Il dovere di proteggere il Pil

Nel governo si acuisce lo scontro sulle priorità della seconda fase nella lotta al coronavirus. Nella maggioranza, c'è chi vorrebbe usare quest'occasione per estendere il reddito di cittadinanza e chi pensa che la precedenza vada data alle aziende. Le posizioni si chiariranno settimana prossima. Ciò che è certo è che nessun Paese può permettersi di fermare la produzione per sempre.
Quando i numeri del contagio consentiranno di voltare pagina, più che le scelte "macro" conteranno quelle micro. Nel dopo-Covid19 avremo bisogno di mille piccole rivoluzioni per imparare a convivere col virus. Sono tre gli obiettivi che non vanno persi di vista: evitare situazioni nelle quali i beni diventano scarsi, con le prevedibili tensioni sociali; arginare la decrescita del Pil; recuperare spazi di normalità.
Sappiamo che per riaprire dovremo immaginare un sistema di "quarantene selettive" e sappiamo che forse la peggiore conseguenza del lockdown è stata chiudere in casa assieme giovani e anziani. Bisognerà separare con tempestività gli individui a rischio dalle famiglie. Dove metterli? L'hôtellerie paga un conto pesante per il virus. Lo Stato si prepari ad acquistare (non requisire) ricettività alberghiera, contrattando la riconversione temporanea di interi hotel in strutture in cui i malati che non necessitano di ricovero ospedaliero possano isolarsi dalle famiglie. Così si evitano fallimenti, ma lo si fa in modo "produttivo", spendendo sì ma in vista di un bisogno. Airbnb, che ha già organizzato reti di proprietari disponibili a ospitare personale medico, potrebbe essere coinvolta.
Perché le fabbriche possano tornare attive serve che i lavoratori siano adeguatamente protetti. E' importante dare attuazione al protocollo siglato dalle parti sociali sulla sicurezza. Soprattutto, va incentivato in ogni modo l'acquisto dei necessari dispositivi di protezione da parte dei datori di lavoro. Serve la mascherina di cittadinanza.
Sappiamo che a soffrire saranno molti lavori che in tempi normali non hanno remunerazione "ufficiale", dalle badanti in giù. Ripristinare lo strumento del voucher aiuterebbe tutti loro, e l'agricoltura che paga il mancato afflusso di "stagionali" stranieri.
Il nostro Paese è abituato a chiudere il mese di agosto. Quest'anno una serrata generale l'abbiamo già avuta. "Aboliamo l'estate": consideriamo agosto un mese come tutti gli altri, usiamolo per l'esame di maturità, lasciamo che le imprese operino a pieno regime, visto che le abbiamo spinte ad anticipare le ferie.
Nessuna di queste mosse è sufficiente, ma tutte possono aiutarci a rallentare non il contagio bensì la decrescita. Nel dopo-crisi, ci sarà bisogno di una straordinaria riallocazione di risorse e persone, che andranno spostate da settori destinati a soffrire per il prolungato distanziamento sociale ad altri dove invece crescerà la domanda. Opporsi a questo fenomeno allungherà solo i tempi della crisi. Proviamo a renderlo il più indolore possibile, agevolando per le imprese la possibilità di distaccare propri lavoratori in altre aziende. In Germania McDonald's lo sta facendo mettendo propri impiegati a disposizione della grande distribuzione.
Nell'emergenza sanitaria si è deciso "a spese" del settore privato. Nella ricostruzione si dovrà decidere "col" privato. Sarebbe opportuno che il governo si predisponesse all'ascolto e immaginasse strumenti con cui aprire spazi di sperimentazione, pure a livello di diritto del lavoro. Siamo in una situazione del tutto nuova. Vale la pena di ricordarsene non solo quando andiamo a chiedere aiuto in Europa, ma anche per consentire agli italiani di aiutarsi da soli. —

Alberto Mingardi – La Stampa – 1 aprile 2020

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