Le riforme, scuola e rai, che suscitano dubbi

Scuola e tv nella mente di Renzi. La scuola, dopo il periodo mitico in cui un diploma o una laurea equivalevano a un posto ben retribuito, cerca di cavarsela non perdendo posizioni. Quasi superfluo aggiungere che è l'industria più grande d'Italia con centinaia di migliaia di dipendenti, incaricata di diffondere la cultura, ma nella quale i discorsi che prevalgono riguardano le normative o cose simili. Molti dei suoi operatori cercano di non perdere le posizioni magari raggiunte dopo complesse lotte sindacali e, allo scopo, diventano sospettosi di ogni possibile riforma meritocratica. Per questo si fanno passettini: gli scatti di stipendio, per esempio, che si sarebbero dovuti legare al merito (70%) più che all'anzianità (30%), in queste ultime ore sembrano offrirci un'altra soluzione: la dote iniziale di 280 milioni di euro resta interamente destinata agli scatti automatici, ma se ne stanziano altri 200 per premiare gli insegnanti su indicazione del preside. Intanto 100mila precari vedranno confermata l'assunzione.Un articolo di Armando Torno su Il Sole 24 Ore.

Su Rai e Scuola, Renzi zoppica

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Rai, com'è lontana la Bbc!

«Nessuno fermerà la modernità, fuori i partiti dalla Rai»! Tuonò il premier. Furono fischi, e applausi. Io applaudo, non perché i partiti siano «cattivi», ma perché decidono indirizzo e governance di un’azienda, sulle cui caratteristiche capiscono poco. Fra i 40 senatori e deputati, membri della Commissione Parlamentare di Vigilanza, in cui sono rappresentati tutti i partiti in proporzione ai voti ricevuti, troviamo dirigenti di partito, imprenditori, architetti, impiegati, sindacalisti (Epifani) ex Ministri (Gelmini, Brunetta, Gasparri), e qualche raro giornalista con esperienza di ufficio stampa. Garantiscono la lottizzazione (che chiamano pluralismo), ma come tutelano il contribuente che paga il canone? Che competenze hanno per orientare i contenuti delle trasmissioni e dell’informazione? Un articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera.

La nuova Rai renziana

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La prima azienda culturale d'Italia è in pieno caos

  • Pubblicato in Cultura

La Bbc, così spesso invocata a chiacchiere, ha come unico criterio nella nomina della governance e della dirigenza la competenza e il merito. Anche in Gran Bretagna «il palazzo» interferisce e orienta, ma quando un dirigente sbaglia, va a casa senza tante storie. Per questo il mondo intero considera la Bbc la più autorevole tv pubblica del mondo. Non è proprio così in casa Rai, dove la lottizazione l'ha fatta da padrome.  Inutile ribadire che la produzione locale del nostro servizio pubblico è perlopiù asservita ad assessori e governatori, che in caso di smantellamento di qualche sede si incateneranno pur di non vedere sottratta una telecamera a loro uso e consumo. Così Milena Gabanelli sul Corriere della Sera.

Anche la Rai ha bisogno di essere riformata

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