La lite Renzi-Juncker

Forse Matteo Renzi ha premuto l’acceleratore quando il semaforo segnalava rosso pieno. Il vigile Jean Claude Juncker  era appostato, un po’ nascosto nell’incrocio sulla via che da Rignano sull’Arno  porta a Bruxelles, ha fischiato e comminato una bella multa al ragazzotto toscano. Che non se la da per inteso e continua la sua corsa pazza contro il muro della Commissione Europea guidata dall’ex numero uno del Granducato del Lussemburgo. E’ ovvio che andrà a sbattere.  E a farsi molto male. Con Jean Claude non si può scherzare. Non può osare farlo un neofita come Renzi. Che viene lasciato urlacchiare, come succede in una grande famiglia dove è presente un figlio discolo e un po’ scapestrato. Così è valutato il nostro premier a Bruxelles, ma anche a Berlino, Parigi e Londra. Finora non ha ottenuto un allentamento del rigore (mentre il volpone Hollande fa quello che vuole, grazie alla sua intesa con Angela Merkel e sfora fregandosene il tetto del 3% senza che nessuno alzi la bacchetta del rigore. Il commissario economico è Pierre Moscovici e forse c’è maggiore rispetto per la sua Francia. Che non sta magnificamente. Problemi del terrorismo a parte. E’ l’Europa tutta che soffre e finché non ci sarà un mutamento delle politiche economiche di Juncker e compagnia, gli Stati più fragili non avranno vita tranquilla. Una scelta il nostro premier la potrebbe attuare. Il Paese tutto lo ringrazierebbe. Visto che sostiene a spada tratta che le tasse stan diminuendo (il  che non risponde a verità) perché non fa diminuire le accise sulla benzina? Questo il quadro:

0,001 euro per la guerra di Abissinia del 1935;

0,007 euro per la crisi di Suez del 1956;

0,005 euro per il disastro del Vajont del 1963;

0,005 euro per l’alluvione di Firenze del 1966;

0,005 euro per il terremoto del Belice del 1968;

0,051 euro per il terremoto del Friuli del 1976;

0,039 euro per il terremoto dell’Irpinia del 1980;

0,106 euro per la missione in Libano del 1983;

0,011 euro per la missione in Bosnia del 1996;

0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;

da 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento alla cultura nel 2011;

0,040 euro per far fronte all'emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011.

C’è poi il discorso dell’Iva. Questo ulteriore balzello si applica, nella misura del 20 per cento, sia alla componente industriale che all’accisa. Se prendiamo a riferimento i due principali carburanti, la componente fiscale pesa per oltre la metà del prezzo alla pompa per la benzina senza piombo (circa il 53 per cento) e poco meno della metà per il gasolio auto (46 per cento circa). Cala il prezzo del barile di petrolio che qualche hanno fa aveva superato addirittura i 140 dollari! Oggi a stento supera i 30 ma il prezzo alla pompa non diminuisce. Sarebbe una dimostrazione che le imposte possono davvero scendere. Perché gli automobilisti in Italia sono decine di milioni. Questo solo che Palazzo Chigi lo voglia. Che fa Renzi? Briga con la Commissione Europea. Con il probabile risultato che Moscovici a primavera gli boccerà la legge di stabilità perché incongruente, sballata, con incentivi ai diciottenni assai discutibili (che c’entra la cultura per giustificare l’esborso?),  abolizione della tassa sui mega yacht e altre stramberie. D’altronde basta sapere che gli unici a festeggiare per la finanziaria di Renzi è stata la Confindustria E non i lavoratori o i pensionati. Il premier che fa? Per distogliere l’attenzione sulle sue malefatte governative, insulta i sindacati, insulta la Merkel, insulta Juncker.  In ultimo ,per quanto riguarda il tanto osannato Jobs Act, c’è un giovane ingegnere che in pochi mesi, assunto, ha cambiato ben tre lavori e poi è stato lasciato a casa. Per le statistiche questo signore è un lavoratore a tempo indeterminato. A mio avviso è una persona che è stata presa in giro da Renzi. Oppure cerca di ottenere una vera flessibilità nella gestione dei conti pubblici almeno per quel che concerne gli investimenti in infrastrutture o per i lavori di ammodernamento degli edifici scolastici che ne hanno tanto bisogno? Gli italiani gliene sarebbero grati e il suo partito, il Pd, potrebbe guadagnarne in consensi. Si rammenti, il premier, che l’Italia deve ottemperare all’obbligo di avere un debito pubblico nella misura massima del 60% del Pil. E il Paese è ancora lontano da questo obiettivo. Per lo meno faccia mettere all’ordine del giorno di uno dei prossimi vertici europei il delicato tema che coinvolge anche gli altri Stati dell’Unione. D’altronde non è che gli altri Paesi, Germania compresa, stiano benissimo. Questo è il quadro del debito pubblico, in termini percentuali sul Pil, di alcuni Stati facenti parte della Ue:

Gran Bretagna 89 %

Francia 95 %

Spagna 98 %

Portogallo 130 %

Greca 177  %

Belgio 106 %

Germania 75 %

Olanda 70 %

Austria 84 %

Irlanda 110 %

Stanno decisamente meglio i Paesi nordici:

Norvegia 26 %

Svezia 44 %

Finlandia 60  %

Polonia 50 %

Lettonia 11 %

Lituania 40 %

Estonia 41 %

I restanti Paesi (Bulgaria, Romania, Slovacchia, ecc.) hanno debiti pubblici sotto controllo.

Si consideri che il limite invalicabile stabilito dal Trattato di Maastricht per tutti i Paese Ue è del 60% del Pil. Non è che Roma, Atene e Madrid piangono mentre Berlino, Parigi e Londra se la spassano! Nei guai sono numerosi Stati europei. Infine c’è il grande problema del controllo dei flussi immigratori che sta letteralmente sfiancando il Vecchio Continente. Finché l’immigrazione  riguardava l’Italia, né Merkel né Juncker se ne sono minimamente curati, lasciando il nostro Paese nelle pesti Da qualche mese coinvolge (e sconvolge) anche la Germania, l’ Austria ed i Paesi nordici e l’argomento ridiventa molto caldo. A mio avviso se Renzi persiste nell’irrigidirsi nel contrattare l’esborso di 3 miliardi di euro da parte della Ue alla Turchia di Erdogan in cambio di un aumento della flessibilità nei nostri conti fa bene. L’Europa sta dimostrando di non essere in grado di gestire i giganteschi problemi che ha di fronte. Solo un’unione politica lo potrebbe. Ma questa è un’altra storia. Tutta da scrivere. Ne saranno capaci Merkel, Hollande, Cameron, Renzi e Rajoy?

Marco Ilapi, 20 gennaio 2016

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