L'Italia guarda alla Spagna, la Spagna all'Italia

L'Italia guarda alla Spagna, la Spagna all'Italia

Il País intitola oggi il suo editoriale "Benvenuti in Italia", cioè nella terra dell'instabilità politica permanente e della frantumazione della rappresentanza, Andrea Bonanni ieri su Repubblica ha collegato la spinta spagnola anti-establishment al successo popolare in Francia di Marine Le Pen, ai nuovi reazionari arrivati al governo in Ungheria e in Polonia. Il termine "populisti" li accomuna nelle forti diversità, ma nello stesso tempo non basta ormai più. Certamente il populismo è la più moderna interpretazione di una politica ridotta ad una serie continua di sollecitazioni e di impulsi  -  più che di idee e valori  -  trasmessi da un leader trasformato in attore politico (performer) nei confronti di una base popolare a cui non chiede partecipazione, ma una delega periodica e una vibrazione di consenso continua. Lo scambio avviene sulla vecchia frontiera tra il cittadino e lo Stato moderno, quella frontiera dove si negoziano quote di libertà in cambio di quote di sicurezza. Per un paradosso drammatico, mentre nella fase che viviamo aumentano le paure legittime e anche quelle meno razionali, lo Stato nazionale fatica sempre più a garantire la sicurezza che gli viene richiesta. Il cittadino avverte che la crisi è senza governo; capisce che questo deficit è figlio di fenomeni globali che portano la situazione fuori controllo; si accorge che rivolgere le sue richieste allo Stato nazionale è un'abitudine novecentesca ormai fuori corso, perché il potere vero sta negli spazi transnazionali dei flussi finanziari e dei flussi d'informazione. Dunque il potere fa ormai il fixing in un altrove irraggiungibile, che mette fuori gioco le sovranità, il governo tradizionale e il controllo cosiddetto democratico. Perché l'altrove non ha istituzioni, né costituzioni: vive senza. L'editoriale di Ezio Mauro su la Repubblica.

La Spagna come l'Italia del 2013, a rischio ingovernabilità

Newsletter

. . . .