Ora di nuovi strumenti

La crisi attuale si origina da uno choc quasi simultaneo di offerta e di domanda, creato da una sorta di congelamento dell’economia per le misure di lockdown e di distanziamento sociale, che peraltro minacciano di continuare per un tempo indefinito anche dopo l’emergenza. Di conseguenza, benché vi siano delle somiglianze con la Depressione del 1929, l’economia globale sembra lontana da pericoli di iperinflazione anche a causa di un protratto periodo di sottoccupazione della capacità produttiva e all’onda lunga della grande recessione finanziaria del 2008. l’indebitamento dei governi, che è già molto alto, minaccia di ingigantirsi con il prevedibile esponenziale ricorso ai mercati finanziari non solo per far fronte all’attuale fase di emergenza economica ma anche nella fase successiva. Il debito sovrano è, infatti, lo strumento principale che tutti i paesi dovranno necessariamente attivare per immettere risorse nell’economia e stimolare la ripresa produttiva, andando al di là di politiche di espansione monetaria, che hanno già raggiunto i limiti della loro efficacia attraverso la mera riduzione dei tassi di interesse. In queste condizioni, bisogna domandarsi se e in che misura è possibile evitare una esplosione globale del debito pubblico. Il ricorso all’indebitamento appare infatti necessario per affiancare la politica monetaria e immettere risorse nell’economia, ma allo stesso tempo una sua crescita senza limiti crea il pericolo di un collasso globale del mercato delle obbligazioni sovrane e non è probabilmente sostenibile. Finanziare una politica fiscale efficace di immissione di risorse nell’economia senza aumentare il debito pubblico è tuttavia possibile, attraverso un’azione coordinata di finanziamento monetario di provvedimenti specifici di mitigazione della pandemia e, soprattutto, attraverso la monetizzazione temporanea e condizionata di interventi mirati di investimento pubblico. Rispetto agli interventi di spesa corrente, gli investimenti hanno la caratteristica di creare degli asset reali come contropartita e garanzia dei creditori poiché il rendimento atteso degli investimenti consentirà di onorare le promesse di pagamento ed è questa la ratio dell’idea di golden rule, secondo la quale il debito per investimenti pubblici dovrebbe essere consentito in violazione della regola di pareggio di bilancio. Di fronte all’esplodere del debito pubblico complessivo, una monetizzazione della spesa addizionale per investimenti permetterebbe di convogliare risorse monetarie create dalle banche centrali verso gli investimenti, consentendo così ai governi di contenere la crescita dei propri debiti nella fase di ripresa. Questo finanziamento monetario diretto della spesa pubblica può essere realizzato attraverso l’acquisto di titoli pubblici nazionali con clausole di condizionalità chiare e verificabili. Tali clausole potranno riguardare l’impegno alla realizzazione di interventi di mitigazione e adattamento alla situazione post coronavirus, di investimenti pubblici specifici e di un piano di espansione e miglioramento del capitale pubblico in settori cruciali quali, in particolare, quelli della sanità. Tutte le banche centrali, compresa la Bce, in effetti già stanno acquistando massicciamente titoli pubblici con l’obiettivo di mantenere condizioni di collocazione dei debiti sovrani accettabili, cioè bassi tassi di interesse. Ma questi acquisti di titoli sovrani da parte della Bce non sono acquisti caratterizzati da cancellazione del debito o da impegno di rinnovo indefinito alla loro scadenza anche perché la Bce ha annunciato la fine degli acquisti per il prossimo 31 Dicembre, senza precisare, come invece ha fatto il Board della Federal Reserve , quali provvedimenti prenderà successivamente (la cosiddetta “strategia di uscita”). Non si tratta, in altri termini, di operazioni equivalenti a finanziamenti diretti di tesoreria ai governi mediante emissione di moneta. Tuttavia, di fronte all’esplodere dei debiti sovrani andrebbero attentamente valutati i benefici e i costi relativi di strumenti mirati ad attenuare o eliminare la natura ordinaria di debito pubblico dei titoli sovrani emessi, attraverso l’eliminazione parziale o totale della reversibilità della loro sottoscrizione da parte delle banche centrali. Nel caso della BCE uno strumento di questo genere potrebbe consistere in una forma di monetizzazione temporanea della golden rule, attraverso l’acquisto di titoli pubblici irredimibili, o con impegno di riacquisto indefinito, emessi a copertura di spesa effettiva sostenuta in attuazione di programmi di investimenti pubblici. Si tratterebbe di una forma di coordinamento innovativo tra strumenti monetari e di bilancio che riguarderebbe solo una parte del debito che le banche centrali, compresa la BCE, saranno necessariamente chiamate ad acquistare nel prossimo futuro, o dello stock già in loro possesso, dal momento che Il ricorso ai mercati finanziari da parte di debitori sovrani sarà necessariamente massiccio e protratto nel tempo. Questa monetizzazione temporanea e limitata dei debiti non le priverebbe della possibilità futura di utilizzare il resto dello stock di titoli in loro possesso per ritirare liquidità dal mercato qualora, in un futuro probabilmente non vicino, a fronte di una inflazione superiore al livello desiderato dovessero impegnarsi in una strategia di contenimento della liquidità creata. D’altra parte, l’economia globale è oggi lontana da pericoli di iperinflazione anche a causa di un protratto periodo di sottoccupazione della capacità produttiva e all’onda lunga della grande recessione finanziaria del 2008.

Pasquale Lucio Scandizzo e Giovanni Tria – Il Foglio – 18 aprile 2020

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Quello che non dicono o non ricordano i nemici del Cattivissimo Mes

Con varie sfumature di ipocrisia, Salvini, Meloni e il M5s (costretto ora alle capriole per difendere Conte) hanno trasformato la battaglia contro il Fondo salva stati nella loro principale battaglia identitaria. Perché la battaglia contro il Fondo salva stati è lo specchio perfetto del cialtronismo populista. Appunti per il futuro L’incredibile e per certi versi spassoso dibattito nato attorno al Meccanismo europeo di stabilità (il famoso Cattivissimo Mes) ha avuto il merito di illuminare due fuochi importanti del dibattito politico italiano. Un primo fuoco è quello che abbiamo illuminato la scorsa settimana ed è un fuoco che riguarda l’Europa, che nonostante mille difficoltà ha mostrato di essere più viva che mai e nel giro di un mese ha mobilitato risorse per 2.700 miliardi di euro (tra Bce, fondo Sure, Bei, allentamento dei patti di stabilità e modifiche delle clausole del Mes) e ha creato le condizioni per mobilitare altri 3.000 miliardi di euro (che verranno messi in circolo nel giro di pochi mesi attraverso i bond utilizzando un sistema di emissione di titoli di stato europei già previsto nel fondo Sure contro la disoccupazione). Il secondo fuoco, che è quello che merita di essere passato in rassegna oggi, riguarda invece tutti coloro che con varie sfumature di ipocrisia, al grido di “dateci gli Eurobond”, hanno scelto di trasformare la battaglia contro il Mes nella loro principale battaglia identitaria, e studiare i soggetti che hanno scelto di presidiare questo fronte può essere utile per mostrare la strumentalità delle loro posizioni. I nemici del Mes rimproverano il governo di aver calato le brache e di aver attivato il fondo all’insaputa del Parlamento (sono minchiate: l’Europa ha trovato un compromesso per modificare il Mes e permettere ai paesi più in difficoltà di avere accesso a linee di credito del Fondo salva stati senza condizionalità fino a somme pari al due per cento del pil nazionale per spese dirette e indirette legate alla sanità, il Mes non è stato attivato ma è stata solo modificata una clausola del suo utilizzo) ma più che concentrarsi sul merito delle critiche è interessante studiare il pulpito delle critiche e da questo punto di osservazione si scopriranno cose interessanti. Si scoprirà, per esempio, che il governo che ha trattato per modificare in modo strutturale il Fondo salva stati non è quello contro cui Salvini oggi lotta ma è quello di cui Salvini era azionista di maggioranza fino a un anno fa, ai tempi in cui il suo notorio garbo istituzionale lo portava a pontificare in mutande alla nazione da una discoteca della riviera (gli ammiratori di Orbán e di Putin che denunciano la dittatura di Conte potrebbero dare sollievo ai comici italiani da mesi disperati per la perdita al governo della naturale comicità veicolata da Toninelli). Si scoprirà, per esempio, che i maître à penser dei nemici del Fondo salva stati, pensiamo per esempio all’onorevole Giulio Tremonti, economista di riferimento dell’internazionale sovranista del nostro paese, erano gli stessi che dieci anni fa si attivarono per istituire il Mes e come ha ricordato sabato scorso su Twitter il nostro Luciano Capone “l’istituzione del Mes fu decisa nel 2011, con l’Eurogruppo dell’11 marzo, con Giulio Tremonti presente, e con il Consiglio europeo del 25 marzo, con Silvio Berlusconi presente, e in quelle occasioni si modificò l’articolo 136 del Trattato Ue proprio per consentire agli stati della zona euro di istituire il Mes”.

Si scoprirà, ancora, che il leader di uno dei molti partiti che oggi criticano il Mes, come ha giustamente ricordato Giuseppe Conte venerdì scorso in conferenza stampa, nel 2012 faceva parte della stessa maggioranza che ratificò in Parlamento la modifica del Mes e per quanto possa essere dura per Giorgia Meloni ammetterlo, di quella maggioranza faceva parte anche lei, ed è vero che il giorno della firma del Mes in Parlamento Giorgia Meloni non c’era ma è anche vero che Giorgia Meloni all’epoca scelse di rimanere nel Pdl e di sostenere il governo Monti nonostante il voto favorevole che il suo vecchio partito diede al Mes. Si scoprirà tutto questo ma si scoprirà anche molto altro e si scoprirà per esempio che la stessa Giorgia Meloni che oggi rimprovera al governo Conte di non aver combattuto a sufficienza per portare a casa gli Eurobond un anno fa scelse di invitare come ospite d’onore ad Atreju lo stesso leader della destra olandese Thierry Baudet che la scorsa settimana è risultato essere il primo firmatario di una delle risoluzioni al Parlamento dell’Aia che hanno impegnato il governo dei Paesi Bassi a non accettare né Eurobond né allentamento delle condizionalità per accedere al Mes. Si scoprirà tutto questo ma si scoprirà molto altro e si scoprirà che lo stesso Movimento 5 stelle che aveva scritto nel suo programma elettorale di voler abolire il Fondo salva stati (salvo aver dato lo scorso anno mandato all’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria di trattare in Europa per modificare il Mes, e non per abolirlo) oggi è costretto a fare le capriole per difendere il proprio presidente del Consiglio che il Mes non lo ha attivato, certo, ma che comunque dal Cattivissimo Mes prenderà circa 34 miliardi di euro, senza condizionalità, per finanziarie alcune spese sanitarie, e che come spesso gli è capitato negli ultimi due anni per tentare di dare credibilità all’Italia dovrà fare di tutto per non dare credibilità alle promesse elettorali del suo partito di riferimento. Si scrive Mes, si legge Italia.

Claudio Cerasa – Il Foglio – 13 aprile 2020

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«Così la Bce aiuta famiglie e imprese»

Nel mondo le autorità pubbliche sono impegnate nella lotta al coronavirus. Il Covid-19 rappresenta una nuova forma di shock economico che non può essere affrontato applicando schemi del passato. Abbiamo bisogno di politiche disegnate per chi è maggiormente esposto alla crisi. Oggi questi soggetti sono le imprese e le famiglie che devono far fronte a forti riduzioni di reddito e ad una crescente preoccupazione per il proprio futuro. Le recenti decisioni prese dalla Bce hanno l’obiettivo preciso di dare loro una risposta.

Nell’ambito nel nostro mandato abbiamo calibrato le misure per fare in modo che ai cittadini e ai settori che più hanno bisogno di sostegno non vengano a mancare risorse finanziarie.

Per capire la portata delle nostre misure, dobbiamo aver ben presente le ragioni che rendono questa crisi speciale. Le sue origini sono diverse da quelle di una crisi finanziaria o di una classica recessione. Il netto calo dell’attività economica è la conseguenza delle restrizioni al movimento delle persone. Diventa pertanto indispensabile evitare che le imprese sane falliscano e i dipendenti perdano il loro posto di lavoro a causa di una crisi temporanea di cui non hanno nessuna colpa.

I lavoratori dipendenti sono esposti a un rischio mai visto dagli anni ’30. Sebbene in Europa, rispetto agli Stati Uniti, la disoccupazione abbia di solito un andamento più graduale e meno volatile, cogliamo già segnali preoccupanti.

Per evitare danni durevoli è necessario far sì che l’economia sia messa come in “stand by” , mantenendola il più possibile nelle condizioni antecedenti la pandemia. Questo obiettivo può essere raggiunto utilizzando diversi strumenti. Uno è l’introduzione di programmi pubblici di sostegno all’occupazione nel breve periodo; un altro è m ettere il sistema bancario in grado di fornire alle imprese le risorse che consentano loro di continuare a pagare i salari e le altre spese. Poiché l’area dell’euro è un’economia basata sulle banche, favorire il flusso del credito contribuisce a far pervenire velocemente liquidità a tutti gli strati dell’economia.

I governi e le banche centrali stanno adottando interventi complementari per mettere le banche nelle condizioni di svolgere questo compito. I governi concedono garanzie sui prestiti che riducono il rischio di credito delle banche: nell’area dell’euro una cifra complessiva pari al 16% del Pil è stata già destinata a questi interventi. La Bce da parte sua fornisce liquidità sufficiente a eliminare il rischio di liquidità delle banche, assicurando che le condizioni di finanziamento continuino a sostenere l’economia nel suo insieme.

Abbiamo introdotto due tipologie di misure per raggiungere questi obiettivi.

In primo luogo, abbiamo adottato misure mirate su vasta scala per fare in modo che la liquidità arrivi a coloro che ne hanno maggiormente bisogno. Le nostre nuove operazioni mirate di rifinanziamento forniscono alle banche fino a circa 3.000 miliardi di euro di liquidità a un tasso di interesse negativo che può raggiungere il -0,75 per cento. L’esperienza passata ci insegna che queste misure possono essere molto efficaci. Secondo le nostre stime, le due serie precedenti di operazioni mirate hanno incoraggiato le banche a erogare maggiori prestiti per circa 125 miliardi di euro rispetto a quanto avrebbero fatto in loro assenza.

Per assicurare che le banche sfruttino a pieno queste nuove operazioni, abbiamo poi introdotto una serie di misure di allentamento dei requisiti sul collaterale, con particolare riguardo alle imprese più piccole, ai lavoratori autonomi e ai privati. I prestiti concessi alle imprese e ai lavoratori autonomi ricorrendo agli schemi di garanzia introdotti a seguito del coronavirus possono essere così accettati dalle banche centrali nazionali dell’Eurosistema nell’ambito delle nostre operazioni di rifinanziamento, compresi i prestiti di minore entità.

Tali misure incoraggeranno le banche a erogare prestiti alle microimprese e alle imprese individuali, che hanno di solito meno accesso al credito, e a finanziarsi fino a tre anni a tassi di interesse negativi tramite le nostre operazioni. Nell’area dell’euro i lavoratori autonomi sono circa 22 milioni, pari al 14% dell’occupazione totale. In Italia questi rappresentano il 24%. Tali misure favoriranno pertanto l’accesso al credito per una parte più ampia delle nostre forze di lavoro.

In secondo luogo, stiamo acquistando grandi volumi di titoli del settore pubblico e privato per assicurare che tutti i comparti dell’economia possano sfruttare le condizioni di finanziamento favorevoli. Il nostro programma di acquisto per l’emergenza pandemica, insieme agli altri programmi di acquisto di attività, ci consente di acquistare titoli per oltre 1.000 miliardi di euro fino alla fine dell’anno. E, nell’ambito di tale programma, possiamo effettuare gli acquisti in maniera flessibile tra le classi di attività e i diversi paesi. Abbiamo inoltre incluso nei nostri acquisti di attività la carta commerciale, una fonte importante di liquidità per le imprese. Ciò fornisce ulteriore sostegno nella gestione dei flussi di cassa giornalieri ed evita inutili licenziamenti.

Nel complesso, tali azioni dimostrano che non consentiremo alcun inasprimento prociclico delle condizioni di finanziamento a fronte di uno dei più gravi cataclismi macroeconomici dei tempi moderni. La nostra risposta sarà però più efficace se tutte le politiche si rafforzeranno reciprocamente. È essenziale che le manovre di bilancio in risposta a questa crisi siano adottate con sufficiente vigore in tutta l’area dell’euro. È necessario che i governi si sostengano a vicenda, affinché insieme possano mettere in campo politiche ottimali per contrastare uno shock comune di cui nessuno è responsabile.

Il completo allineamento delle politiche di bilancio e della politica monetaria, nonché condizioni di parità nella lotta contro il virus, sono il modo migliore per tutelare la nostra capacità produttiva e l’occupazione, consentendoci di tornare a una crescita e a tassi di inflazione sostenibili all’indomani della pandemia di coronavirus. Se non saranno tutti i paesi a essere curati, anche gli altri ne soffriranno. La solidarietà è di fatto nell’interesse di tutti. La Bce continuerà a fare la sua parte, assolvendo il proprio mandato di mantenere la stabilità dei prezzi e operando al servizio dei cittadini europei.

Christine Lagarde * – Il Sole 24 Ore – 9 aprile 2020

* Presidente della Banca centrale europea

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