di spostarsi con i mezzi dello Stato, salvo che non vi rinunci per ragioni di opportunità (come fece a suo tempo Enrico Letta).  L'editoriale di Stefano Folli su la Repubblica.

Dopo il pasticcio prenatalizio, Matteo è più fragile

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Il muro di Matteo è a Bruxelles

Renzi, il rottamatore: finirà che qualcuno rottamerà anche lui. D’altronde la pugnalata alle spalle del povero Enrico Letta l’ha inferta lui in modo inaspettato per non dire proditorio, con l’acquiescenza del vecchio presidente della Repubblica, il quale non avrebbe dovuto consentire un cambio della guardia a Palazzo Chigi in modo così violento. Perché è accaduto tutto questo? Qualcuno ha sbagliato e dovrebbe onestamente riconoscerlo. In primis Napolitano, che già nel 2010 avrebbe dovuto sciogliere le Camere e interpellare il corpo elettorale. D’altronde, in Spagna lo hanno fatto e non è successo niente di traumatico. Anzi, la Spagna, dal passaggio da Zapatero a Rajoy ci ha pure guadagnato. In Grecia sono andati ben due volte alle urne ed il Paese ellenico è ancora lì, agganciato alla moneta unica, quando tutti (o quasi) in Europa si preconizzava una fuoriuscita di Atene dall’euro. Addirittura fra qualche settimana i partiti greci saranno nuovamente chiamati ad esprimersi sia sulla nomina del presidente della Repubblica sia, molto probabilmente, sulla scelta della coalizione governativa che dovrà confrontarsi con Troika e affini. I mercati finanziari sono già in ebollizione. In Europa si trema per il probabile successo della lista di estrema sinistra Tsipras. In Italia si tira a campare, seguendo i dettami andreottiani. Con il Paese in caduta libera. Con una classe politica che non riesce a trovare la quadra per favorire l’uscita da una pericolosa stagnazione (per essere benevoli). Il premier sta a Palazzo Chigi da nove mesi e non ha ancora partorito una riforma accettabile. Si è insediato alla guida del governo, scalzando il povero in maniera ignobile Enrico Letta, promettendo mirabilie, 80 euro a tutti i lavoratori (trascurando chi ne avrebbe avuto maggior bisogno, ossia i disoccupati, gli esodati ed i pensionati), ma ancora oggi risultati pari a zero. Hanno ragione i critici ad evidenziare il gap tra le mille promesse fatte e quel che è riuscito a portare a casa. Adesso si briga per l’Italicum, per le nuove provincie che sarebbero state cancellate, anzi no, per uno strano Senato proposto e che però non piace a nessuno. I responsabili degli insuccessi di Renzi sembrano appollaiati tra le diverse anime del Pd (gruppo Fassina, gruppo Civati, gruppo Bersani, gruppo Bindi, gruppo D’Alema, etc.). A mio avviso il maggior responsabile del rallentamento della nostra economia è, invece, proprio l’ex sindaco di Firenze. Che non accetta il dialogo, parla di gufi e di vecchie pratiche partitiche ormai stantìe. Lui è l’innovatore e metterà le cose a posto. Per ora non ci sta riuscendo. Gli indicatori economici sono tutti avversi, Standard & Poor’s ci ha nuovamente declassati, il nostro debito è spazzatura o quasi. La spesa pubblica continua a crescere, di spending review neanche a farne cenno, le tasse salgono. Non c’è da esserne entusiasti. In questo drammatico scenario Renzi che fa? Insulta i leader sindacali, mette a tacere quelli che non la pensano come lui, amoreggia con Berlusconi, strapazza il Movimento 5 Stelle. Intanto Roma brucia. Ce la farà il nostro baldo eroe a superare indenne i tanti, troppi, ostacoli, che si frappongono tra i suoi desiderata e le realizzazioni concretizzatesi? Se continua di questo passo, la risposta è no. Se riconosce che ha preso diverse cappellate, probabilmente riuscirà  a sopravvivere (politicamente). Sembra che, però, non sia capace di autocritica. Non solo lui, anche Debora Serracchiani non scherza. La smetta di vedere nemici dove invece potrebbe avere amici e di vedere amici dove invece conta un numero pazzesco di nemici. A mio avviso Matteo è un novello dictator che, prima o dopo andrà a sbattere. Troverà, sulla sua strada, qualcuno che gli dirà: “Matteo, stai sereno!”. Lo meriterebbe. E’ troppo sbruffone. La politica è anche confronto, dialogo, contestazione, quindi sintesi. Renzi non sembra un epigono di Giorgio La Pira, cui vorrebbe ispirarsi. E il patto del Nazareno è un ostacolo sul suo cammino. Lui non lo sa ma i nodi vengono sempre al pettine. Durante il semestre europeo a guida italiana le aspettative erano tante, risultati fallimentari. La Mogherini al Pesc, un altro flop. La politica estera è fatta dagli Stati membri dell’Unione. La battaglia con Juncker è già stata persa prima di combattere. Al posto di Renzi non saremmo orgogliosi. Almeno avesse seguito Hollande che ha sbattuto in faccia a Frau Merkel che il tetto del 3% non lo rispetterà né per quest’anno né per il prossimo. Ci vuole carattere per combattere certe battaglie ed il nostro premier non da la sensazione di sapersi opporre allo strapotere della Germania. Per fortuna abbiamo Mario Draghi che qualcosa sta facendo, anche a costo di procurare forti dispiaceri a Merkel e Weidmann, quest’ultimi presidente Buba.

Marco Ilapi

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