Draghi: il mondo non si è ancora ripreso, urgono le riforme

Le condizioni delle economie nel resto del mondo si sono rivelate più deboli rispetto a pochi mesi fa, in particolare nei mercati emergenti, con l’eccezione dell’India. Le previsioni di crescita mondiale sono state riviste al ribasso. Probabilmente il rallentamento non è transitorio. Per dare un’idea di quanto sono importanti questi mercati, ricordo che essi valgono il 60% del prodotto mondiale e che dal 2000 tre quarti della crescita mondiale sono dovuti a loro. La metà delle esportazioni dell’area euro va in questi mercati. Sicuramente vi sono dunque rischi al ribasso, sia per la crescita sia per l’inflazione, anche per il possibile rallentamento degli Stati Uniti, di cui bisogna capir bene le cause. La crisi ha causato un forte ribasso del reddito. Rialzarlo dipende da noi. Ciò richiede che si realizzino le riforme strutturali necessarie per aumentare la partecipazione della forza lavoro e la produttività. Nell’area dell’euro ci sono ancora almeno 20 milioni di disoccupati, molti di loro giovani, che occorre riportare nel mercato del lavoro. È un potenziale enorme. L'intervista di Roberto Napoletano e Alessandro Merli su Il Sole 24 Ore.

Parla Mario Draghi, presidente della Bce

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Crisi, 1.650.000 italiani hanno perso il lavoro

Il mercato del lavoro, forse il migliore specchio delle dinamiche della crisi, è in affanno. Se come punti di riferimento consideriamo i due picchi estremi della crisi, ossia il 2008 e il 2014, i posti di lavoro perduti sono 954 mila. Questa distruzione di posti di lavoro, tuttavia, è il saldo fra le perdite di alcune categorie di lavoratori e gli incrementi di altre. I lavoratori di nazionalità italiana, ad esempio, hanno perso 1 milione e 650 mila posti, ma i lavoratori stranieri ne hanno guadagnati circa 700 mila. I lavoratori relativamente giovani (under 45) hanno perso 2 milioni e 700 mila posti, ma quelli relativamente vecchi (over 44) ne hanno guadagnati quasi 1 milione e 800 mila. E dentro ciascuna di queste categorie, le donne occupate sono sempre andate meglio dei maschi: là dove l'occupazione si è contratta (fra gli italiani e fra i relativamente giovani), lo ha fatto di meno per le donne che per i maschi, e là dove l'occupazione è cresciuta (fra gli stranieri e i relativamente vecchi) lo ha fatto di più per le donne che per i maschi. L'editoriale di Luca Ricolfi su Il Sole 24 Ore.

Perso un milione di posti di lavoro, arduo compito per il premier

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